Relazioni sentimentali tra colleghi: cosa succede se in ufficio scatta la scintilla?
Gestire gruppi di persone vuol dire anche permettere a tutti di affrontare gli aspetti personali della propria vita. Una sentenza del 14 marzo 2023, ha ribadito che “sul lavoratore incombe l’obbligo di comunicare al datore qualsiasi situazione di potenziale conflitto che possa compromettere gli interessi aziendali”. Nel caso di specie ha confermato la legittimità del licenziamento per un collaboratore accusato di aver intrattenuto una relazione clandestina con una collega.
L’azienda può vietare relazioni sentimentali tra colleghi? La risposta è meno scontata di quello che si potrebbe pensare alla luce di considerazioni che, quando c’è di mezzo il posto di lavoro, esulano dalla stretta vita privata.
Stiamo parlando di situazioni in realtà piuttosto diffuse: almeno secondo uno studio effettuato da Viking su 3mila lavoratori il 48% dei rispondenti ha avuto almeno un appuntamento galante con una collega, 1 su 3 si è scambiato un bacio e un quarto ha avuto un rapporto occasionale. Ma esistono anche relazioni durature, clandestine o meno. Di tutto questo abbiamo parlato con l’avvocato Sergio Alberto Codella, partner dello studio Orsingher Ortu Avvocati Associati, giuslavorista e abilitato al patrocinio alle giurisdizioni superiori, autore di testi ed articoli focalizzati soprattutto sullo sviluppo e sul rinnovamento di strategie HR.
“In generale, in Italia non vi sono leggi o contratti collettivi che prevedano espressamente il divieto di intrattenere rapporti sentimentali con i colleghi” spiega Codella. “Vi sono però alcune aziende, soprattutto a vocazione internazionale, che hanno cercato di disciplinare la questione, non tanto vietando la relazione in sé e per sé, ma definendo regolamenti interni che impongono l’obbligo di darne evidenza”.
L’importanza di policy e regolamenti aziendali
La sentenza pronunciata dal Tribunale del lavoro di Roma il 14 marzo 2023, ha precisato anche che “la diligenza richiesta dall’art. 2105 c.c. nell’espletamento della prestazione lavorativa ricomprende anche l’obbligo di adottare un contegno conforme alle disposizioni organizzative e ai protocolli di comportamento imposti dal datore di lavoro” .
Le aziende non dovrebbero infatti sottovalutare la questione e provvedere a munirsi delle giuste contromisure per regolamentare anche l’eventualità di una liaison amorosa tra colleghi.
“La soluzione preferibile è quella di redigere un regolamento aziendale che prescriva il dovere di informare della relazione, precisando che le finalità perseguite dal datore sono quelle di evitare che si possano creare situazioni di conflitto di interesse e che persone sentimentalmente legate lavorino nello stesso ufficio o sulla stessa commessa” aggiunge Codella.
La relazione, del resto, non è un dato sensibile, ma privato. Come si deve comportare l’azienda da questo punto di vista?
“Nel caso sia espressamente previsto da una policy, il datore di lavoro può pretendere di sapere se vi siano legami sentimentali tra colleghi all’interno della azienda, ma le ragioni per conoscere tale circostanza non possono rinvenirsi nella semplice curiosità, essendo opportuno che l’obbligo di informativa sia legato, e in un certo senso limitato, a questioni di natura etica, organizzativa o produttiva. In altre parole, l’azienda può volere evitare che vi sia una persona sentimentalmente legata a un’altra che decida per essa su eventuali avanzamenti di carriera o sul pagamento di bonus, così come appare legittimo che la società intenda scongiurare potenziali frizioni sul lavoro tra i partner (in senso sentimentale) e altri dipendenti dello stesso gruppo di lavoro (a causa ad esempio di gelosie, invidie, chiacchiere etc.) per salvaguardare anche le performance” sottolinea Codella.
“In queste ipotesi – continua – la tutela della privacy sulla vita personale del lavoratore o della lavoratrice può cedere il passo a oggettivi interessi datoriali e aziendali, in quanto l’azienda ha interesse a gestire le risorse in modo tale da garantire, da un lato, trattamenti imparziali e, dall’altro, la conoscenza su fatti che possano determinare delle inefficienze organizzative o produttive. Entro questi limiti, a mio avviso, vi è la possibilità per l’azienda di pretendere di conoscere di eventuali relazioni anche per continuare a essere identificati come una caring company, in quanto l’ ingerenza nella vita privata è motivata da un legittimo interesse della comunità a garantire regole trasparenti per tutti.
Sarei invece assai più prudente su regolamenti che possano determinare l’obbligo di conoscere della vita personale dei propri dipendenti qualora non vi siano possibili ingerenze nella vita professionale dell’uno verso l’altro.
