Skill mismatch, la risposta nella riforma degli ITS
Via libera della Camera alla riforma degli istituti tecnici superiori (ITS) su cui il PNRR ha investito 1,5 miliardi di euro. L’obiettivo: raddoppiare il numero di iscritti in 5 anni per rispondere, almeno in parte, allo skill mismatch che contribuisce alla persistente disparità fra domanda e offerta di lavoro. Da non confondere con gli ITIS, gli ITS sono percorsi di formazione professionale post-diploma caratterizzati da una modalità didattica blended che alterna lezioni in aula e stage in azienda, favorendo così lo sviluppo di competenze pratiche.
La Camera ha approvato la riforma degli istituti tecnici superiori (ITS) su cui il PNRR ha investito 1,5 miliardi di euro in 5 anni e alla quale il premier Draghi aveva dedicato ampio spazio fin dal suo discorso di insediamento. Gli Its sono percorsi di formazione professionale post-diploma di maturità alternativi alla laurea vera e propria, incentrati su un sistema misto di lezioni in aula ma soprattutto di stage in azienda. Nati una decina di anni fa, formano dei “super periti” richiestissimi dal mercato (il tasso di occupazione dei diplomati a un anno è dell’80% mentre il tasso di coerenza tra quanti i diplomati apprendono e i ruoli che dovranno poi svolgere è addirittura del 91%) e attualmente sono 121 le fondazioni operative in Italia, che erogano 833 corsi biennali – più raramente triennali – per 21.144 studenti, con il coinvolgimento di circa 3.100 partner (di cui 1.247 imprese e 139 associazioni di imprese). Si tratta di percorsi professionalizzanti capaci di costruire figure ibride, in grado di coniugare profonde conoscenze teoriche con competenze pratiche maturate a diretto contatto con il mondo del lavoro, figure coerenti con i fabbisogni espressi dalle imprese e decisive per realizzare le transizioni necessarie – green e digitale in primis – e in generale per accompagnare i processi di trasformazione aziendale e di sviluppo produttivo del Paese.
Scopo dichiarato del provvedimento è di raddoppiare il numero di iscritti in 5 anni in modo da rimediare almeno in parte al disallineamento cronico fra domanda e offerta di lavoro, con un occhio di riguardo al sistema delle piccole e medie imprese. L’ambizione è quella di riuscire in questo modo non solo a promuovere l’occupazione ma anche a «rafforzare lo sviluppo di un’economia ad alta intensità di conoscenza – ha scritto su Twitter il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi –. Con il via libera di Montecitorio è legge una delle riforme più importanti del PNRR. Definiamo un quadro solido e nazionale che rafforza la rete degli ITS e amplia l’offerta formativa. È un passo avanti per il sistema di istruzione e per il nostro sviluppo industriale».
Cosa cambia con la riforma
Con le norme approvate gli ITS cessano di essere una sperimentazione su base locale, diventando un sistema nazionale che deve rispondere a determinati requisiti di preparazione per gli studenti. Cambia il nome, che diventa ITS Academy, e cambia il significato dell’acronimo ITS: non più istituti tecnici superiori ma istituti tecnologici superiori. Si arricchiscono i percorsi di studio con particolare attenzione a quelle che sono le principali linee di sviluppo attuali (dalla già citata transizione ecologica e digitale alle nuove tecnologie per il Made in Italy, dalla mobilità sostenibile alla competitività di settori come i beni artistici e culturali e il turismo). E cambia soprattutto la governance di queste fondazioni di cui per legge faranno parte almeno un istituto tecnico e una struttura di formazione regionale, una università o un’accademia, e una o più aziende, ma il cui baricentro ora si sposta verso le imprese che partecipano anche economicamente al progetto e hanno diritto a esprimere il presidente della fondazione stessa.
