“Più cultura digitale e più competenze specifiche”: ecco cosa serve alle aziende
L’Osservatorio sulle competenze digitali analizza il settore: servono più laureati qualificati
È scarsa la formazione sul fronte delle competenze tecnologiche e manca una cultura digitale condivisa. Questo lo specchio restituito dall’Osservatorio delle competenze digitali 2019 – condotto dalle maggiori Associazioni ICT in Italia, AICA, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia, con il contributo di CFMT e il patrocinio di MIUR e AGID – da cui si deduce che è necessario accelerare su questi due fronti per ridurre il gap tra domanda e offerta.
La richiesta di professioni digitali supera le centomila unità – nel 2018 la crescita è stata superiore del 27% al 2017 – e la domanda avviene prevalentemente utilizzando canali web.
Quali professioni
Quasi la metà delle posizioni vacanti (46%) è relativa agli sviluppatori software (i cosiddetti developers): a fine 2018 ne mancavano 49 mila. La ricerca di programmatori, poi, rimane scoperta al 30% per oltre 60 giorni. Molto richiesti anche i digital consultant (la mancanza si aggira attorno ai 12 mila) e i digital media specialist (per i quali la vacancy è di 7 mila). Tra le nuove professioni legate al digitale l’Osservatorio ha registrato una mancanza di 4.500 unità: artificial intelligence specialist, big data specialist, blockchain specialist, cloud computing specialist, IoT specialist, mobile specialist e robotics specialist.
Dove si trovano queste professioni
Il Nord est è il territorio dal quale arriva il 45% delle richieste ed è lì, quindi, che più facilmente i professionisti dell’Ict trovano lavoro, tra l’altro molto ben retribuito: “nelle aziende di informatica ed elettronica crescono in maniera significativa le retribuzioni dei quadri (+4,4%) e degli impiegati (+2,7): gli impiegati in informatica ed elettronica, rispetto alla media generale delle retribuzioni, guadagnano di più”, fa sapere Anitec-Assinform.
Le soft skill e la formazione
Un altro dato su cui riflettere è quello legato alle soft skill, che sono sempre più richieste: capacità comunicative, team management, problem solving, proattività e gestione dello stress, solo per citarne alcune. E ancora il tema della formazione perché, se è vero che la maggior parte dei diplomati Ict trova lavoro entro sei mesi dalla chiusura del percorso scolastico, è altrettanto vero che si tratta di “bassa qualificazione” e che c’è necessità di laureati in questo settore. Nel 2019 ne mancavano oltre 5 mila ma il trend pare peggiorare: “Per il triennio 2019-2021 si prevedono fra le 67.100 e le 94.500 richieste, mentre il sistema formativo ne fornirà meno di 82.000, di cui due terzi diplomati e un terzo laureati”, è il dato che emerge dall’Osservatorio. Insomma, il totale è in crescita ma i diplomati sono troppi rispetto ai laureati, benché questi ultimi siano in aumento, soprattutto per ciò che riguarda la laurea triennale. Sarebbe importante – secondo quanto emerge dall’Osservatorio – eliminare lo scoglio del numero chiuso e al contempo sensibilizzare i giovani a orientarsi verso le discipline digitali. “Sono in crescita per le lauree ICT i focus su big data e data science (49% dei corsi con copertura medio-alta) e sicurezza informatica e cybersecurity (56% dei corsi con copertura medio-alta) – si legge nel report dell’Osservatorio – Tra i corsi censiti su intelligenza artificiale, oltre il 64% ha una copertura medio-alta delle tematiche, mentre per IoT fra i corsi censiti almeno il 25% tratta in maniera abbastanza approfondita la materia. Resta limitata l’offerta formativa di insegnamenti in area cloud computing (24% dei corsi con copertura medio-alta)”.
Le priorità delle aziende
Dalle interviste fatte emerge la necessità di rafforzare le competenze del personale docente e di comunicare che le professioni più qualificate aumenteranno, mentre quelle meno qualificate potranno essere sostituite da macchine intelligenti. Importante, poi, rafforzare le skill dei dipendenti e moltiplicare le esperienze di apprendistato. Sul versante della formazione post diploma di scuola superiore, sarebbe opportuno indirizzare verso gli Its i ragazzi che abbandonano i corsi di laurea Ict, oltre che studiare percorsi trasversali.