Riterrei poco caring, infatti, la necessità di dare evidenza di una relazione, magari occasionale, tra colleghi di un’azienda, che lavorano però in luoghi distanti o che magari sono impiegati in settori o funzioni diverse. In questo caso potrebbe essere astrattamente configurabile un’illegittima ingerenza nella vita privata degli interessati” precisa Codella.
E l’interesse datoriale è ancora più significativo qualora la relazione sentimentale coinvolga soggetti legati da un rapporto gerarchico, anche per garantire il rispetto di criteri di oggettiva valutazione sulle performance delle risorse e, soprattutto, per assicurare un sereno ambiente di lavoro anche per gli altri impiegati.
Una questione di trasparenza
Di fatto, è anche possibile che giovani si conoscano a lavoro e nel contesto di skill shortage l’azienda voglia apparire caring e inclusiva.
“Trovando inopportuno e anche poco realistico determinare dei divieti alle relazioni sentimentali tra colleghi, credo che il messaggio più importante sia quello di far intendere alle risorse, soprattutto quelle giovani, che il dichiarare il legame affettivo all’interno dell’azienda possa solo determinare una maggior trasparenza nella gestione dei rapporti di lavoro, senza che ciò possa determinare discriminazioni, ma – esattamente al contrario – per permettere una oggettiva valutazione delle attività e per evitare che questioni “nascoste” a livello personale, possano riverberarsi sulla sfera professionale. L’approccio per evitare di apparire non inclusivi e poco sensibili non è quello di vietare e tantomeno di punire, ma solo quello di sapere per organizzarsi al meglio a beneficio di tutti e soprattutto dei lavoratori” è il suggerimento di Codella.
Una relazione segreta sul luogo di lavoro potrebbe diventare una situazione stressante da gestire per gli altri colleghi che sanno, ma devono fare finta di niente, al punto da intaccare, si potrebbe pensare, la sicurezza dell’ambiente lavorativo.
“La relazione sentimentale in sé e per sé non appare in realtà essere un elemento sufficiente per determinare una responsabilità datoriale soprattutto in tema di salute e sicurezza sul lavoro. D’altronde, in Italia, vi sono numerosissimi casi di coppie, anche sposate, che lavorano insieme in piena armonia con altri colleghi e pure in strutture complesse” afferma Codella.
Il ruolo dell’HR
Diverso è il caso in cui e accade più spesso proprio in ipotesi di rapporti “occulti” magari extraconiugali, vi siano nepotismi o discriminazioni determinati dalla presenza di un rapporto sentimentale sui luoghi di lavoro, soprattutto se sfociano in nervosismi, disarmonie o anche qualcosa di peggio tra i partner o verso altri colleghi.
“In questo caso il datore di lavoro potrebbe essere ritenuto responsabile per eventuali danni patrimoniali e non patrimoniali causati in occasione della relazione.
Per non parlare poi degli strascichi di una storia sentimentale finita che spesso è foriera di tossicità e vendette e che potrebbe determinare la scelta di un dipendente di portare in tribunale l’azienda per avere subito discriminazioni dopo la fine della liaison.
In tribunale, infatti, si discute sempre più spesso su questioni attinenti la tossicità dell’ambiente di lavoro, soprattutto dopo la fine di una storia sentimentale, con richieste di risarcimento del danno determinate da illegittime interruzioni di progressioni di carriera o da trasferimenti improvvisi motivati più da scelte personali che professionali. In tutti questi casi il compito dell’HR è quello di analizzare la situazione ed evitare ritorsioni o emarginazioni di una parte cercando di agire in anticipo e prima che la situazione degeneri”.
Licenziamento disciplinare: è legittimo?
La sentenza del marzo 2023 emessa dalla sezione lavoro del Tribunale di Roma, come abbiamo visto, ha ritenuto legittimo il licenziamento del dipendente per avere intrattenuto una relazione con una collega, appartenente al medesimo team, senza segnalare tale circostanza al datore, come invece imponevano la policy aziendale e il codice etico, con l’aggravante per cui il detto dipendente aveva anche fatto pressioni sulla collega per occultare la relazione.
“Questo arresto giurisprudenziale non è l’unico, mi è capitato di assistere molte aziende che sono intervenute con provvedimenti espulsivi nei confronti di dipendenti che hanno intrattenuto relazioni con altri colleghi. I casi più numerosi sono quelli relativi ad attività di stalking successive alla fine della relazione, dove un dipendente si è accanito nei confronti dell’altro a causa della delusione amorosa. Anche in questo caso, se l’azienda avesse da subito saputo della relazione si sarebbe potuta organizzare al meglio per evitare la degenerazione dei rapporti e l’inasprimento dell’ambiente lavorativo e senza dover arrivare al recesso datoriale che, nella maggior parte delle occasioni, è stato ritenuto legittimo da parte degli organi giudicanti” conclude Codella.