Salone della Formazione 2023: accademici e scrittori analizzano gli scenari futuri e le nuove prospettive della formazione aziendale.
Come le aziende agiscono in riferimento al cambiamento attraverso la formazione? Come preparano le competenze necessarie a vincere la sfida della competitività? Come si evolvono le academy aziendali? Ecco le riflessioni di quattro accademici e scrittori durante Salone della Formazione 2023 tra nuovi sviluppi organizzativi, organizzazioni esperienziali e design thinking.
Due giornate ricche di spunti, analisi e testimonianze dedicate alle funzioni HR sul fronte della formazione: Salone della Formazione 2023 – con tavole rotonde, workshop e momenti di incontro – ha sondato l’universo dei trends e delle questioni aperte ai temi di gestione e sviluppo del capitale umano in cui la formazione è uno degli strumenti di azione.
HR e professionisti della formazione aziendale si sono confrontati anche grazie agli interventi di accademici e scrittori dove il focus è stato il rinnovato ruolo di chi si occupa di formazione, le evoluzioni delle academy aziendali rispetto alle nuove esigenze delle persone, nonché i profondi cambiamenti che il contesto culturale e sociale sta vivendo grazie alla digitalizzazione.
Quattro riflessioni di accademici e scrittori
Allargare i confini per ridisegnare lo sviluppo organizzativo
Raoul Nacamulli, professore di organizzazione aziendale e fondatore di Open Org, ha presentato il tema dell’ecosistema della formazione da un punto di vista accademico.
Ridisegnare la formazione e lo sviluppo organizzativo: questo il cardine di un ambito formativo che negli ultimi anni è andato sempre più “oltre l’aula”, ovvero oltre alla dimensione didattica degli approcci tradizionali, per entrare nell’ambito della comunicazione.
La formazione si è allargata in termini di competenze in quello che può essere descritto come un ecosistema: una metafora di tipo biologico particolarmente calzante a sottolineare gli aspetti di diversità presenti nel contesto formativo – diversità di metodologie – ma al tempo stesso di integrazione.
Comunicazione e formazione sono aree che si incrociano tra loro in questo nuovo ambiente, ossia al di là delle tradizionali tecniche didattiche, abbracciando metodologie di “experiential learning”, integrando l’utilizzo di tecnologie informatiche, sia in presenza che a distanza.
Il compito di chi si occupa di sviluppo organizzativo è, quindi, quello di scegliere, in una abbondanza di contenuti e metodologie, le diverse soluzioni che sono in grado di far fronte alla situazione specifica che si incontra. Sono diverse le tecniche, dalla formazione individualizzata, alle sessioni outdoor, agli utilizzi del teatro, del cinema e di YouTube; fino alle tecniche di storytelling (tradizionale o digitale) e alle tecnologie dell’informazione sul processo formativo. Tutte soluzioni però, che hanno come elemento centrale il processo di cambiamento dato dalla trasformazione digitale.
Evoluzioni e prospettive delle academy aziendali
Cosa accomuna Platone con le academy aziendali? Paolo Iacci, professore di Gestione delle risorse umane e Presidente AIDP Promotion e ECA, illustra le caratteristiche del mercato aziendale della formazione guardando all’accademia platonica nell’Antica Grecia.
È evidente che la formazione aziendale sia un processo fondamentale per le imprese che vogliono essere innovative e migliorare la propria competitività. Ma cosa si intende esattamente per academy aziendali? Quale sono gli obiettivi ultimi e reali dell’azienda e del singolo?
L’incipit di Iacci è sul dialogo tra lavoro e felicità (una riflessione che aveva sondata già qualche anno fa in un suo famoso libro). L’obiettivo della filosofia è la ricerca della felicità e non c’è felicità se non c’è perseguimento del bene là dove il bene individuale si identifica con il bene collettivo.
In questo orizzonte bene individuale e collettivo si concretizzano nella ricerca della conoscenza, ovvero un processo fondamentale, in quanto senza l’assunzione di informazioni non è possibile una visione collettiva sia della società, sia del mondo.
Questo era valido nell’Antica Grecia e lo è ancora oggi per le aziende: la conoscenza non si può definire tale se non si inquadra in una visione più olistica. Così come per Platone la classe dirigente non può non esistere senza apertura, confronto e volontà di conoscere il senso del mondo, allo stesso modo, nella vita aziendale senza una chiara visione del purpose, si raggiunge solo una finalizzazione errata.
In sintesi, non c’è possibilità né di trasmissione né di generazione della conoscenza che non sia all’interno di una visione complessiva dell’impresa con il resto della società e del mondo – ovvero le academy aziendali sono in grado di costruire dall’interno le competenze non rinvenibili sul mercato del lavoro, ma solo se si interrogano sul contesto stesso. Ed è esattamente quello che, in altri termina, diceva Platone.
