Middle manager, un ruolo in evoluzione
La nuova centralità dei quadri, o middle manager, e la necessità di una formazione che accresca le soft skills: è quanto emerge dalla ricerca presentata lo scorso 8 maggio da Quadrifor con il supporto scientifico di Doxa
Come è cambiato il ruolo del middle manager sotto la spinta della trasformazione digitale del mondo del lavoro e della diffusione di nuovi modelli organizzativi?
È per indagare e osservare da vicino questo cambiamento che Quadrifor – l’Istituto Bilaterale per lo sviluppo della formazione dei Quadri del Terziario – ha realizzato, col supporto scientifico di Doxa, la ricerca “Evoluzione del ruolo dei quadri e nuovi fabbisogni di competenze” i cui risultati sono stati presentati l’8 maggio a Roma.
Così Roberto Savini Zangrandi, direttore Quadrifor, spiega a HR Link le ragioni della ricerca: “La nostra missione è contribuire a far crescere la cultura manageriale nel nostro Paese e rendere le imprese più competitive attraverso la formazione, ossia attraverso lo sviluppo delle conoscenze e delle competenze dei middle manager. Per fare questo nel modo migliore dobbiamo studiare e avere occhi, orecchi e naso su ciò che accade nel mondo del lavoro e su ciò che è prevedibile accada nel prossimo futuro”.
La ricerca si è avvalsa di due tipi di indagini: una quantitativa su un campione di 1.020 quadri (degli oltre 60 mila iscritti a Quadrifor) e 791 imprese (delle oltre 12 mila iscritte) realizzata attraverso questionari on line, e una qualitativa, realizzata successivamente, che si è posta come obiettivo l’approfondimento dei risultati ottenuti e che si è avvalsa di interviste individuali a società di formazione, interviste face to face a 12 direttori HR e focus group con direttori HR e responsabili della formazione.
Ciò che è emerso dall’imponente mole di dati raccolti, innanzitutto, è la crescente centralità dei middle manager nei processi lavorativi e nelle responsabilità all’interno delle imprese.
Un ruolo sempre più strategico che le stesse aziende riconoscono ai quadri:
per il 31% di quelle intervistate, i middle manager sono “importanti per la definizione delle strategie”,
per il 57% “determinanti per il raggiungimento degli obiettivi di performance”,
per il 58,8% “necessari al buon funzionamento dell’impresa”.
Gli stessi middle manager hanno questa percezione di sé: il 40,7% degli intervistati ritiene infatti che quello del quadro sia un ruolo di responsabilità e che le differenze con il ruolo del dirigente siano sfumate.
“Secondo l’Istat tra il 2009 e il 2016 i dirigenti nel nostro Paese sono diminuiti del 16% e i quadri solo dell’1,9%. Dunque, in aziende sempre più complesse per effetto delle innovazioni digitali e con meno dirigenti, i quadri si sono trovati a gestire quel delta di responsabilità e a fare cose che prima non gli venivano chieste. Non più solo cinghia di trasmissione tra la direzione strategica e l’operatività, ma chiamati a contribuire alla formulazione della strategia aziendale”, spiega ancora il direttore di Quadrifor.
Inoltre i middle manager si configurano sempre di più come dei people manager, con il compito di gestire persone: dalla rilevazione è emerso che il 73,2% dei quadri è direttamente responsabile di un team di collaboratori. Continua Savini Zangrandi: “Questo ruolo li pone ancora di più al centro del cambiamento, poiché con l’affermarsi di modalità quali lo smart work e il virtual team il middle manager si troverà sempre più a gestire persone che non sono fisicamente in azienda e diventerà fondamentale lavorare per obiettivi e con nuove dinamiche relazionali. Si configura così un nuovo modello di leader, adattivo, aperto al confronto, alla condivisione delle conoscenze e alla collaborazione interna ed esterna all’impresa”.
Questo nuovo ruolo richiede competenze diverse: sempre di più i quadri avvertono la necessità di acquisire “strumenti” per migliorare la consapevolezza di sé.
“A Quadrifor oggi viene richiesto essenzialmente di fornire soft skills: mindfulness, self-awarness, resilienza, gestione delle emozioni. I quadri hanno compreso che ciò che fa la differenza nel business non sono tanto le competenze tecniche che si reperiscono facilmente sul mercato, ma le competenze soft: in primo luogo comprendere il senso di quello che si fa e poi la capacità di fare squadra, aprirsi, ascoltare e motivare”, conclude Savini Zangrandi.