Verso una leadership flessibile e inclusiva

Gli accadimenti globali dell’ultimo triennio mostrano che la stabilità è un concetto fragile. A questo scenario in continuo mutamento, le imprese devono rispondere adattando i propri stili manageriali, con l’obiettivo di mettere le persone al centro, sostenere l’engagement e migliorare il benessere dei dipendenti. Ma con quale modello di leadership? Ne abbiamo parlato con Guido Stratta, Direttore People and Organization del Gruppo Enel.

Guido Stratta

Gli accadimenti globali dell’ultimo triennio mostrano che la stabilità è un concetto fragile. A questo scenario in continuo mutamento, le imprese devono rispondere adattando i propri stili manageriali, con l’obiettivo di mettere le persone al centro, sostenere l’engagement e migliorare il benessere dei dipendenti. Ma con quale modello di leadership? Quali sono i comportamenti che il leader di domani deve mettere in atto per guidare organizzazioni sempre più liquide e diversificate? E come possono essere valutati questi ultimi, oltre i tradizionali KPI? Le parole chiave della nuova leadership sembrano essere sempre più flessibilità, inclusività, comunicazione, ironia, intelligenza emotiva, sostenibilità. Ne abbiamo parlato con Guido Stratta, Direttore People and Organization del Gruppo Enel.

La pandemia ha creato uno spartiacque, un “prima” e un “dopo”. Un prima basato sulla leadership del controllo e un dopo basato invece sulla leadership “gentile”. Ora che lo spettro del Covid sembra essersi allontanato, come vede la leadership del futuro? Ovvero, ancora nel solco della gentilezza o invece con un ritorno alle gerarchie e al controllo?

«L’esperienza della pandemia ha accelerato un processo in corso da molti anni. Un processo inesorabile di allontanamento da modelli gerarchici e direttivi verso paradigmi organizzativi fluidi e destrutturati, più in linea con il contesto attuale estremamente volatile e mutevole. Fiducia, responsabilità e partecipazione stanno sostituendo concetti ormai desueti quali controllo, burocrazia e gerarchia, creando i presupposti perché ciascuno, indipendentemente da ruolo, livello e incarico possa dare un contributo di valore. È in corso una vera e propria “ri-evoluzione” emotiva, che si basa sulla convinzione che ogni essere umano è unico e che il luogo di lavoro deve essere un ambito di espressione dell’unicità e di valorizzazione dell’individuo».

Le organizzazioni sono sempre più liquide, sia a livello di orari lavorativi, di postazioni (quindi di luoghi) e di evoluzioni professionali (con molti lavoratori che fanno uno shift orizzontale in altri ruoli): quali caratteristiche deve avere il leader per guidare una situazione così complessa mantenendo l’engagement?

«Il ruolo dei manager nel portare avanti la “ri-evoluzione” emotiva è centrale poiché sono gli unici in grado di dedicarsi al potenziamento delle persone per far emergere il talento e la vocazione di ciascuno. I leader devono cessare di essere controllori e divenire direttori d’orchestra, aiutando ciascun membro del team a esprimere la propria melodia garantendo al contempo l’armonia generale. Per riuscire in questo compito arduo, è necessario avere una spiccata empatia e interesse sincero verso l’altro, che deve coniugarsi con una solida visione e flessibilità per saper prevedere e adattarsi ai cambiamenti».

Sempre a proposito di engagement, su quali elementi bisogna fare leva nella nuova era per crearlo e per mantenerlo?

«La pandemia e l’esperienza dello smart working hanno segnato profondamente gli individui e il loro sentire nei confronti del lavoro, divenuto un ambiente, fisico o figurato, dove si riescono a creare legami autentici e dove si devono poter esprimere le proprie passioni e i propri talenti. Stare bene, con sé stessi e con gli altri, è diventato presupposto imprescindibile per la gran parte degli individui. Questo cambiamento comporta una grande responsabilità per le organizzazioni. Ascoltare le proprie persone, anticiparne i bisogni, coltivarne i talenti, curarsi della loro vita emotiva e relazionale, sono step necessari per mantenere l’engagement e rimanere competitivi in un mercato del lavoro in costante cambiamento».

Qual è il legame tra diversity & inclusion e la leadership gentile?

«Il presupposto della gentilezza è l’accoglienza dell’altro, quindi l’inclusione ne è un valore fondante così come l’autenticità e l’empatia. In particolare mi piace parlare di “inclusione emotiva”, che non lascia nessuno indietro e valorizza l’individuo nella sua unicità. Tuttavia è importante, quando affrontiamo queste tematiche, tradurle però in azioni concrete. Per esempio, per colmare il gender gap può essere utile introdurre una parità a partire dalla rappresentanza nella fase di ingresso in azienda e poi nell’accesso alle cariche dirigenziali e apicali, ma anche misure che incidano sull’equità retributiva e consentano una conciliazione tra carriera e vita privata. Lo stesso pragmatismo è necessario quando si parla di inclusione (cultura, genere, età, disabilità, personalità ecc.), per cui bisogna adottare un approccio sistemico volto a valorizzare la diversità in quanto unicità».

Quali sono le parole-chiave, i mantra, che un leader di nuova generazione deve avere sempre in mente?

«Le prime che mi vengono in mente sono empatia, ascolto attivo, autenticità e onestà. Con questi valori nel cuore sarà meno complesso prendere decisioni coraggiose che porteranno a risultati duraturi e sostenibili. Ce ne sono altre molto importanti, che dovremmo riabilitare e usare di più: fragilità, vulnerabilità ed errore sono tutte espressioni dell’Umano e per questo meritevoli di essere accolte e valorizzate, non demonizzate per inseguire un modello di perfezione poco realistico e freddo. Infine è importante tenere a mente che persone soddisfatte e appagate, intrinsecamente motivate, ottengono risultati più duraturi e sostenibili alimentando un circolo virtuoso da cui tutti traggono beneficio».

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