Trasformazione digitale, i ritardi delle imprese italiane tra resistenze al cambiamento e mancanza di strategia
Secondo l’ultimo sondaggio dell’Osservatorio Digital B2B della School of Management del Politecnico di Milano, quasi 8 aziende su 10 investono meno del 5% del proprio fatturato in progetti di digitalizzazione, nonostante questa sia riconosciuta dal 44% delle imprese come una priorità. Quali sono gli ostacoli che ritardano l’evoluzione digitale delle imprese italiane?
Quasi 8 aziende su 10 investono meno del 5% del proprio fatturato in progetti di digitalizzazione. Per il 35% di esse, tra i principali ostacoli vi sono l’assenza di una chiara visione sul digitale, resistenze al cambiamento da parte del personale interno e costi di attivazione troppo elevati. A rivelarlo è l’ultimo sondaggio condotto dall’Osservatorio Digital B2B della School of Management del Politecnico di Milano per conto di SAP Concur e Altea People, dal titolo “La Digitalizzazione in ambito B2B: leve, barriere e priorità future”. La ricerca è stata condotta durante la scorsa primavera tra 4 mila imprese italiane di medio-grandi dimensioni, il 78% delle quali, appunto, ha dichiarato di investire meno del 5% del fatturato in progetti digital. Solo l’11% del campione investe più del 10% del fatturato.
La digitalizzazione, tuttavia, è stata indicata dal 44% delle aziende come una delle priorità di investimento delle aziende nei prossimi 2 anni, preceduta solo dall’esigenza di sviluppare nuovi prodotti e servizi (54%) seguita dallo sviluppo di nuovi mercati (26%).
Analizzando le principali barriere che ostacolano i processi di digitalizzazione, la ricerca ha evidenziato che per un 35% dei casi la colpa è dell’assenza di una chiara visione sul digitale, di resistenze interne al cambiamento e costi di attivazione troppo elevati. Seguono poi difficoltà di integrazione con i sistemi esistenti, mancanza di sponsorship interna, carenza di competenze digitali dei dipendenti (18%). Nel 15% delle aziende intervistate manca inoltre la figura di un responsabile della digitalizzazione.
Se si incrociano i risultati del sondaggio dell’Osservatorio Digital B2B con quelli della ricerca del Digital Transformation Institute su “Italiani e sostenibilità digitale”, i numeri sono presto spiegati. Il 65% degli italiani, infatti, ritiene che la tecnologia sia fonte di disuguaglianze, ingiustizia sociale e perdita di posti di lavoro. «Questo fattore – spiega la Fondazione – unito all’endemica scarsa cultura digitale esistente nel nostro Paese, è determinante per definire le modalità con le quali gli italiani usano le tecnologie. Scarsa competenza e diffidenze verso il digitale costituiscono ostacoli difficili da superare».
Per troppe aziende, inoltre, la spinta normativa resta il fattore principale di trasformazione, spingendole ad adeguarsi ai cambiamenti del mercato solo quando una legge lo impone. Questa è infatti la terza leva in ordine di importanza per la trasformazione tecnologica, indicata dal 36% del campione. Inoltre, complice l’alto numero di PMI, la spinta alla digitalizzazione deriva per il 37% delle imprese dall’iniziativa da figure top management, come presidenti o Ceo, che detengono il potere decisionale, e solo per il 16% da responsabili di digitalizzazione all’interno dell’azienda.
Infine, un altro dato che emerge dalla ricerca è lo scarso utilizzo di applicativi digitali per gestire le note spese: solo 1 azienda su 5 ha un processo di gestione totalmente digitale. Nel 40% dei casi, invece, il dipendente è ancora tenuto a compilare un modulo preimpostato cartaceo o Excel e a consegnare gli scontrini in originale. Il 42% delle imprese non sa indicare il numero di note annuali e relative spese sostenute dai dipendenti, mentre oltre 6 intervistati su 10 non conoscono il costo medio della gestione dei viaggi d’affari della propria azienda. Il 40% dei rispondenti non ha ancora colto i vantaggi della digitalizzazione delle note spese: produttività, maggior efficienza, controllo delle spese e tracciabilità, maggior sicurezza e integrazione con altri strumenti.