Sappiamo fare ma non sappiamo capire, Marcello Veneziani a Business International

“Noi siamo l’azienda del FARE”. Quante volte abbiamo sentito pronunciare con orgoglio questa frase, e quante volte abbiamo accolto questa sorta di mantra con l’acquiescente convinzione che in essa si concentrasse il vero succo del successo di organizzazioni e uomini

marcello veneziani

Ascoltando però l’intervento di Marcello Veneziani alla conferenza di Business International su tecnologia e HR management, tenutasi il 22 Giugno a Milano, qualche dubbio si è insinuato nelle nostre ataviche certezze.
Il pensare, infatti, si domanda e ci domanda il professore, quale spazio ha ancora nel nostro fare e quale può essere oggi, nella pervasività della tecnologizzazione organizzativa il suo ruolo?
E’ proprio vero che non c’è alternativa se si vuole progredire?
Secondo Veneziani l’alternativa c’è, eccome, anzi, se vogliamo veramente cambiare e non essere essere travolti e sconvolti dal cambiamento, dobbiamo recuperare la cultura umanistica, che è la sola a farci comprendere senso e significato di ciò che sta avvenendo.
Oggi “sappiamo fare ma non sappiamo capire” imprigionati in un “dislivello prometeico” in cui il pensiero umanistico sembra arrancare dietro una tecnologia i cui ritmi di evoluzione si sono fatti sempre più veloci.

Ma quale funzione può svolgere e quali sono i vantaggi che potremmo avere se recuperassimo questo rapporto?
Il professor Veneziani ci parla di “compensazione”: non è vero che lo sviluppo ha solo una direzione, ed il pensiero filosofico ci può aiutare a trovare strade alternative, divergenti, in grado di arricchire la mappa delle possibilità, avversando la “barbarie dello specialismo”.
La cultura umanistica permette di accrescere l’immaginazione e questa consente di superare il qui e ora dei fatti per proiettarsi in possibili scenari futuri, permettendoci di pensare che le cose potrebbero andare diversamente.
Ed è in fondo proprio in questa capacità di pensare diversamente che si sono fondate le più grandi innovazioni, le grandi aziende che hanno saputo traguardare il presente.

Le loro storie hanno generato miti e questi a loro volta hanno permesso di costruire la loro storia. Ascoltando le parole di Marcello Veneziani non può non venire alla mente un uomo, lui si trasformato ormai in un mito: Adriano Olivetti.
Non è forse un caso che negli ultimi anni ci si sia ricordati di lui, portando la sua conoscenza anche a coloro che di cultura organizzativa non si sono mai interessati. Forse è proprio il bisogno ancestrale di miti, che conferisce tanta popolarità a queste operazioni di recupero.
Ripensare al connubio che seppe creare Olivetti tra arte, filosofia, architettura e azienda, fa tornare alle parole di Veneziani con un pizzico di malinconia, quella stessa che il professore cita nel suo intervento come “carburante per contrastare l’attivismo”.

Nella fabbrica di Ivrea c’era la biblioteca e le persone potevano accedervi durante l’orario di lavoro: il fare ed il pensare in uno straordinario equilibrio….e non solo: le opere d’arte campeggiavano sulle pareti dei reparti dove venivano assemblate le Lettera 22, a loro volta diventate opera d’arte esposta nella collezione permanente del Museum of Modern Art di New York e in quella del Triennale Design Museum di Milano.
Raggiungiamo Marcello Veneziani alla fine del suo intervento, per chiederglieli una parola di rassi- curazione: “ Secondo lei in Italia esiste un nuovo Olivetti?”. La risposta è un lapidario no, che purtroppo non è inaspettato.
Antistene vince ancora su Platone…e i cavalli non hanno domatori.

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