Parental policy: il caso Danone
Affonda le radici nel 2011 – e in Italia – la genesi dell’attuale Global parental policy gender neutral di Danone a livello internazionale. Ne parliamo con la sua fautrice principale, Sonia Malaspina, Direttrice Relazioni Istituzionali, comunicazione e sostenibilità Italia e Grecia e autrice del libro “Il congedo originale”
Danone, una realtà da 100 mila dipendenti nel mondo, ha oggi una parental policy che è gender neutral e che ha il marchio del made in Italy. Il nuovo paradigma legato alla genitorialità, infatti, è nato in una delle aziende del gruppo, Mellin, dalla volontà di Sonia Malaspina, da settembre 2023 direttrice Relazioni Istituzionali, comunicazione e sostenibilità Italia e Grecia della multinazionale e precedentemente HR Director South East Europe. Malaspina è infatti convinta che maternità e paternità siano occasioni che restituiscono all’azienda professionisti migliori, e i dati sembrano darle ragione. Ecco la nostra intervista.
Dal progetto Mellin alla Global Parental Policy gender neutral di Danone: quali sono stati i principali ostacoli e i momenti di svolta nel portare avanti una trasformazione così ambiziosa?
“Abbiamo iniziato un percorso lanciando le politiche a supporto della genitorialità nel 2011 all’interno dell’azienda, anzi all’interno di una delle aziende che facevano parte del gruppo Danone, Mellin, poi esteso a tutte aziende del gruppo Danone in Italia e progressivamente a tutte le divisioni e le aziende di Danone presenti nel mondo.
Nel 2011 parlare di maternità nei luoghi di lavoro era considerato un tabù. A distanza di 14 anni possiamo dire che le cose sono cambiate oggi, anche per effetto dell’esperienza traumatica della pandemia e del costante crollo delle nascite, c’è una maggiore consapevolezza sulla tematica della genitorialità e del ruolo che possono svolgere le aziende a supporto dell’occupazione femminile e di conseguenza della natalità. Sì, perché i dati Istat ci dicono che nelle regioni in cui è maggiore l’occupazione femminile, maggiore è il tasso di natalità nel nostro Paese”.
Quali elementi della Parental policy hanno avuto l’impatto più significativo sulla cultura aziendale di Danone, sia in termini di inclusività sia di risultati di business?
“La Parental policy di Danone consiste in 10 regole a supporto della maternità e della paternità nei luoghi di lavoro dal punto di vista psico-affettivo, organizzativo, culturale ed economico. Un impatto significativo è stato l’introduzione di 5 giorni di paternità retribuita obbligatoria nel 2011 quando la legislazione ne prevedeva solo uno per i padri.
Oggi quei giorni sono diventati 20 a fronte dei 10 previsti dalla legislazione. L’obbligatorietà di quel congedo è stata importante per i padri che hanno potuto e possono usufruirne ma è stata importante anche per l’intera organizzazione perché ha normalizzato il fatto che la cura dei figli sia un compito che spetta alle madri quanto ai padri. Una più equa ripartizione dei compiti di cura aiuta a realizzare la parità di genere nei contesti organizzativi”.
In una sua intervista precedente ha citato il progetto MAAM per misurare le competenze sviluppate durante il periodo di congedo parentale. Può condividere alcuni dati chiave che dimostrano l’efficacia di questo programma?
MAAM Maternity as a Master è il titolo del libro che Riccarda Zezza scrive e pubblica nel 2014 e spiega come l’esperienza di cura possa sviluppare e accrescere competenze professionali cruciali. Con il team di Lifeed di Riccarda Zezza abbiamo misurato le competenze professionali delle persone prima e dopo il congedo e abbiamo riscontrato che effettivamente competenze come l’empatia, l’ascolto attivo, la gestione delle priorità e le capacità organizzative, per citarne solo alcune, si accrescono in maniera significativa durante l’esperienza della cura”.
Cosa prevedete, invece, in termini di caregiver policy?
“La caregiver policy lanciata nel 2020 si rivolge ai lavoratori che si occupano della cura dei fragili e delle persone anziane. È speculare alla parental policy e si fonda sugli stessi quattro pilastri: supporto psico-affettivi, culturale, organizzativo ed economico”.
Smart working e flessibilità: come avete gestito l’implementazione di questi modelli prima della pandemia e quali insegnamenti avete tratto dall’esperienza durante e dopo il Covid-19?
“Già prima del Covid eravamo organizzati a lavorare per obiettivi con una policy di flessibilità e smart working. Quindi siamo andati in continuità. L’insegnamento tratto dall’esperienza della pandemia è stato una conferma del ruolo centrale delle persone all’interno dei contesti organizzativi dove non si può parlare di alte performance senza adottare politica di cura delle persone”.
In che modo Danone promuove la diversità e l’inclusione, e quali iniziative specifiche sono state messe in campo per supportare la parità di genere all’interno dell’azienda?
“Danone ha conseguito la certificazione per la Parità di Genere nel 2023 e ha iniziato un percorso di diffusione delle politiche a supporto della Parità di Genere (tra cui per esempio riduzione del divario salariale) anche presso tutta la propria Catena del Valore: 500 aziende italiane in gran parte piccole e medie aziende.
Nel febbraio 2024 Danone ha sottoscritto il Manifesto per la Parità di Genere nella Filiera Italiana promosso da Winning Women Institute che prevede il riconoscimento di una premialità in fase di gara per l’acquisto di beni e servizi ai fornitori che sono in possesso della certificazione. A oggi più di 30 aziende hanno sottoscritto il Manifesto insieme a una ventina di enti del terzo settore e persone fisiche che lo hanno sottoscritto e sono diventati ambasciatori del Manifesto”.
Guardando al futuro, sempre nella sfera del congedo parentale e nell’ambito del caregiving, quale pensa che sarà la prossima grande sfida per i responsabili HR in un contesto di continua evoluzione del mercato del lavoro?
“Guardando al megatrend demografico penso che l’invecchiamento della popolazione e la contrazione delle nascite siano le due grandi sfide per i responsabili HR che si trovano a mediare tra i bisogni delle persone e i bisogni organizzativi. Quindi lavorare sulla longevità e il miglioramento delle condizioni di vita delle persone al lavoro è – e sarà – la leva di ingaggio delle persone e delle aziende”.
Nel suo libro Il congedo originale, scritto insieme a Marialaura Agosta, lei sottolinea la necessità di andare oltre il semplice rispetto delle normative sul congedo parentale per abbracciare una vera cultura della cura nelle aziende. Quali sono, a suo avviso, le azioni più concrete e immediate che le imprese possono adottare per trasformare la maternità (e la paternità) da potenziale ostacolo a un’opportunità di crescita personale e aziendale?
“Una regola semplice a zero costi è accogliere una mamma, un papà o un caregiver in azienda dopo un periodo di congedo valorizzando quel momento non solo dal punto di vista personale, ma anche organizzativo ed economico: è un professionista migliore. Questa semplice azione ha un effetto enorme in termini di ingaggio delle persone e un tassello di attuazione di quella sostenibilità sociale così necessaria per affrontare il futuro”.