D&I: stereotipi e politiche di inclusione

Per promuovere un ambiente di lavoro inclusivo, le aziende devono adottare strategie mirate e investire nella formazione dei dipendenti sulla D&I. Allo stesso tempo, occorre considerare l’aspetto relativo alla valorizzazione del capitale umano già presente in azienda e incoraggiare la comunicazione aperta. Sono alcuni dei concetti emersi a ORU-Officina Risorse Umane dal tavolo di lavoro dedicato

Il concetto di diversità e inclusione (D&I) rappresenta un valore aggiunto per le organizzazioni, poiché ogni individuo porta esperienze e conoscenze uniche che arricchiscono l’ambiente di lavoro e la società. Le aziende che adottano strategie di D&I risultano più innovative, resilienti e capaci di offrire soluzioni creative, migliorando anche la fidelizzazione e l’attrazione di talenti. Per creare un ambiente inclusivo, però, è fondamentale personalizzare la gestione delle risorse umane, comprendere i mercati internazionali, investire nella formazione e valorizzare il personale già presente. 

Favorire la comunicazione aperta, promuovere il rispetto reciproco e celebrare la diversità attraverso iniziative dedicate rafforza il senso di comunità. Inoltre, l’uso di KPI consente di misurare l’impatto delle iniziative DEI, garantendo trasparenza e miglioramento continuo. Da questa premessa sono partiti i lavori del tavolo ORU dedicato a Diversità e Inclusione.

L’articolo si basa infatti sui lavori della quarta edizione di ORU – Officina Risorse Umane, evento di rilevanza nazionale che si è svolto a Roma il 23 e 24 novembre 2024 e che ha visto la partecipazione di esperti, HR manager e istituzioni, con l’obiettivo di costruire una visione condivisa sul futuro del lavoro. Patrocinato dal Ministero del Lavoro e AIDP e organizzato da HR LINK con la direzione scientifica dell’avv. Francesco Rotondi, Name Partner LabLaw, consigliere esperto Cnel,  ORU ha coinvolto otto tavoli di discussione, trattando altrettanti temi cruciali per le risorse umane e producendo una piattaforma di proposte da sottoporre alle istituzioni governative.

I rischi dei bias cognitivi 

I bias cognitivi rappresentano schemi di pensiero automatici che il cervello adotta per semplificare i processi decisionali, rivelandosi utili in situazioni di emergenza, ma fonte di distorsioni in contesti complessi come quello lavorativo. In ambito aziendale, tra i principali bias figurano il bias di conferma, che spinge a preferire informazioni che confermano credenze preesistenti, limitando diversità e innovazione; l’in-group bias, che favorisce individui appartenenti al proprio gruppo sociale o culturale, riducendo la diversità organizzativa; il gender bias, che valuta uomini e donne in modo differente, penalizzando le donne in ruoli di leadership a causa di stereotipi; e l’ageism, che discrimina sulla base dell’età, preferendo dipendenti più giovani o più esperti, indipendentemente dalle competenze. 

Inutile dire che questi pregiudizi condizionano negativamente processi fondamentali come il reclutamento, la valutazione delle performance e le promozioni, ostacolando lo sviluppo organizzativo e l’equità. Diventa quindi essenziale punto di partenza riconoscere e superare tali bias per garantire una gestione delle risorse umane più inclusiva ed efficace.

L’esperimento del tavolo di lavoro

Ai partecipanti del tavolo ORU è stato chiesto di lavorare in gruppo per delineare i profili professionali di cinque figure aziendali (CEO, CFO, HR Manager, Trainer, Head of Sales) e successivamente immaginare la vita personale dei candidati ideali per tali ruoli. Le descrizioni personali sono state poi analizzate tramite l’intelligenza artificiale per rilevare la presenza di bias inconsci. 

Il sistema ha identificato tre bias differenti, dimostrando quindi che l’influenza di stereotipi e pregiudizi inconsci nella percezione delle figure professionali e personali è più presente di quanto si immagini:

  • gender bias, con la predominanza dell’immaginario maschile per ruoli legati a competenze economiche e finanziarie
  • ageism: i giovani venivano percepiti come tecnologicamente abili e concentrati sul lavoro, mentre le persone più anziane erano viste come più orientate al benessere personale e ad attività esterne
  • in-group bias, con la predilezione per persone percepite come soddisfatte, felici e mentalmente equilibrate. 

È apparso quindi chiaro che, per affrontare i bias cognitivi e promuovere decisioni più eque ed efficaci, le aziende devono implementare strategie mirate basate su consapevolezza e formazione. La formazione sui bias inconsci è infatti una strategia chiave per sensibilizzare dipendenti e manager: programmi educativi basati sulle neuroscienze aiutano a migliorare la consapevolezza dei pregiudizi e a prendere decisioni più razionali, riducendo l’influenza di fattori emotivi o personali – e strumenti pratici come il ‘blind resume’, che prevede l’oscuramento delle informazioni personali nei CV per focalizzarsi solo su competenze ed esperienze.

Le proposte approvate dal tavolo di lavoro

I partecipanti al tavolo di lavoro hanno approvato all’unanimità un pacchetto di proposte per promuovere la diversità e l’inclusione, sia in ambito scolastico sia aziendale. Tra le misure principali figurano:

1 – educazione scolastica inclusiva: l’inserimento, nei programmi di tutte le scuole, di temi legati a diversità, inclusione e superamento degli stereotipi di genere, con formazione specifica per docenti, orientatori e redazioni scolastiche. È previsto anche un approccio privo di bias nella scelta di materiali educativi e giocattoli.

2 – formazione aziendale obbligatoria: promuovere corsi finanziati o agevolati per tutto il personale aziendale, con un focus particolare su manager e selezionatori, per eliminare i bias cognitivi.

3 – sostegno alle famiglie: incentivare reti di supporto per la gestione di bambini e anziani, rendendo più accessibili servizi come asili, strutture di assistenza e scuole con orari ampliati, specialmente durante i periodi estivi.

Un cambiamento culturale necessario

Dal tavolo di lavoro è infine emersa una criticità legata ai bias cognitivi, anche nelle risorse umane, che richiede un cambiamento culturale graduale ma essenziale. Si è sottolineata la necessità di interventi immediati nelle aziende e di un impegno a lungo termine nel sistema scolastico. Parallelamente, è fondamentale sollecitare un sostegno urgente alle famiglie attraverso servizi locali più accessibili e strutture dedicate.

Partecipanti al tavolo

Di Cesare Benedetta, Research&Innovation, Lifeed (co-coordinatore del tavolo di lavoro)

Paola Polliani, Partner, Lablaw (per la direzione scientifica)

Armando Tursi, consulente, Lablaw

Ilaria Brizzi, AI Angel, Skilla (Ai Angel)

Valeria Benassi, CHRO, Eidosmedia Group

Giuseppe Bertini, Direttore Risorse Umane, Hexa

Camilla Butta, Sustainability, De&I Manager, Vector

Marco Cariani, Head of People Italy, LEO Pharma

Camilla de Angelis, Head of HR, TP Infinity

Dora Ferri, HR Advisor & Delivery Coordinator, Radar Consulting Italia

Gianluca Morosini, Head of Hr, Sisma

Nicola Pascale, Amministratore Unico, ANM (rappresentante istituzionale)

Luca Sartelli, HR & Organization Executive Director, Cirfood

Leggi anche

Le forme del lavoro: tecnologia, normative e flessibilità

Benessere e talent attraction: il ruolo chiave del welfare aziendale

error

Condividi Hr Link