Politiche attive e people analytics, imprese e PA insieme per l’employability
Ribaltare la prospettiva sull’uso dei big data, trasformandoli da strumento di controllo a cardine di un modello di gestione che li utilizza per sostenere l’impiegabilità e lo sviluppo delle persone, integrando i database della pubblica amministrazione con quelli delle imprese. Questa la priorità individuata dal tavolo di lavoro a tema People Analytics nel corso della prima edizione di Officina Risorse Umane.
Integrare i dati delle aziende con quelli a disposizione della Pubblica amministrazione e lavorare sulla certificazione delle competenze, per sostenere l’employability attraverso la trasparenza delle stesse. Sono le priorità emerse dal tavolo a tema People Analytics nell’ambito di Officina Risorse Umane, iniziativa promossa da HR Link e Stati Generali Mondo del Lavoro che si è tenuta a Venezia il 23 e 24 ottobre per affrontare le principali questioni del mondo HR in questa fase storica. Al tavolo – coordinato da Stefano Porta, ad di Odm Consulting (Gi Group) e presieduto a livello istituzionale da Franco Bettoni, Presidente Inail –hanno preso parte Andrea del Chicca, Direttore Risorse umane e Organizzazione di Trenord, Michele Riccardi, Direttore Risorse umane e Csr di Edenred Italia, Adriano Caponetto, HR e Organization Director di Rhenus Logistics, Gualtiero Mago, Group Vice-president Italy Human resources di STMicroelectronics, Anna Illiano, Chief Transformation & People Officer di MA Group, Fabio Pierpaoli, Direttore centrale Risorse umane di CheBanca! (Gruppo Mediobanca, e Diego Valsecchi, Group HR & Organization Director di Eurospin Italia. Il ruolo di analista è stato ricoperto da Tommaso Pazzaglia, editor.
Il presupposto da cui sono partiti i lavori è che tra le sfide più pressanti che gli HR si trovano ad affrontare in questi anni c’è quella di fornire i dati utili a un governo delle decisioni in real time e a traghettare le imprese verso la digital transformation. I big data, strumenti preziosi di semplificazione nella gestione del capitale umano e della complessità organizzativa, aprono questioni rilevanti sulla tutela della privacy, sull’oggettività degli algoritmi e sui limiti della tecnologia. Il livello di complessità dei mercati e delle organizzazioni è in costante aumento e, in questo contesto, avere informazioni anche predittive per prendere decisioni basate sui dati rappresenta una leva strategica a supporto della competitività, tanto per gli HR quanto per l’azienda nel suo insieme. I people analytics, informazioni ottenute dall’analisi dei dati presenti all’interno e all’esterno dell’azienda, hanno quindi una duplice finalità: supportare il management nelle scelte strategiche relative a politiche e processi HR (misurandone gli effetti nel tempo) e offrire ai dipendenti opportunità di sviluppo, servizi e soluzioni sempre più coerenti con le loro aspettative e necessità. Insomma, il dato da strumento di controllo diventa cardine di un modello di governo delle risorse umane che lo utilizza per permettere alle persone di sviluppare una performance sostenibile che sia funzionale agli obiettivi aziendali, alle proprie ambizioni e al proprio wellbeing.
La prima proposta emersa dal tavolo è quella di superare i limiti normativi attuali in materia di dati, anche attraverso una miglior chiarezza e semplificazione delle fonti di diritto e univocità dell’interpretazione ed esigibilità. I vincoli normativi sia a livello europeo (legge europea sulla privacy) sia nazionale (Statuto dei lavoratori), secondo i proponenti, rendono difficoltoso l’utilizzo efficace ed evoluto delle informazioni ottenibili dai dati. E quindi, per il tavolo, i vincoli andrebbero rivisti agganciandoli al livello di granularità del dato stesso e alla tipologia di processo che li utilizza o alla libera scelta del dipendente.
Un’altra proposta riguarda le infrastrutture, che andrebbero potenziate per garantire l’accesso ai dati. Ancora oggi esistono diverse aree del Paese non coperte da adeguate infrastrutture, con conseguente difficoltà nella gestione ed elaborazione dei dati, anche in real time, soprattutto in contesti caratterizzati dalla necessità di uno stretto rapporto tra sede e filiali. In questo senso vanno sfruttate al meglio le risorse messe disposizione dal Pnrr.
Ancora, per il tavolo bisognerebbe lavorare su sviluppo e certificazione delle competenze relative ai nuovi ruoli HR, che oggi devono fondere competenze matematico-statistiche con competenze umanistiche, business intelligence, compliance e organizzative. La proposta è quella di avviare processi di formazione e certificazione di questi nuovi ruoli anche a livello accademico.
Due, come detto, le proposte ritenute prioritarie dal tavolo. La prima è quella di sostenere l’integrazione dei dati presenti in azienda con quelli a disposizione delle banche dati delle Pa, per favorire un uso efficace delle politiche attive, l’incontro fra domanda e offerta, le politiche di inclusione (ad esempio nei confronti del fenomeno dell’immigrazione) e per lavorare agilmente su diversity & inclusion, riducendo insieme la burocrazia. La seconda riguarda la certificazione delle competenze e prevede di sostenere l’employability attraverso la trasparenza delle competenze certificate e acquisite anche in ambito aziendale. In questo senso le competenze possedute dalle persone andrebbero rese riconoscibili e fungibili a livello di mercato del lavoro attraverso un “sistema” ufficiale di certificazione gestito dalla Pa e agganciato alle aziende, sostenendo così anche le politiche attive.
«Sono emersi diversi spunti interessanti, legati in primis alla lettura del concetto di analytics, che deve fornire informazioni all’organizzazione e al management, ma deve anche essere utilizzato dalle imprese per rendere sempre più calzanti rispetto alle aspettative dei dipendenti i servizi alle persone, le loro opportunità di sviluppo ed employability e il loro wellbeing – commenta Stefano Porta, ad di Odm Consulting (Gi Group) e coordinatore del tavolo di lavoro – Ci sono sicuramente delle iniziative da porre in essere, legate a evoluzioni della normativa e alla dimensione infrastrutturale che in alcuni contesti non permette ancora un’adeguata copertura del digitale. Ma ci sono tante opportunità, legate all’employability, alle politiche attive e a tematiche di inclusione e diversity management».