Welfare Index Pmi 2018, politiche in crescita
Il rapporto Welfare Index Pmi 2018 rileva una crescita delle politiche di welfare nelle piccole e medie imprese. Una scelta che per il 63,5% delle aziende ripaga in termini di aumento della produttività.
Il welfare aziendale cresce nelle piccole e medie imprese e laddove è utilizzato incrementa la produttività, come conseguenza del maggiore benessere dei lavoratori. Il dato emerge dal Welfare Index Pmi 2018 promosso da Generali Italia in collaborazione con Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni.
Per il terzo anno consecutivo, il rapporto ha analizzato il livello di welfare in oltre 4.000 piccole e medie imprese italiane (circa il doppio rispetto al 2016), monitorando gli interventi realizzati in 12 aree: previdenza integrativa, sanità integrativa, servizi di assistenza, polizze assicurative, conciliazione vita-lavoro, sostegno economico, formazione, sostegno all’istruzione di figli e familiari, cultura e tempo libero, sostegno ai soggetti deboli, sicurezza e prevenzione, welfare allargato al territorio e alle comunità.
Ne è emerso che circa un terzo delle Pmi ha raggiunto, nei contratti integrativi, accordi per introdurre misure di welfare accanto ai premi di risultato erogati in cash. Merito degli incentivi fiscali che, a partire dalla legge di Bilancio 2016, hanno reso il welfare aziendale esentasse (quindi più conveniente rispetto ai premi di produttività che beneficiano della cedolare secca al 10%), ma merito anche di una maggiore consapevolezza sul valore di queste politiche da parte delle piccole e medie imprese.
Il rapporto 2018 ha, infatti, messo in evidenza una stretta correlazione tra il miglioramento del benessere, la soddisfazione dei lavoratori e la crescita della produzione aziendale: sono questi fattori, per il 42,1% delle imprese, il principale obiettivo nelle scelte di welfare. Non a caso, il 35,6% delle Pmi prese in considerazione ha dichiarato di aver aumentato la propria produttività come conseguenza di una maggiore soddisfazione dei lavoratori. Un dato che vale ancor di più per le aziende “molto attive” nel welfare: sono ben il 63,5% quelle che confermano di aver ottenuto un incremento produttivo.
Il rapporto definisce “attive” le aziende che hanno intrapreso iniziative in almeno quattro aree (delle dodici individuate): erano il 25,5% nel 2016, sono il 41,2% oggi. Ancora più clamoroso è stato l’incremento delle aziende considerate “molto attive” (ovvero quelle che sono intervenute in almeno sei aree), che in tre anni sono raddoppiate, passando dal 7,2% del 2016 al 14,3% del 2018.
Per quanto riguarda il tipo di prestazioni offerte ai lavoratori, al primo posto ci sono le polizze assicurative, al secondo la sicurezza e la prevenzione degli incidenti (considerando solo le iniziative aggiuntive a quelle obbligatorie) e al terzo le iniziative di conciliazione vita-lavoro: dalla flessibilità degli orari, allo smart working fino alle misure a sostegno della genitorialità.
E cosa aspettarsi nel futuro prossimo?
Sicuramente un’ulteriore crescita delle politiche di welfare aziendale. Nei prossimi 3-5 anni il 52,7% delle Pmi ha dichiarato di voler mettere in campo maggiori interventi, in particolare nell’ambito della salute e dell’assistenza, della conciliazione vita-lavoro, della formazione e della mobilità sociale.