Quando l’oro vero inganna
Qual è il prezzo dei profitti di un’organizzazione? In che modo la gestione della complessità può aiutare a raggiungere i target ESG?
A cura di Anja Puntari, Executive Business Coach e artista
In una piantagione di banane dell’Ecuador, c’è un albero placcato d’oro secondo una tecnica tradizionale del luogo, di solito utilizzata per decorare i luoghi sacri. Per trovarlo basta seguire la geolocalizzazione con cui l’artista María José Argenzio ha intitolato la sua opera, ovvero 3° 16′ 0″ S, 79° 58′ 0″ W. Poiché l’installazione è difficilmente raggiungibile, considerato il posto in cui si trova, durante le esposizioni viene mostrata attraverso due foto: la prima rappresenta una vista aerea della piantagione, in cui l’albero dorato spicca nell’intenso verde dell’immagine; la seconda è invece una fotografia della pianta d’oro scattata dal basso, in modo da farla sembrare più alta.
Il messaggio, semplice ma ficcante, dell’artista è valido tanto per la politica quanto per le aziende: cosa si nasconde dietro il valore economico di un prodotto? È davvero tutto oro quello che luccica?
Per l’economia dell’Ecuador, infatti, il commercio di banane è un elemento fondamentale, in quanto il paese è il principale esportatore al mondo di questo frutto. Ma dietro il guadagno si celano delle perdite perché una coltivazione così massiccia di banane è poco sostenibile per diversi motivi. I danni sull’ambiente sono notevoli, innanzitutto a causa del largo uso di pesticidi impiegati per massimizzare la produzione, ma anche, da non sottovalutare l’impronta carbonica enorme che questo frutto ha quando viene trasportato all’estero; anche i suoi effetti sulla società non sono da poco, in quanto questo tipo di prodotto favorisce le disuguaglianze tra la popolazione e le comunità locali, alimentate da una redistribuzione non equa dei guadagni derivanti dalle coltivazioni.
Le banane, quindi, sono una notevole fonte di ricchezza, un bene per il paese e fonte di guadagno di migliaia di persone, ma a quale prezzo e con che impatto?
La stessa domanda sono chiamati a porsela anche i Manager di aziende grandi, che hanno alla loro base dei sistemi di gestione molto complessi. Focalizzarsi solo sul risultato finale, come può essere il fatturato a fine anno, potrebbe essere un punto di vista miope che lascia nel buio tutto ciò che succede nelle corso di value chain lunghe. Ambiente, persone e comunità coinvolte non possono passare in secondo piano quando si guarda al valore prodotto da un’organizzazione. La sostenibilità, lo sappiamo, pone agli organi direttivi delle aziende delle sfide importanti e per questo una delle competenze che si sta rivelando sempre più fondamentale per le C-suite è il complexity management: avere una visione completa e complessiva dei processi nella loro interezza, anche attraverso approcci di agile learning e agile thinking, permette di sviluppare una visione strategica in cui i rischi vengono ridotti e i risultati ottimizzati. Il complexity management si rivela particolarmente utile quando ci si muove nell’ambito della sostenibilità, in quanto, come dimostra anche l’acronimo ESG, un’azienda per essere sostenibile ha bisogno di tenere sempre presenti i suoi impatti su diverse dimensioni, nessuna delle quali può essere lasciata indietro. A questo mirano anche le nuove direttive di rendicontazione dell´UE che spingono i vertici aziendali a riflettere sullo sviluppo del business attraverso il ragionamento della doppia materialità: da un lato, l’impatto che l’azienda ha sul mondo (inside out – ambiente, persone, società), dall’altro, il modo in cui il mondo influenza le attività aziendali (outside in – normative, eco catastrofi, instabilità politica, guerre).
Oggi il denaro non può più essere l’unico driver di scelta o parametro di valutazione per le organizzazioni. Il rischio, altrimenti, è che, considerata la complessità del mondo in cui ci muoviamo, le aziende che non riescono a gestirla diventino come l’albero di María José Argenzio: coperto d’oro, sì, ma incapace di produrre davvero frutti e perso in una giungla in cui si fa fatica a trovarlo.