Corporate wellbeing: come muoversi in un mercato del lavoro candidate driven?
Una delle sfide principali per l’HR è creare un’esperienza lavorativa che renda l’organizzazione più attraente, rispondendo alle esigenze di benessere dei dipendenti e potenziando il loro livello di coinvolgimento
Definire una strategia di corporate wellbeing significa gettare le fondamenta per mantenere la competitività aziendale, garantendo innovazione e livelli ottimali di produttività attraverso un approccio sostenibile nel mercato del lavoro.
A confermarlo è anche uno studio condotto da Jointly con The European House Ambrosetti dal quale emerge come, per passare da iniziative isolate e disorganizzate a una strategia integrata di benessere aziendale, è fondamentale l’appoggio del top management e una cultura aziendale orientata all’ascolto e all’innovazione. Questo percorso, sebbene lungo e complesso, è stimolante, poiché consente all’impresa di diventare più redditizia e sostenibile nel lungo termine.
Più produttività e meno costi
Secondo i dati e i casi analizzati della studio di Jointly e TEHA dal titolo Una Nuova Visione di Corporate Wellbeing: un valore per Attraction, Engagement e Retention, che sono raccolti in due paper, una strategia di corporate wellbeing migliora la produttività, riduce i costi legati al turnover e rende più efficiente il costo del lavoro. Più nel dettaglio,, l’adozione di una tale strategia può:
- incrementare la produttività del 20% rispetto alla media delle aziende che non la adottano, generando un valore aggiunto per dipendente di quasi 60mila euro, rispetto all’attuale media di 50mila euro
- migliorare la retention dei talenti, riducendo i costi nascosti del turnover, che rappresentano circa il 16% del costo del personale
- ottimizzare il costo del lavoro attraverso un’offerta ampliata di benefit non monetari, sfruttando sia i benefici fiscali sia il moltiplicatore economico dell’investimento
Dal vantaggio fiscale al corporate wellbeing
Negli ultimi anni, il welfare aziendale è stato introdotto come uno strumento innovativo per rispondere ai nuovi bisogni dei lavoratori. Dati recenti rilasciati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali indicano una percentuale pari al 61,1% di contratti integrativi aziendali che ora includono il welfare negli accordi di produttività.
Tuttavia, solo il 20% dei dipendenti si dichiara soddisfatto dell’impatto delle iniziative di welfare sul proprio benessere, evidenziando una discordanza tra l’offerta aziendale e le esigenze reali dei lavoratori. Una spiegazione potrebbe arrivare dal fatto che le aziende hanno sfruttato il welfare principalmente per i vantaggi fiscali, senza integrare queste misure in una strategia più ampia di benessere e coinvolgimento.
Per superare questo divario, secondo Jointly, è necessario che le imprese evolvano da una concezione fiscale del welfare a un approccio più integrato di corporate wellbeing, che risponda meglio ai bisogni sociali e personali dei dipendenti.
Il valore competitivo del benessere organizzativo
Secondo quanto emerso dalla ricerca, l’adozione di politiche strutturate di corporate wellbeing può aumentare la produttività del 14%, traducibile in un incremento differenziale del 20% del Valore Aggiunto per occupato per le aziende che adottano misure di Corporate Wellbeing rispetto a quelle che non adottano tali misure.
Le analisi condotte hanno portato a quantificare la mancata adozione di misure di corporate wellbeing anche in termini di turnover. È emerso che il costo medio di una dimissione per l’azienda è pari a circa il 50% della RAL per dipendente, che corrisponde a un valore annuo pari al 16% del costo del personale nel suo aggregato, prendendo in considerazione il dato attuale di turnover medio. La percentuale si alza inoltre al 26,8% del costo del personale nel settore dei servizi, fino al 22,4% nelle PMI.
Benefit monetari e non monetari
Lo studio evidenzia come, sebbene il welfare aziendale si sia diffuso negli ultimi anni grazie alla possibilità di ridurre, anche se in misura limitata, il cuneo fiscale sul costo del lavoro, sia attraverso un approccio integrato al corporate wellbeing che si possono ottenere risultati più significativi. Questo approccio combina benefit monetari e non monetari, migliorando l’efficacia del pacchetto retributivo sfruttando due leve principali: il vantaggio fiscale e il valore complessivo dei benefit non monetari, i quali agiscono come un moltiplicatore economico.
In questo contesto, il benessere organizzativo rappresenta per le aziende un’opportunità strategica per trasformare iniziative frammentarie in una leva competitiva. Per compiere questa evoluzione, è necessario un approccio integrato che allinei policy, iniziative e benefit, coinvolgendo non solo la Funzione Risorse Umane, ma anche il top management. Un Corporate Wellbeing strutturato in questo modo non solo migliora la competitività dell’azienda, ma supporta attivamente i dipendenti nel raggiungimento dei loro obiettivi personali e professionali.