Rapporto 2023 sul sistema della formazione superiore della ricerca
L’ANVUR, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, ha recentemente pubblicato la versione aggiornata del rapporto 2023 sul sistema della formazione superiore della ricerca. Ecco le conclusioni di quella che è una panoramica del sistema a valle delle trasformazioni di questi anni.
Alla fine di giugno è stato pubblicato il quarto rapporto dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), che analizza i cambiamenti del sistema della formazione superiore della ricerca. Il documento, pubblicato l’ultima volta nel 2018, avrebbe dovuto essere a cadenza biennale, ma l’ANVUR ha preferito attendere la fine della pandemia da Covid-19 per misurare le variazioni del sistema nel corso di questi anni.
Università
L’edizione 2023 fotografa una situazione piuttosto ambivalente per la situazione universitaria. Il numero di iscritti, infatti, è cresciuto del 10,3% rispetto a dieci anni fa: i dati 2021-2022 registrano un totale di 331mila immatricolati su 1,9 milioni di iscritti in totale. Il rapporto evidenzia un consistente aumento degli iscritti soprattutto per le università telematiche, a cui è iscritto l’11,5% del totale della popolazione studentesca. A fronte di un leggero aumento delle università tradizionali non statali, però, si registra una leggera contrazione degli atenei statali. In ogni caso, la maggior parte degli iscritti proviene dai licei, mentre a distanza seguono gli istituti tecnici e infine quelli professionali.
Tuttavia, se gli iscritti aumentano, i nuovi laureati appaiono ancora troppo pochi e, soprattutto, la percentuale di abbandoni rimane ancora alta e a doppia cifra (dal 14,5% per chi lascia dopo il primo anno al 24,2% di chi abbandona dopo sei anni). Pesa, inoltre, il divario territoriale: la maggioranza degli studenti, infatti, tende a scegliere un ateneo del centro e soprattutto del nord Italia.
Diritto allo studio
L’ANVUR registra un miglioramento per quanto riguarda il diritto allo studio, grazie per esempio all’incremento del fondo integrativo statale che ha permesso di ottenere una borsa di studio al 98% degli studenti idonei, contro il 75% del 2012. L’allargamento progressivo della no tax area (introdotta per la prima volta nel 2017) ha ulteriormente agevolato diverse fasce della popolazione: attualmente le percentuali di esenzione ammontano al 37%, contro il 10% di dieci anni fa.
Molto più problematica, invece, è la questione affitti, posti letto e residenze universitarie, che negli ultimi mesi ha mobiliato numerosi studenti e studentesse in altrettante città: l’ANVUR, infatti, riconosce che c’è ancora molto da fare in questa direzione. Il mancato utilizzo del PNRR per la creazione o il miglioramento di residenze universitarie, poi, potrebbe portare a un aggravamento della situazione.
Ricerca
Accanto alla formazione superiore, il rapporto 2023 dell’ANVUR fotografa anche la situazione della ricerca. Nel 2021, infatti, è subentrato un nuovo regolamento per i dottorati di ricerca, per quanto riguarda i requisiti per l’accreditamento e la valutazione. Nel biennio 2020-2021 c’è stato anche un aumento di iscritti (37mila contro i 28mila del 2016-2017), che potrebbe ulteriormente aumentare grazie alle borse di studio finanziate con il PNRR. L’Italia rimane poi salda nella propria quota di partecipazione scientifica e di produttività dei ricercatori, sfiorando il 4% nel periodo 2016-2021. Anche il rapporto numero di pubblicazioni-numero di ricercatori è in leggera crescita: da 1,08 pubblicazioni del 2015 si è arrivati adesso a 1,31 pubblicazioni per unità di personale. L’Italia, quindi, è tra i Paesi più produttivi, la seconda dopo i Paesi Bassi. Occorre però segnalare un calo nelle pubblicazioni scientifiche nel top 5% della produzione mondiale: dal 10% del 2011 siamo ora a 8,8%.
Con il chiaroscuro e gli alti e bassi riportati, il rapporto ANVUR mostra una situazione certamente diversa rispetto al passato, in cui i miglioramenti sono accompagnati da contrazioni o veri e propri peggioramenti: resta comunque da vedere, nel prossimo rapporto, se sia possibile davvero riconoscere nei cambiamenti alcune tendenze generali o meno.