Tecniche di selezione del personale, i segreti dei professionisti HR dallo screening del cv al colloquio
Quali sono le strategie per trovare e assumere il candidato migliore? Cosa si aspettano gli HR da un curriculum? Quali sono gli errori da non fare nel colloquio? Maurizio Albano, Head of HR di Maserati, ed Elisa Gamba, Maserati Talent Acquisition & Employer Branding Manager, raccontano tecniche e strategie di selezione del personale.
Da adattare a seconda del ruolo richiesto, del profilo del candidato e della cultura aziendale, ogni HR utilizza tecniche e strategie volte a massimizzare le chance di successo nel processo di selezione del personale. Un approccio che parte a monte, dallo screening dei cv, per poi concretizzarsi nelle fasi finali dei colloqui o nei processi di assessment. Con un unico obiettivo: trovare (e assumere) il candidato migliore. Ne abbiamo parlato con Maurizio Albano, Head of HR di Maserati – oltre 30 anni di carriera nel settore HR e nel gruppo Stellantis, da FIAT Auto a ruoli globali nel mondo del Product Development fino a FCA Bank e Maserati – e con Elisa Gamba, Maserati Talent Acquisition & Employer Branding Manager.
Come sono cambiate negli ultimi anni le tecniche di selezione del personale?
Albano: «La pandemia ci ha sicuramente fatto scoprire delle modalità nuove, una di queste è il digital assessment. Io tengo molto al fatto che qualunque persona entri in Maserati, in particolare le risorse junior, facciano un assessment, perché è dagli stagisti che noi prendiamo molta della nostra workforce, è il nostro principale bacino d’ingresso. È giusto quindi che queste persone siano state valutate prima, per capire se siano veramente le persone giuste, quello che vogliamo in Maserati, in termini di mission, di caratteristiche personali e di competenze».
Com’è strutturato il digital assessment in Maserati?
Gamba: «Ci avvaliamo del supporto di Laborplay, start up innovativa, spin off dell’Università di Firenze e presente sul mercato da più di un quinquennio, che utilizza le logiche della gamification. Laborplay intende e utilizza il gioco proprio come un laboratorio esperienziale per facilitare i processi di selezione servendosi delle tecniche più innovative. Il nostro digital assessment – inizialmente per necessità a causa della pandemia, ma ora proseguiamo su questa strada – prevede per ogni posizione aperta di stage post-laurea la formazione di un gruppo di circa 4 persone, per un totale di massimo 10-11 partecipanti. Preliminarmente sottoponiamo un test psicometrico, un test di inglese per certificare il livello di conoscenza della lingua, e dei test su technical skills selezionati sulla base del ruolo specifico da ricoprire. Dopo i test preliminari c’è una giornata di assessment che prevede inizialmente una self-introduction in inglese. Ci sono poi due prove di gruppo, scelte tra i games messi a disposizione da Laborplay: a ogni game è associato un set di soft skill che emergono durante le dinamiche di interazione di gruppo. Si va da giochi che simulano il contesto o una funzione aziendale, alla risoluzione di un problema particolare, fino alle escape room digitali, giochi in cui chiediamo di promuovere un prodotto inconsueto. Dopo le prove di gruppo, ci confrontiamo sui risultati con i line manager, gli HR Business Partner e i colleghi di Laborplay, quindi nel pomeriggio si passa alle speed interviews di circa 25 minuti. A fine giornata Laborplay ci fornisce un ranking in cui vengono valutate le soft skill su cui ci siamo concentrati durante le prove di gruppo. Gli elementi di valutazione forniti da Laborplay vengono aggiunti alle valutazioni delle interviste individuali, ai risultati del test di inglese e a quelli dei test preliminari ottenendo un rating che mette in classifica i partecipanti e ci aiuta a prendere la decisione finale».
Il contatto face to face con un candidato può essere del tutto sostituito dagli strumenti digitali, o si rischia di perdere qualcosa.
Gamba: «Sicuramente all’inizio non è stato semplicissimo, ci siamo dovuti adattare moto velocemente. Superata questa fase iniziale di smarrimento, devo dire che funziona molto bene. Andando avanti con i vari assessment anche i candidati si preparano a questa nuova realtà che tuttora ci spinge a lavorare tantissimo da remoto, ad avere pochissimi contatti face to face, a gestire temi anche molto complessi in riunioni sulle piattaforme. Se all’inizio risultava complesso, adesso ci mostra se i candidati sono in grado di gestire anche certe dinamiche da remoto. Secondo me è diventato un plus e ci sta abituando a un modo di lavorare che nei prossimi anni sarà preponderante».
Albano: «Io sono sempre favorevole a un equilibrio. Se devo prendere una decisione importante, sicuramente ci vuole anche un passaggio vecchio stile. Perché comunque penso che la vera relazione debba essere face to face. Poi è chiaro che dobbiamo abituarci, dobbiamo convivere con questa situazione di pandemia, abbiamo trovato questo strumento del digital assessment e sicuramente lo utilizzeremo. Però se devo valutare bene una persona per posizioni importanti, il modo migliore per farlo è portarla a pranzo o a cena, probabilmente viene fuori la vera natura delle persone. Ovviamente questo vale per alcune posizioni. Se riuscissimo ad avere un bilanciamento sarebbe l’ideale».
Qual è l’errore che un candidato non deve mai fare durante un processo di selezione? E quale l’errore che non deve fare l’intervistatore?
Gamba: «Quello che purtroppo capita è che i candidati arrivino impreparati, sulle novità dell’azienda, o sulla job description. La cosa fondamentale è arrivare ben preparati, informarsi sulla realtà aziendale, sul settore e sul ruolo. Dal lato dell’intervistatore il tema classico è concentrarsi sui propri bias per evitarli, riconoscere di cosa ha bisogno l’organizzazione e aiutare soprattutto gli area manager a pensare un po’ out of the box, non concentrarsi troppo solo sulla job description».
Albano: «Per quanto riguarda l’intervistato confermo: spiace molto quando arrivano che non sanno nulla dell’azienda, non si sono informati, non hanno capito cosa stiamo cercando. Ma è importante anche come hanno preparato il loro cv. Non mi piacciono cv lunghissimi, sono indice che c’è qualcosa che non quadra: la sintesi, la concisione nel presentare i migliori tratti di se stessi è il miglior modo di fare un cv. Anche l’attenzione al dettaglio che fa la differenza è una cosa che in Maserati guardiamo molto. Dal punto di vista dell’intervistatore, invece, l’errore che normalmente si fa è fidarsi della prima impressione, farsi un quadro della persona solo dalle prime parole, ma ci sono persone che devono superare l’impatto iniziale, possono sembrare impacciate e poi si sciolgono. Secondo: non cercare nel candidato un clone di se stesso, cercare invece persone che sono anche profondamente diverse da sé perché è la differenza che fa il valore. Avere tutte persone che sono cloni o praticamente tutte uguali è la morte di un’azienda. Per questo stiamo lavorando molto sulla diversity & inclusion, che non è solo gender equity, ma persone che arrivano da Paesi diversi, da settori diversi. In Maserati abbiamo un ad che non viene dall’automotive, abbiamo persone che arrivano da banche, da altri settori. Questo fa la differenza e lo stiamo vedendo. Bisogna avere coraggio di credere in persone che la pensano anche in maniera completamente diversa».