Tra le altre novità previste dalla riforma, d’ora in poi i corsi degli ITS dureranno quattro o sei semestri. Nel caso dei percorsi triennali, inoltre, il titolo di studio verrà equiparato a una laurea di primo livello. Nonostante la riforma preveda la possibilità di una specie di «passerella» per i diplomati ITS che volessero continuare gli studi in università con il riconoscimento di un certo numero di crediti, il percorso delle Academy sarà completamente diverso da quello delle università in quanto incentrato soprattutto sulla pratica, con rispettivamente 1.800 e 3.000 ore di tirocinio. Anche gli insegnanti saranno prevalentemente espressione del mondo dell’impresa (minimo 60% dell’orario complessivo), tuttavia l’innovazione didattica non si limita alla costante integrazione tra percorsi d’aula ed esperienze “al lavoro”, ma include anche le docenze “tradizionali”, dove però vengono adottate numerose metodologie innovative, dalla didattica laboratoriale 4.0 al design thinking, dai project work alla flipped classoroom, solo per citarne alcuni.
L’opinione dei sindacati
Il rischio principale che i sindacati, soprattutto la Cgil, ravvisano nella riforma, è quello di una svolta più aziendalistica che industriale, ovvero che nell’urgenza di soddisfare le richieste del tessuto produttivo la riforma finisca per non essere un autentico volano di sviluppo e innovazione per il Paese, portando alla formazione di super tecnici fin troppo legati alle richieste del mercato e ad alto rischio di «invecchiamento» precoce. «Una riforma deludente che consegna un importante pezzo del sistema di formazione nelle mani dei privati – hanno commentato congiuntamente il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari e il segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli –. Il provvedimento approvato fa chiaramente riferimento a un modello che si è sviluppato in questi anni in alcuni territori, dove gli ITS sono stati inquadrati come mera struttura formativa al servizio di specifiche aziende e di determinate realtà produttive forti. Siamo ben lontani dall’idea di percorsi formativi strutturalmente coerenti con le politiche di sviluppo tecnologico del Paese».
La posizione di Confindustria
Benché molto dipenderà all’attuazione di ben 17 decreti a cui la legge demanda la definizione di elementi assolutamente non secondari – come le nuove aree tecnologiche, i criteri per la progettazione di percorsi ITS triennali, i requisiti per l’accreditamento delle fondazioni, il raccordo con il sistema universitario – il vice presidente di Confindustria Giovanni Brugnoli si dichiara soddisfatto, pur ponendo l’accento proprio sui 17 decreti attuativi che sono necessari per rendere la riforma operativa e che dovranno essere concordati in sede di Conferenza Stato-Regioni entro il mese di ottobre: «I decreti attuativi dovranno essere approvati in tempi rapidi — ha affermato Brugnoli —, anche per intercettare al meglio le risorse del PNRR. Mantenendo sempre la giusta attenzione premiale nei confronti degli ITS più performanti affinché trainino tutti gli altri. Con l’auspicio che aumentino non le nuove Fondazioni ma i corsi ITS, magari anche co-progettati tra più ITS in rete».
Riforma strategica
L’auspicio è che la riforma approvata possa favorire la sinergia con altre strategie nazionali, in primis con le politiche industriali legate alla doppia transizione verde e digitale: le politiche formative devono essere oggi al centro delle politiche del lavoro, e non un loro corollario e la riforma conferma proprio la centralità del lavoro quale spazio di apprendimento di pari dignità rispetto alla tradizionale docenza d’aula, tanto da aumentare la percentuale di ore di stage obbligatorio e le ore assegnate a docenti provenienti dal mondo del lavoro. Dal rafforzamento degli ITS, dunque, passa la possibilità di realizzare nel nostro Paese una vera e propria filiera professionalizzante, alternativa ma non subalterna all’istruzione generale e a quella accademica.
L’auspicio è che questa opera di raccordo continui e si amplifichi, a partire dai territori e secondo una logica di prossimità che, forse, può risultare ancora più decisiva di ogni nuova legge.