Smart working, l’85,5% degli italiani preoccupato dal rientro in ufficio
Wyser ha sondato gli umori dei lavoratori che dovranno lasciare il lavoro da remoto
Non sarà un semplice ritorno al lavoro dopo le ferie estive, quello che quest’anno avverrà a settembre per gli italiani. Perché per molti significherà il rientro in ufficio, dopo molti mesi di smart working, prima in lockdown e poi dalle località di vacanze o da casa propria, in modalità quasi esclusiva. Qualcuno ha ricominciato a metà già nei mesi scorsi, altri hanno proseguito da casa ogni giorno della settimana, ma tanti a settembre dovranno rientrare. E non è detto che proprio l’atteggiamento dell’azienda nei confronti della possibilità di proseguire o meno con una forma di smart working diluito non diventi motivo per cambiare lavoro.
Le preoccupazioni da rientro
Di certo rientrare è per molti fonte di preoccupazione secondo quanto rilevato da Wyser, la società internazionale di Gi Group specializzata in ricerca e selezione di profili manageriali, che ha condotto una ricerca finalizzata a sondare gli umori in vista della probabile fine dello smart working.
L’85,5% degli intervistati si dice preoccupato su più fronti: il 30% teme innanzi tutto che non vengano rispettate le norme in fatto di sicurezza e, ancora di più (il 32%) di andare incontro a un nuovo lockdown; il 25,6% invece è preoccupato per l’utilizzo dei mezzi pubblici.
Sebbene solo il 35,9% dei professionisti abbia ricevuto chiare comunicazioni rispetto alle modalità del rientro, tuttavia, la quasi totalità degli intervistati (80%) si dice fiduciosa rispetto alla capacità della propria azienda di dotarsi delle necessarie misure di sicurezza.
In complesso, il 50% ha dichiarato che non sarà semplice tornare alla routine di prima: mezzi pubblici affollati, traffico, ma anche la sveglia anticipata (che preoccupa il 30% del campione) e occuparsi di come vestirsi. Insomma, per un lavoratore su tre (il 33,3%), trascorrere la maggior parte della giornata fuori da casa sarà fonte di grande disagio, anche perché dover continuamente prestare attenzione e rispettare le limitazioni e le misure vigenti renderà meno piacevole e spontaneo interagire con gli altri (19,2%).
I lati positivi
Nonostante questo, si evidenzia anche il grande lato positivo: poter rivedere colleghi e collaboratori. Il 79,4% dichiara di aver mantenuto o addirittura rafforzato i rapporti con il proprio team durante il lockdown. Ritrovarsi sarà la nota lieta per manager e professionisti italiani: il 52,6% ha accusato la mancanza della socialità nella quotidianità lavorativa e il 20,5% non vede l’ora di spegnere Zoom e tornare a confrontarsi di persona e avere occasioni di networking (9,6%). Anche se questo significherà avere a che fare talvolta con collaboratori poco simpatici (15,4%). “Ci avviciniamo a una fase davvero cruciale, dalla quale dipenderà la ripartenza del nostro Paese – afferma Carlo Caporale, amministratore delegato di Wyser – Ritengo che una comunicazione chiara e trasparente tra azienda e dipendenti sia imprescindibile in questo momento più che mai, così come delle misure di welfare per rendere meno impattante sulla psiche e sulla routine dei lavoratori questa nuova fase”. Purtroppo, “come risulta dalla nostra ricerca – prosegue Caporale – solo un’azienda su tre ha comunicato, a oggi, quali iniziative saranno adottate a tale scopo: l’ideale sarebbe diramare ogni tipo di informazione utile entro il periodo di ferie o di chiusura. Sarà compito dei team leader lavorare sodo per trovare la quadra, con attività di team building e occasioni di convivialità e svago”.
Un cambiamento permanente
Non bisogna dimenticare, tuttavia, che nei mesi scorsi molte ricerche e studi hanno maturato la convinzione che dallo smart working (sebbene non si sia trattato di reale smart working, ma di lavoro da remoto, durante il lockdown) non si sarebbe più tornati indietro. E quindi? “Quando nelle scorse settimane abbiamo detto che era in atto una vera rivoluzione lavorativa e culturale, non ci sbagliavamo – spiega Caporale – Come testimoniato dalla nostra survey oltre il 70% dei lavoratori vorrebbe che il lavoro agile continuasse a essere parte integrante della nuova vita lavorativa, anche in misura minore. Un approccio flessibile da parte delle organizzazioni è sempre più richiesto dai candidati e manager che incontriamo, per cui non stupisce che l’interruzione del lavoro da casa potrebbe essere per molti un fattore determinante nella scelta di cambiare lavoro. Sarà difficile riuscire a tornare indietro”.