Quarta rivoluzione industriale: i 5 pilastri per l’industria 4.0
La quarta rivoluzione industriale è alle porte, anzi no, è già entrata. La digitalizzazione delle imprese le sta portando verso il modello 4.0: interconnesse, destrutturate, diffuse, internazionali
Se le rivoluzioni precedenti erano databili con precisione, la data di nascita di quella digitale è ancora incerta sebbene si percepisca di esserci già in mezzo. Ma l’Italia a che punto è?
E’ di questi giorni l’approvazione del documento della Commissione permanente per le attività produttive il commercio e il turismo. Si tratta di un documento che stila le linee guida per la “digitalizzazione delle filiere industriali nazionali” e di seguito le riportiamo integralmente.
“La commissione individua 5 pilastri
Il primo pilastro riguarda la creazione di una governance per il sistema Paese, individua gli obiettivi da raggiungere e propone la costituzione di una Cabina di regia governativa.
Il secondo pilastro prevede la realizzazione delle infrastrutture abilitanti attraverso la realizzazione del piano banda ultralarga, lo sviluppo e la diffusione delle reti di connessione wireless di quinta generazione, delle reti elettriche intelligenti, dei DIH (Digital Innovation Hubs) e di una pubblica amministrazione digitale.
Il terzo pilastro prevede la progettazione di una formazione mirata alle competenze digitali. Sulla base delle indicazioni fornite nelle diverse audizioni, nel documento si distingue tra una formazione professionale di breve periodo rivolta prioritariamente a soggetti che non studiano e non lavorano, i cosiddetti NEET, o a personale impiegato in lavori in via di obsolescenza; una formazione che, nel medio periodo, potrà invece essere rivolta alle imprese con il coinvolgimento del middle management con possibile ed auspicate positive conseguenze sulla crescita dimensionale delle aziende. Nel lungo periodo sarà indispensabile infine una formazione scolastica e post scolastica che punti alla formazione di competenze digitali diffuse anche in tutti gli ambiti, compresi quelli delle scienze umane.
Il quarto pilastro è rappresentato dal rafforzamento della ricerca sia nell’ambito dell’autonomia universitaria sia in quello dei centri di ricerca internazionali.
L’open innovation è il quinto pilastro individuato nel documento conclusivo sul quale fondare una via italiana all’industria 4.0, basata su standard aperti e interoperabilità e su un sistema che favorisca il Made in Italy, sfruttando tutte le opportunità fornite dall’internet of things”
Le reazioni del mondo imprenditoriale a questo documento sono state di vario segno: come ci si può facilmente immaginare gli industriali, rappresentati da Confindustria si dichiarano più che favorevoli all’implementazione di processi che vanno nella direzione dell’ottimizzazione e dell’interconnessione. Ma l’Italia è una nazione il cui tessuto produttivo è composto principalmente da piccole, medie imprese e da artigiani che hanno difficoltà a adeguarsi a questa rivoluzione e che, come in parte ha detto Confartigianato vedono in esso un pericolo di snaturamento, laddove non si tengano in conto le peculiarità di questa configurazione tipicamente italiana.
E’ indubbio che l’Italia ha la necessità di colmare il gap che la vede al 25° posto a livello europeo per quanto riguarda la connettività, le competenze digitali del capitale umano, l’uso di Internet, lo sviluppo dell’imprenditoria digitale e la qualità dei servizi pubblici online. Un’adeguata alfabetizzazione digitale permetterebbe di affrontare l’evoluzione in corso in maniera più consapevole, ma, soprattutto di poter accedere a quelle posizioni lavorative che richiedono competenze in questo campo e di cui già oggi c’è una considerevole richiesta, che non sempre può essere soddisfatta. Le preoccupazioni che si avvertono non possono fermare un’evoluzione che ormai è un fatto.
Urge quindi la traduzione operativa dei cinque pilastri, ed in questo caso soprattutto del terzo: solo in questo modo si potrà governare il cambiamento.
La formazione di persone consapevoli e competenti è la strada che potrà permettere di allinearsi con gli standard di paesi come Germania e Francia, già più avanti in questo processo, ma anche di ideare modalità di declinazione delle competenze digitali nel nostro contesto nazionale.
Nel frattempo le aziende si stanno muovendo alla ricerca delle professioni legate a questo mondo e così sarà per i prossimi anni. Il digitale è quindi anche una nuova opportunità di lavoro.