Sgravi fiscali, luci e ombre del bonus rioccupazione
Il contratto di rioccupazione previsto dal Dl Sostegni-bis esonera i datori di lavoro che assumono lavoratori disoccupati dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a carico dei datori stessi. Lo scopo dovrebbe essere quello di favorire il reimpiego dei disoccupati e il passaggio a settori diversi ma le attuali limitazioni di questa formula permetteranno di contenere le conseguenze dello sblocco dei licenziamenti?
Un risparmio per le imprese che va dal 16,3% del costo del lavoro mensile per assumere un commesso con contratto di primo livello, al 21,7% di quello per assumere un cameriere di quarto livello. Con il contratto di rioccupazione previsto dal Dl Sostegni-bis, le aziende risparmiano il 100% dei contributi a carico del datore di lavoro per un massimo di sei mesi e nel limite di 6mila euro su base annua. Condizioni che però rischiano di depotenziare la convenienza della misura, come emerge dalle elaborazioni del Sole 24 Ore, che ha messo a confronto il valore del nuovo incentivo con gli altri principali bonus per le assunzioni, in relazione a quattro profili professionali.
Il primo limite dello sconto è la durata limitata a sei mesi. A conti fatti si traduce in uno sgravio contributivo da 500 euro mensili, per il primo semestre di impiego, per i datori che assumono lavoratori disoccupati entro il 31 ottobre. Dal settimo mese in poi sono percorribili tre strade: recedere dal contratto; continuare il rapporto con i costi ordinari; accedere agli altri incentivi contributivi (ad esempio per giovani under 36 o donne svantaggiate), ma solo se il lavoratore assunto rientra nella platea degli altri bonus.
La ratio del contratto di rioccupazione è quella di favorire, oltre al reimpiego dei disoccupati, anche il passaggio a settori diversi: è infatti essenziale definire «un progetto individuale di inserimento», per garantire «l’adeguamento delle competenze professionali del lavoratore al nuovo contesto lavorativo». Sarà possibile, per chi è rimasto disoccupato, imparare un nuovo mestiere nei sei mesi di rapporto incentivato? Qui scatta la seconda criticità. Il lavoratore da rioccupare deve essere disoccupato: il nuovo incentivo non potrà essere usato, dunque, per assumere lavoratori in cassa integrazione che non siano già stati formalmente licenziati dalla propria azienda. Questo requisito rischia di essere un ostacolo all’impiego della misura per far fronte agli effetti della fine del blocco dei licenziamenti. Inoltre, il datore di lavoro che intenda usufruire del contratto di rioccupazione non dovrà aver licenziato per motivi oggettivi o collettivi alcun lavoratore nella stessa unità produttiva e analogamente dovrà impegnarsi a non farlo nei sei mesi successivi alla fine del periodo agevolato.
Il contratto di rioccupazione, infine, potrà essere applicato solo entro il 31 ottobre, ma poiché la norma necessita dell’autorizzazione europea, è difficile che lo sgravio possa essere utilizzato immediatamente.
I tanti paletti contenuti nella norma possono dipendere dai problemi di copertura: per ora al contratto di rioccupazione sono destinati 716,8 milioni nel 2021 e 381,3 nel 2022.
Per Pierangelo Albini, direttore dell’area Lavoro, welfare e capitale umano di Confindustria, il termine del 31 ottobre riduce «drasticamente le possibilità di usare l’incentivo. È una misura che pensa a una corte di persone che devono avere un contratto ma lo fa con una prospettiva di breve respiro».