Manager e business d’impresa crescono con il coaching
L’esigenza di avere interventi formativi personalizzati e con sessioni temporali anche di poche ore al giorno e ben distribuite nel tempo è sempre più sentita. Il coaching è il metodo più adatto a rispondere a queste esigenze e a far sviluppare capacità di leadership adeguate ai nostri tempi. Ce ne parla Emilio Rago di Tack TMI Italy
Il mercato del coaching cresce da anni a doppia cifra, i manager lo considerano determinante per lo sviluppo delle proprie competenze e prestazioni. Nelle imprese c’è molta sensibilità al tema. Quali sono le ragioni? Perchè il coaching può essere preferibile ad altre tipologie di interventi formativi? Ne abbiamo parlato con Emilio Rago, Ph.D, Chief Learning Officer di Tack TMI Italy.
Perchè fare ricorso al coaching?
In premessa le dico che nel 2019 abbiamo completato una indagine sui metodi di formazione e sviluppo dei manager, fatta da noi e dalla nostra capogruppo Gi Group, con il coinvolgimento di oltre 200 Hr manager e più di 400 manager d’impresa. Dall’indagine è emerso che sempre più, soprattutto tra i senior manager, c’è una forte esigenza di personalizzazione dell’intervento formativo, di concentrazione dei tempi anche con sessioni distribuite di poche ore al giorno nella sede dell’azienda, di necessità di apprendere dalla pratica e dall’esperienza, mettendo a terra un piano di azioni concrete. Tra i diversi metodi, il coaching è quello maggiormente adatto a rispondere a queste esigenze ed è più efficiente in termini di risultati per il coachee. Inoltre tra il coach, che non dà suggerimenti, e il coachee si innesca spesso una dinamica di confronto che aiuta a maturare una maggiore consapevolezza delle questioni che si affrontano e a delineare le strategie più adatte. In pratica si azzera il gap del trasferimento della formazione dall’aula al contesto lavorativo.
È questo il valore aggiunto del coaching?
Sì, è anche questo. Infatti, il coach opera nella realtà del contesto lavorativo e aiuta il manager a fare le cose che può, con i limiti e le risorse che si hanno a disposizione in quel momento. È una attività totalmente calata nella realtà.
Da dove inizia l’attività di coaching?
Il punto di partenza è l’analisi del fabbisogno fatta con il committente aziendale, che non è sempre il destinatario dell’intervento. In una riunione successiva con il committente e il cliente finale (il manager) si definiscono gli obiettivi in base alle aspettative dell’azienda e le soggettività del cliente, e il programma di coaching.
In cosa consiste un programma di coaching?
Partendo dagli obiettivi condivisi col cliente (prevalentemente legati al business aziendale, alla carriera, al miglioramento delle prestazioni) si pianificano le sessioni di coaching, personalizzate sui tempi e i luoghi del cliente; sessioni che si chiudono sempre con un piano di azione, palestre di allenamento e criteri di auto-monitoraggio e apprendimento dall’esperienza lavorativa.
Chi sono i vostri coach?
Noi operiamo solo con coach che abbiano almeno una certificazione internazionale, ICF, EMCC o equivalente. Poi chiediamo requisiti di esperienza o pratica lavorativa: selezioniamo coach con molti anni di esperienza, persone che hanno messo le “mani in pasta” sulle problematiche per le quali è richiesto l’intervento, per avere credibilità agli occhi del cliente.
Chi ha bisogno di coach? Piccole imprese, grandi realtà, attività o settori particolari…
Al netto del mio giudizio di parte, essendo un executive coach e anche un coachee, direi che tutti hanno bisogno del coaching perchè è una attività di ascolto, di consapevolezza, di crescita e miglioramento personale e professionale del manager, soprattutto dei manager Millennials, che richiedono molto feedback. Oggi il leader non è più quello autoritario che dà ordini, ma quello empatico in grado di ascoltare, coinvolgere, condividere, comunicare e creare relazioni: il coaching aiuta molto ad affinare queste caratteristiche, con il presupposto della coachability…
Cioè?
Gli interventi hanno maggiore efficacia se la persona che riceve il coaching ha predisposizione all’ascolto e a lavorare su di sè. Ma, concludendo la risposta precedente, notiamo che ci sono settori o classi di management che lo richiedono più di altri.
Ad esempio?
Gli Executive, per gli aspetti di visione, strategia, gestione delle relazioni istituzionali e dei media. I senior manager, soprattutto per aspetti organizzativi, di leadership e di relazione e gestione dei collaboratori. Il coaching sta diventando sempre più richiesto anche tra alcune categorie di professional, come i consulenti finanziari-assicurativi che gestiscono reti, territori o filiali. I consulenti, gli agenti, gli area manager sono figure professionali che hanno necessità sia di migliorare le competenze specialistiche (di ruolo), sia quelle imprenditoriali e manageriali. Il coaching, inoltre, sta diventando sempre più uno strumento, un fringe benefit, di accelerazione di carriera per i talenti. Il coaching è un intervento di sviluppo che può risultare decisivo nei momenti delicati del ricambio generazionale, soprattutto per le PMI padronali (family business coaching). Come pure il business coaching può influenzare fortemente il decollo e lo sviluppo delle startup.
È una attività richiesta dalle imprese e dagli hr manager oppure prevalgono ancora modelli di formazione tradizionale?
È una attività in grande sviluppo, il mercato cresce in modo rilevante ogni anno. In Italia c’è ancora un grande potenziale di crescita. Ma, oltre al dato puro di mercato, si sta sviluppando la cultura del coaching nelle organizzazioni. Con questo quadro non si fa fatica a dire che c’è una grande sensibilità sull’importanza di questa modalità di formazione, soprattutto tra i manager che ne riconoscono l’efficacia per lo sviluppo delle competenze e delle prestazioni professionali.