Matilde Marandola: le parole-chiave del mercato del lavoro
La presidente di AIDP – Associazione Italiana per la Direzione del Personale – dopo la recente partecipazione a Officina Risorse Umane, illustra in un’intervista le tematiche più attuali nell’agenda dei direttori HR
Inclusività, welfare, ma anche tecnologia e settimana corta: sono numerosi e tutti di grande rilevanza i temi che, secondo Matilde Marandola – presidente di AIDP, Associazione Italiana per la Direzione del Personale – dovranno affrontare i direttori HR e le istituzioni nei prossimi mesi. . In questa intervista ci illustra i principali.
Di recente ha partecipato all’edizione 2024 di Oru: quali tematiche rilevanti sono emerse?
“Le tematiche emerse durante l’edizione 2024 di Officina Risorse Umane sono state molteplici e hanno affrontato diversi aspetti del mondo HR. Si è parlato di organizzazione aziendale, labor governance e della necessità di semplificare e snellire i processi amministrativi. Un altro tema centrale delle due giornate è stato sicuramente il welfare aziendale, con un focus particolare sulle soluzioni di previdenza complementare. Un aspetto particolarmente rilevante dell’edizione 2024 è stato l’approfondimento sulle competenze necessarie per il futuro del lavoro. Posso dire con certezza che non ci siamo affatto annoiati!”
In un’intervista rilasciata proprio durante Oru, Lei ha citato diverse parole-chiave, tra le quali anche inclusione e diversità: cosa auspica in questo ambito per il mondo delle risorse umane italiano?
“Queste tematiche stanno davvero ricevendo molta attenzione e, come AIDP, ci stiamo impegnando affinché diventino azioni concrete per lo sviluppo nelle organizzazioni. Qualche tempo fa è emerso un dato sconcertante dalla Commissione Europea circa il pay gap tra uomini e donne. Secondo l’analisi, le donne lavorano “gratis” per circa un mese e mezzo all’anno rispetto ai loro colleghi uomini (in generale in media guadagnano il 12,7% in meno rispetto agli uomini, una disparità pari, per l’appunto, a un mese e mezzo di lavoro all’anno non retribuito rispetto ai colleghi uomini). Nel contesto italiano, mi aspetto una riconsiderazione del concetto di ‘inclusione’ che abbracci tutti gli aspetti fondamentali della persona come il genere, l’orientamento sessuale, il background culturale, le diverse abilità e, come stiamo vedendo sempre più di frequente, l’età. In generale non va tralasciato nessun aspetto nella gestione delle diversità”.
Uno dei temi pressanti è sicuramente quello tecnologico, in particolar modo per quanto riguarda l’intelligenza artificiale: qual è l’impatto che sta avendo (e che potrebbe ulteriormente avere) sul mondo del lavoro e come devono “attrezzarsi” i direttori delle risorse umane?
“Sicuramente l’impatto dell’AI sul mondo del lavoro è significativo. Non solo perché stanno nascendo nuove figure specificatamente dedicate all’AI (AI Product Manager, AI Engineer, e così via) ma soprattutto perché stanno cambiando le richieste del mercato in termini di competenze necessarie per definire una professionalità completa.
Le competenze digitali risultano essere infatti tra le più richieste dalle organizzazioni per scegliere le persone da selezionare. Inoltre, tali competenze digitali risultano essere anche uno strumento per avvicinare i più giovani, che sono attratti dalla possibilità di svilupparle rapidamente all’interno dei contesti organizzativi. Anche il World Economic Forum, nella sua ricerca sulle competenze maggiormente richieste per i lavoratori nel 2025, ha identificato fra le prime 10 posizioni l’uso della tecnologia (settima posizione) e progettazione e programmazione tecnologica (ottava posizione). Penso che i direttori delle risorse umane debbano cercare di mostrare prima di tutto un atteggiamento aperto rispetto all’intelligenza artificiale e adottare, a partire dai gestionali HR, strumenti tecnologicamente avanzati”.
A livello invece di proposte normative, in quali ambiti dovrebbero intervenire con maggior urgenza le istituzioni e con quali misure?
“Le richieste a livello normativo sono molteplici e complesse. In primo luogo, è fondamentale instaurare un dialogo continuo e costruttivo con associazioni come la nostra. Inoltre, è necessario intervenire per trasformare il sistema della formazione in uno strumento reale di sviluppo, in grado di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro. Infine, credo che sia imprescindibile un intervento normativo nelle Pubbliche Amministrazioni, con particolare attenzione alla valorizzazione delle competenze trasversali nelle procedure di selezione. Sebbene siano stati fatti alcuni passi in questa direzione, è essenziale inviare un segnale chiaro e forte sull’importanza delle soft skill in tutte le organizzazioni, pubbliche e private”.
Nel 2025 flessibilità, secondo Lei, farà ancora rima con smart working?
“Credo proprio di sì, nonostante alcune organizzazioni abbiano fatto dei passi indietro significativi rispetto a questo aspetto, non penso che sarà facile (e vantaggioso) per tutte le aziende rinunciare allo smart working.
Credo e spero ci si avvicini sempre di più alla settimana corta, dato che, dalle differenti sperimentazioni nazionali, è emerso quanto sia vantaggiosa in termini di benessere lavorativo e di raggiungimento di obiettivi qualitativamente significativi. In Gran Bretagna, per esempio, alcune aziende hanno iniziato questa sperimentazione già nel 2022, decidendo di continuare anche nel corso del 2023 e 2024, registrando un aumento del benessere del 39%, una diminuzione del 57% del tasso di turnover e un lieve incremento della marginalità rispetto agli anni precedenti”.