Niente cash, alla Lundbeck il premio di risultato è solo welfare e servizi
L’innovativo accordo integrativo che è piaciuto agli addetti italiani della multinazionale danese del farmaco: mediamente giovani e in maggioranza donne. I benefit si scelgono su un portale dedicato e ogni dipendente può crearsi il proprio pacchetto, in base alle proprie necessità. Il welfare aziendale è in crescita e i benefit richiesti sono i più disparati: c’è anche il movimento di coloro che vogliono la possibilità di portare il cane al lavoro
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Da una semplice erogazione in denaro, il premio di risultato nei contratti di secondo livello si è via via trasformato in una somma di bonus e riconoscimenti di varia natura, con il mantenimento di una quota significativa di “cash”. Questa tradizione dell’integrativo è stata completamente ribaltata alla Lundbeck, multinazionale danese del comparto farmaceutico: il premio di risultato è fatto di solo welfare e servizi e i dipendenti – anzianità media 43 anni e in prevalenza donne – hanno apprezzato, approvando a larghissima maggioranza l’accordo in materia. Una verà novità per l’Italia e una impostazione che non a caso è venuta da una azienda con un management team composto completamente da donne (tranne l’amministratore delegato).
Nel dettaglio:
al raggiungimento degli obiettivi di fatturato e redditività, e tenendo conto anche delle assenze fatte nell’anno di riferimento, il premio di produttività potrà essere riscosso solo in benefit non monetari: scuola, baby sitter, mutuo casa, viaggi, formazione e altri servizi legati al benessere del personale o dei loro familiari. Saranno direttamente i singoli lavoratori, una volta raggiunto e determinato il premio, a scegliere – su un portale web dedicato – il pacchetto welfare/servizi più adatto alle proprie esigenze. Una scelta di personalizzazione pensata allo scopo di dare risposte alle diverse esigenze, diversificate in base all’età o all’area geografica di riferimento.
“Abbiamo deciso di scommettere su un vero e proprio cambio culturale – ha spiegato al Sole 24 Ore Raffaella Maderna, direttore Hr – L’età media del nostro personale è intorno ai 43 anni e l’offerta di beni e servizi di welfare è stata tarata proprio in funzione degli aspetti socio-demografici della forza lavoro: un’età in cui, normalmente, ci si apre a un’esperienza familiare e c’è quindi più necessità di conciliare vita privata e ufficio”.
La scelta fatta alla Lundbeck sarà pur “radicale” ma è una conferma ulteriore del valore sempre crescente del welfare aziendale e dei benefit non monetari e del loro appeal tra i lavoratori.
Si tratta di benefit di vario tipo, tra i quali c’è anche la possibilità di portare il proprio cane in ufficio. A sostegno di questo benefit è nata la Pets at Work Alliance, promossa da Purina. Il tema è stato discusso nel seminario Welfare & Workplace: il benessere aziendale parte dai luoghi di lavoro, in cui si sono confrontate le esperienze di diverse grandi aziende italiane e non e in cui è stata presentata un sondaggio sui cani in ufficio, condotto tra i pet lover della community Petpassion. Il 34,5% di loro ha dichiarato di andare in ufficio in compagnia del cane, e di questi il 26% lo fa spesso. Il 70% di chi invece non porta il pet nei luoghi di lavoro, si dichiara favorevole a questo tipo di iniziative. Per i pet lovers che iniziano la giornata lavorativa insieme all’amico a quattro zampe, i benefici sono evidenti: il 41% dichiara di lavorare meglio e di sentirsi meno stressato.