Work Buy Out: il lavoro diventa impresa

La crisi attanaglia da anni il mondo del lavoro e ha generato in questi anni licenziamenti e drammi privati che hanno spesso occupato le pagine dei giornali e interessato il mondo delle risorse umane, ma c’è anche un mondo più silenzioso di reazioni ed iniziative che si originano dal basso e che hanno permesso di salvare alcune aziende in crisi creando talvolta nuovi posti di lavoro

E’ il caso del fenomeno denominato workers buy out, cioè la creazione di cooperative di lavoratori che, investendo il proprio TFR, rilevano l’azienda per cui lavoravano e che diversamente avrebbe cessato di esistere.

Negli Usa è una pratica abbastanza consueta di cui il primo esempio risale al 1956, ma anche in Italia è ormai da anni che si assiste a questa forma di cooperazione tra lavoratori.

Oltre ad essere prevista dalla stessa costituzione all’articolo 46, infatti, la legge Marcora del 1985 prevede l’anticipo da parte dell’ Inps dell’indennità di mobilità per la creazione della cooperativa e, recentemente, la legge 143 del 2013 il diritto di prelazione dei dipendenti.

Se dopo gli anni 80 la creazione di queste cooperative era decisamente diminuita, dall’inizio della crisi c’è stata una netta ripresa. Gli esempi sono numerosi e vanno dalla Raviplast di Ravenna alla Metal Welding Wire di Padova per cui l’ex direttore ha venduto la propria casa per poter affittare un capannone e quindi richiamare al lavoro diversi dei propri ex colleghi.

Non c’è nulla di miracoloso nel recupero di queste attività, ma un processo attento di valutazione delle possibilità di business seguito dalla ricerca dei finanziamenti che, uniti ai soldi messi dai lavoratori, permettono il riavvio. Non tutti gli ex lavoratori accettano di affrontare questa avventura e spesso, almeno inizialmente, non è nemmeno possibile reintegrare tutti quanti.

L’entusiasmo con cui viene affrontata la costituzione in cooperativa, non può sottovalutare rischi e sacrifici, ma al tempo stesso permette spesso di cogliere opportunità che la proprietà precedente non aveva nemmeno preso in considerazione. I lavoratori/soci possono contare su Confcooperative che li sostiene in tutta la parte relativa allo studio di fattibilità e sul versante contabile, mentre il ministero dello sviluppo economico finanzia la CFI che eroga fondi attraverso bandi. Il recupero e la salvaguardia dei posti di lavoro attraverso queste iniziative dimostra che c’è spazio per l’intraprendenza dei lavoratori.

Per incoraggiare altri ad intraprendere tale strada c’è bisogno, come dice Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, “…dei fondi fissi per finanziare queste realtà” e non di finanziamenti alla mercè delle diverse leggi di stabilità.

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