L’alto costo del reskilling per stare al passo di Industria 4.0

Secondo il World Economic Forum, solo negli USA il processo interesserà 1,4 milioni di lavoratori e costerà 34 miliardi di dollari, in gran parte a carico delle finanze pubbliche. I privati riusciranno a riqualificare il 25% dei lavoratori a rischio. In Italia il mismatch di competenze è elevato, sia per difetto che per eccesso

reskilling

Reskillare è uno di quegli anglicismi con cui ci troveremo sempre più ad avere a che fare. La parola è già uscita dalla cerchia ristretta degli hr e dei formatori. È l’innovazione tecnologica che te la sbatte in faccia spesso e volentieri. La sintesi è questa: le competenze di chi lavora sono sempre meno allineate alle richieste del mercato del lavoro (skill mismatch) dominato sempre più da algoritmi, intelligenza artificiale e soft skill. Per questo c’è bisogno di reskilling su chi già lavora. Va anche precisato – lo chiarisce l’Ocse – che in Italia lo skill mismatch è alto anche per eccesso, cioè ci sono anche tanti che hanno competenze più elevate di quelle chieste dal mercato (dove c’è una netta prevalenza di Pmi non eccessivamente innovative).

 

I costi

I costi del reskilling per stare al passo della rivoluzione 4.0, solo negli Usa, ammonterebbero a 34 miliardi dollari. I conti li ha fatti il World Economic Forum nello studio Towards a reskilling revolution: Industry-led action for the future of work. Il Wef calcola calcola che saranno quasi 1,4 milioni i lavoratori che dovranno aggiornare le competenze, ma il costo del reskilling è alto e peserà soprattutto sul governo.

Il settore privato riuscirà a riqualificare solo 350 mila lavoratori tra quelli a rischio disoccupazione; per il resto le aziende preferiranno assumere personale già qualificato.

Secondo il WEF c’è un rischio concreto per molti lavoratori inseriti nel sistema produttivo, che può essere mitigato con una cooperazione tra imprese per spalmare i costi e di coprire il 45% dei dipendenti a rischio. Lo studio fa notare anche che c’è una quota di lavoratori, circa il 18%, che non possono essere riqualificati. Il report suggerisce che lo Stato dovrà pensare ad ampliare il sistema del welfare e il sostegno sociale alle persone che perderanno il lavoro.

 

In Italia

In Italia c’è una situazione articolata, ma il mismatch è tra i più alti dell’area Ocse: sia per eccesso che per difetto. Una situazione generata dal mancato allineamento tra sistema formativo e sistema produttivo: le competenze ci sono, ma non sono quelle chieste dal mercato. Questo disallineamento ha una ricaduta diretta sulla crescita

Sul tema dello skill mismatch si stanno interrogando tanti studiosi: non solo la Bicocca di Milano (Lo skill mismatch e la skill strategy nel nostro Paese), il tema è al centro di una analisi dell’Action Institute.

 

I privati

Il tema del reskilling se lo stanno ponendo anche i privati. Non solo le imprese direttamente interessate dal processo di invecchiamento delle competenze, anche grandi realtà mosse da interessi indiretti o di natura filantropica. Un esempio è il progetto Ambizione Italia di Microsoft che ha l’obiettivo,  entro il 2020, di coinvolgere più di 2 milioni di persone e fornire nuove competenze a oltre 500 mila studenti e professionisti (qui il nostro approfondimento sul tema).

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