Orario flessibile alla prova dei fatti: il caso Gd
La rimodulazione del tempo lavoro mira ad attirare nuove leve, allergiche a orari fissi, ma ha suscitato non poco dibattito. Sul tavolo temi quali la responsabilizzazione del lavoratore e il relativo compenso
Dalle parole, ai fatti.
Dopo mesi di trattative tra azienda e sindacati, nel quartiere generale di Gd-Coesia – numero uno al mondo nel packaging di sigarette, con 1,6 miliardi di euro di fatturato e 6.500 collaboratori, di cui 1.850 a Bologna – è partita la sperimentazione per 6-8 mesi dell’orario flessibile di lavoro fai-da-te, all’interno della fascia 7-19. In pratica la possibilità per il lavoratore di decidere come costruirsi il turno (che deve restare di 8 ore) nell’arco della giornata. La rimodulazione del tempo di lavoro ha coinvolto, per ora, 100 dipendenti, cui dovrebbero seguire altri 575 che lo hanno richiesto. Dal mese di luglio la sperimentazione sarà estesa a tutti i volontari, sempre all’interno del quartier generale bolognese.
Ma la novità non è stata “indolore”.
L’accordo integrativo con le nuove modalità di lavoro 4.0 sottoposto al referendum dei lavoratori è passato, lo scorso ottobre, solo per pochi voti di scarto: 735 sì e 708 no. E ha decretato per la prima volta nello stabilimento una “guerriglia” sindacale tra Fim, Fiom e Uilm, favorevoli al contratto integrativo, da una parte, e l’Usb (Unione sindacale di base), contraria, dall’altra. In particolare l’Usb chiedeva paletti più rigidi nel modulare i nuovi orari, ma anche premi di risultato più ricchi, proporzionali ai risultati aziendali.
La rimodulazione del tempo di lavoro mira ad attirare i giovani tecnologi 4.0 di cui Gd è affamata e che sono allergici agli orari fissi.
È anche vero che la flessibilità si traduce in maggiori responsabilità per il dipendente ed è proprio su questo punto che si concentrano le critiche di una parte del sindacato.
“Non è stato previsto un contraltare a livello economico – ha sottolineato Sergio Bellavita, coordinatore industriale per l’Usb – così come si sottovalutano le conseguenze sulle imprese collegate: il nido aziendale del Mast (centro polifunzionale adiacente alla fabbrica Gd, ndr) dovrà garantire il servizio fino alle 19 e le maestre hanno già aperto una vertenza. E quando la flessibilità diventerà strutturale e la fabbrica si dovrà organizzare su 12 ore di piena operatività ci saranno problemi e costi enormi per la stessa azienda, non solo per i lavoratori”.