Le nuove organizzazioni esperienziali
Cosa è successo alle persone rientrate in ufficio dopo la pandemia? Come gli HR hanno dovuto muoversi sul fronte dell’ingaggio e della motivazione delle persone al loro rientro in ufficio?
Da qui inizia “ Le nuove organizzazioni esperienziali”, l’ultimo libro di Paolo Carminati, International Senior Human Resources, Cerence Inc. e Presidente della Fondazione Aifos, scritto a sei mani con Umberto Frigelli e Francesco Pedroni.
Carminati immagina una nuova organizzazione – la nuova organizzazione esperienziale appunto – nella quale i dipendenti percepiscono immediatamente il valore aggiunto del rientro in presenza post pandemia e i plus rispetto all’esperienza in digitale.
Tra nuovi spazi di lavoro, luoghi esperienziali sostenibili, il principio 70-20-10 mutuato dall’ambito dell’ambito della formazione e riproposto nel mondo di lavoro (70% luogo di lavoro dove si incontrano gli altri, 20% luoghi di nuove esperienze e 10% luogo di attività ludiche) tutto permette alle persone di relazionarsi in modo diverso.
L’essere in presenza genera, quindi, un plus anche nell’ambito formativo con la formazione esperienziale, connesso al concetto delle 3S (Salute, Sicurezza e Sostenibilità), diventando un goal fondamentale per l’HR. È necessario che le organizzazioni sappiano ridisegnare l’esperienza del lavoro, riconoscere le regole e le nuove opportunità, interagendo nel dialogo continuo tra persone, salute, sicurezza e sostenibilità.
Learning e Design Thinking: quando l’apprendimento è già performance
Per Roberto Pezza, Fondatore Base9.it, il 75% dei capi non sono soddisfatti dell’efficacia della formazione. Il problema dell’efficacia della formazione può essere sintetizzato con le parole “tempismo”, “rilevanza” e “pratica”: i dipendenti apprendono quando non ne hanno bisogno, imparano informazioni spesso non rilevanti rispetto al proprio lavoro e quanto studiato rischia di essere perso se non messo a terra in tempi brevi.
La riflessione verte, pertanto, sulle pratiche di people development, learning e sul mondo del lavoro che sembrano andare in direzione diverse: i piani formativi fatti sui dati di performance sono lenti, e agiscono solo per chiudere un gap di obiettivi di miglioramento o certificazione di competenze. Dall’altra parte, invece, il mondo del lavoro è in continua trasformazione.
Ecco il primo scollamento tra lavoro e formazione che si risolve solo gestendo i problemi dove si creano, intendendo con un approccio rapido, agile e specifico per ogni singola realtà.
Le parole chiave sono autonomia, know-how e team che devono essere portate anche nei processi di HR e, in verticale, in quelli di learning and development attraverso il design thinking, una modalità human centred, che consente di approcciare problemi complessi e trovare soluzioni creative che abbiano un potenziale trasformativo, sviluppando la conoscenza del singolo messo al centro di ogni processo.
Approfondimento Fuori Salone: le neuroscienze in azienda.
Durante la prima giornata di evento, il Fuori Salone è stata l’occasione per riflettere su un tema che sta a corollario delle trattazioni didattiche inerenti alla formazione: un dialogo aperto sulle neuroscienze in azienda tra teorie e pratiche.
Riccardo Bubbio, Vice President AIDP – Piemonte e Valle d’Aosta, e Giuliano Trenti, Presidente, Neurexplore, hanno dibattuto sull’argomento: da una parte gli studi delle neuroscienze rendono oggettive, e quindi quantificabili, le conoscenze, sia in relazione alla motivazione, sia all’emotività che si genera sul luogo di lavoro.
Per esempio, tutti sanno che i feedback negativi facciano male, ma la neuroscienza ci spiega per quale motivo e questa spiegazione tecnica permette di prendere consapevolezza di approcci che possono essere potenzianti o non potenzianti della performance lavorativa.
Inoltre, ci sono ambiti in cui le neuroscienze sono ancora solo parzialmente utilizzati. In questi settori, l’applicazione della neuroscienza ha una potenzialità di sviluppo ulteriore particolarmente interessante proprio grazie alla precisione con la quale affrontano tematiche come selezione e analisi. L’applicazione umana delle neuroscienze ha, infatti, un enorme ventaglio di potenzialità inesplorate.
I processi, le procedure, gli strumenti e i modelli organizzativi e formativi non possono quindi trascendere proprio dallo studio della mente umana. Le neuroscienze offrono una nuova modalità oggettiva per comprendere come le persone affrontano il lavoro, le loro relazioni con i colleghi, le situazioni conflittuali e le pratiche formative per risolvere eventuali problemi.
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