Se il dipendente è su OnlyFans, i confini giuridici (e non) dell’attività privata sui social
Un profilo su OnlyFans può danneggiare in modo irreparabile il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dipendente? È legittimo essere licenziati? Qualche mese fa il tema è salito agli onori della cronaca in riferimento alla vicenda di una dipendente di Gardaland, il cui contratto non è stato rinnovato proprio a causa della presenza della giovane sul noto social, aprendo un enorme dibattito sui social network. Ora che le acque sembrano essersi calmate, vogliamo percorrere i confini giuridici ed esaminare la vicenda nel dettaglio grazie a un dibattito a tre voci: un esperto di diritto del lavoro, un HR Manager e una top voice di LinkedIn.
Che ci siano comportamenti in grado di compromettere il rapporto di fiducia tra lavoratore e datore di lavoro lo dice il buonsenso e lo conferma il Codice civile: secondo l’articolo 2104, per esempio, vige l’obbligo di diligenza nello svolgimento delle mansioni assegnate, in mancanza del quale il datore di lavoro può intervenire con un richiamo o, nei casi più gravi, con il licenziamento.
L’articolo 2105, invece, regola il rapporto fiduciario affermando che alcuni comportamenti – nell’ambito del rapporto di lavoro – possono lederlo; tuttavia, senza entrare nel merito di quali siano questi comportamenti, lasciando dunque una situazione aperta a svariate interpretazioni, i cui confini travalicano quelli dell’ambito – e dell’orario – lavorativo. Proprio da questo assunto parte, dunque, la legittimazione di un licenziamento causato da attività sui social media considerate in qualche modo lesive dell’immagine dell’azienda.
Lavoro & social media
Un profilo su OnlyFans, quindi, può danneggiare il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dipendente? «Direi di sì. – afferma Filippo Poletti, Giornalista professionista ed Executive MBA presso Polimi Gsom – Un contenuto pubblicato in rete, a meno che non venga rimosso, resterà per sempre online. Certe condotte possono rappresentare un danno reputazionale per l’azienda. Gli esperti di comunicazione distinguono tra “identità” (ossia ciò che desideriamo far percepire di noi agli altri) e “immagine” (ossia ciò che gli altri percepiscono di noi). Occorre riflettere attentamente sulla nostra identità digitale e sulla nostra immagine: la rete non dimentica. Prima di creare contenuti riflettiamo sulle possibili conseguenze. A questo proposito consiglio di adottare la regola delle dieci P così rivista da me: pensa prima, pubblica poi, perché pubblicazione poco pensata in rete porta poi parecchio peso».
Vediamo tuttavia qual è il punto di vista legale: «Il problema relativo ai comportamenti extralavorativi del dipendente che possano o meno incidere sul rapporto di lavoro si è particolarmente acuito recentemente dove la diffusione su larga scala di strumenti di comunicazione e di interazione di massa come i social network.» spiega l’avvocato Enzo Morrico, vice presidente di AGI (Avvocati Giuslavoristi Italiani), che prosegue: «La risposta alla domanda se il dipendente che posta foto, immagini di qualsiasi genere, video o più semplicemente commenti sui social possa e in che misura incidere sul rapporto di lavoro non è univoca: si dovrà operare un distinguo nel senso di capire se la foto o il commento postati sui social incidano direttamente sul rapporto – è il caso del dipendente che si assenta per malattia e durante il periodo della stessa posta foto dove viene ritratto in situazioni del tutto incompatibili come viaggi, attività sportive o comunque ludiche o che pubblica frasi sconvenienti mosse all’indirizzo del datore di lavoro – o meno».
Il caso Gardaland
«Nello specifico del caso di cronaca – entra nel merito Morrico – l’azione della dipendente di Gardaland era del tutto estranea al rapporto di lavoro, eppure tuttavia poteva incidere sul rapporto stesso. In realtà, si è fatto un gran rumore per niente: infatti, contrariamente alle prime informazioni, non vi è stata la risoluzione del rapporto di lavoro da parte di Gardaland nei confronti della signorina, ma più semplicemente – trattandosi di un contratto a tempo determinato – alla scadenza non gli è stato rinnovato. I motivi del mancato rinnovo del contratto di lavoro possono essere molteplici e sono del tutto insindacabili da alcuno e qui possiamo dire che si esaurisce il problema. Naturalmente tra i motivi del mancato rinnovo figura – con ragionevole certezza – il fatto che in quel caso il datore di lavoro ha ritenuto a suo insindacabile giudizio che il comportamento extralavorativo della sua ex dipendente non fosse in linea con i valori dell’azienda e che quindi fosse venuto meno il rapporto fiduciario che è alla base del rapporto di lavoro».
Una regola, infinite interpretazioni
In definitiva, quindi, per valutare se un licenziamento possa ritenersi legittimo, si dovrà esaminare il singolo specifico caso rapportato alla attività svolta dal datore di lavoro?
«Non si può assolutamente dare una soluzione certa e generale nel senso sempre applicabile o ricorribile, ma si dovrà vedere se il comportamento specifico del lavoratore sia dal punto di vista soggettivo sia da quello oggettivo, rappresenti un comportamento antigiuridico e sia talmente grave da legittimare il recesso rappresentando un disvalore per la società e per il datore di lavoro in particolare. È estremamente difficile – non solo per i giudici, ma anche per qualsiasi operatore del diritto – procedere a quel bilanciamento tra l’obbligo di fedeltà e diritto della persona costituzionalmente sanciti: sarebbe auspicabile un chiarimento nel formulare criteri che non possano dimostrarsi in futuro equivoci e tantomeno oscillatori» conclude Morrico.
Una voce fuori dal coro: il parere dell’HR
«Perché mai il datore di lavoro dovrebbe vedere compromesso il rapporto fiduciario con un dipendente che ha scelto di aprire un profilo di OnlyFans? Sarebbe un pericolosissimo precedente» afferma Peter Durante, Chief Human Resources Officer di Italgas. «La sessualità esibita o meno, perché di questo si parla, attiene alla sfera privata. – prosegue Durante – Così come tante altre passioni: l’inclinazione politica o quella religiosa. Avere tra i propri dipendenti una persona molto religiosa – di qualsivoglia religione – così come un militante politico di un partito che nell’immaginario comune è “chiacchierato” non fa scaturire lo stesso dubbio: il motivo è solo perché OnlyFans richiama alla vendita del corpo? Alla sua esibizione? C’è differenza se il dipendente si esibisce seminudo in discoteca? Pongo volutamente queste domande provocatorie per spiegare la mia posizione: se ci incanalassimo in questa discussione, ripeto, da un punto di vista di morale pubblica, le domande e l’escalation sarebbero infinite. A quel punto tutto potrebbe compromettere la fiducia: e se il magazziniere della Juventus fosse ripreso a esultare per un gol del Toro? Avrebbe compromesso il rapporto con il proprio datore di lavoro e club sportivo di appartenenza? Il datore di lavoro paga per una prestazione lavorativa e deve esigere qualità nella fornitura della stessa. Punto. Il rapporto fiduciario attiene alla legalità, non alla morale».