Trattamento di fine rapporto, le scelte degli italiani
Terminata la sperimentazione che consentiva ai dipendenti privati di ricevere insieme allo stipendio anche la relativa quota di liquidazione maturata. Magro il bilancio: ne hanno usufruito in poco più di 217 mila
Si sono chiusi a fine giugno i tre anni di sperimentazione dell’operazione “Tfr in busta paga”, quella che consentiva ai dipendenti privati di ricevere insieme allo stipendio anche la relativa quota di liquidazione maturata (Quir). Il bilancio dell’operazione non è stato dei migliori: numeri alla mano, infatti, sono stati poco più di 217 mila i lavoratori (il picco è stato raggiunto nel febbraio di quest’anno) che hanno optato per questa soluzione, pochi considerando che rappresentano appena l’1,3% di una platea potenziale di circa 15 milioni di dipendenti. I dati dell’Inps rivelano, tuttavia, un crescente utilizzo di questa opzione nel corso del tempo: se a inizio 2016 solo 110 mila persone avevano aderito, la quota aveva superato i 200 mila nel giugno del 2017. Complessivamente dal 2016 ad aprile del 2018 sono stati oltre 657 i milioni di euro incassati dai dipendenti come quota della liquidazione.
Tante le ragioni del fallimento dell’operazione, lanciata dal Governo Renzi nella Legge di Bilancio 2015.
Innanzitutto il fatto che il Tfr in busta paga è fiscalmente poco conveniente. Infatti viene tassato con l’aliquota Irpef ordinaria (più addizionali regionali e comunali), meno favorevole rispetto all’imposta sostitutiva sulle prestazioni di previdenza complementare o la tassazione separata sul Tfr pagato dall’azienda a fine contratto.
Inoltre c’è una questione “culturale” e di tradizione. Da sempre gli italiani preferiscono lasciare il Tfr in azienda.
Su un flusso complessivo di 25,6 miliardi nel 2017, il 55% (pari a 14 miliardi) è rimasto accantonato in azienda, un quinto è stato versato ai fondi pensione e il resto girato al fondo di Tesoreria Inps (dove va il Tfr maturato da chi lavora in un’azienda con più di 50 dipendenti e decide di mantenervi la liquidazione come prevede il Codice civile). Il confronto tra questa ripartizione e quella dei beneficiari del Quir consente di dire che il Tfr in busta paga è stato chiesto in misura proporzionalmente maggiore dai dipendenti delle piccole e medie aziende piuttosto che da quelli delle grandi e molto meno da chi aveva destinato la liquidazione alla previdenza complementare.
Dunque una tradizione che resiste nonostante i rendimenti suggeriscano altre scelte.
Tra il 2008 e il 2017 il rendimento netto medio annuo dei fondi pensione negoziali è stato del 3,3%, quello dei fondi aperti del 3% e quello dei piani individuali pensionistici (Pip) del 2,8%. La rivalutazione del Tfr è stata invece del 2,1%.