L’opportunità del Fondo Nuove Competenze
Uno strumento che permette alle imprese di riqualificare le competenze del personale interno, rimborsando integralmente il costo del lavoro per le ore dedicate alla formazione. Occasione di svolta per la ripresa post pandemia. Ne abbiamo parlato con Irene Vecchione, amministratrice delegata di Tack TMI Italy.
Il Fondo Nuove Competenze è un fondo pubblico, nato per contrastare gli effetti economici dell’epidemia Covid-19. Permette alle imprese di adeguare le competenze dei lavoratori, destinando parte dell’orario di lavoro alla formazione. Il costo del lavoro del personale in formazione è rimborsato dal fondo. Una grande opportunità per le imprese che hanno bisogno di fare reskilling, ancora più grande dopo l’accelerazione impressa dalla pandemia, e anche un’opportunità in termini di occupabilità per le persone. Ne è convinta Irene Vecchione, amministratrice delegata di Tack TMI Italy, il brand globale di Learning & Development di Gi Group, la prima multinazionale italiana del lavoro. Tack TMI ha predisposto un proprio piano di accompagnamento delle imprese nell’accesso al fondo, sia per la parte relativa al progetto formativo sia per la gestione amministrativa delle pratiche.
Intanto un riferimento di contesto sul Fondo Nuove Competenze. Quali sono le sue specificità?
Si tratta di un’iniziativa aperta a tutte le imprese, nessuna esclusa, nel contesto della pandemia. Prevede lo stanziamento di 730 milioni di euro con lo scopo di arricchire o diversificare le competenze dei dipendenti alla luce dei cambiamenti portati dalla pandemia e a supporto della trasformazione che le imprese hanno dovuto affrontare e stanno ancora affrontando.
Qual è l’idea di base da cui nasce il Fondo?
Consentire alle imprese di valorizzare il capitale umano già presente in azienda, dotarlo di nuove competenze, invece di rivolgersi al mercato. C’è un obiettivo di tutela e protezione delle persone già impiegate e di sviluppo della loro employability, sia interna che esterna.
È un processo conveniente?
Sì, la riqualificazione del personale interno può essere meno costosa rispetto ad altre operazioni. Con il Fondo Nuove Competenze è ancora più conveniente.
Voi come vi collocate dentro questo scenario? Qual è la vostra proposta?
Siamo esperti di formazione, che è il nostro lavoro, ma siamo anche esperti di finanziamenti, in particolare per lo sviluppo d’impresa. Abbiamo un team dedicato alla consulenza alle aziende su formazione e accesso ai fondi: nel caso specifico, supportiamo le imprese nell’impostazione del piano per l’accesso al Fondo e, successivamente, nella gestione di tutto il complesso processo che va dalla presentazione dell’istanza, alla redazione del progetto formativo con le motivazioni che stanno alla base delle necessità di trasformazione e innovazione, all’accordo sindacale obbligatorio, allo svolgimento della formazione, fino alla rendicontazione delle attività e all’attestazione delle competenze. Dall’esperienza che abbiamo, notiamo che se le attività cui ho accennato non vengono presidiate in maniera coordinata si rischia di doverle ripetere, con notevole perdita di tempo.
Cosa direbbe a un imprenditore per convincerlo a utilizzare questa opportunità?
Semplicemente, farei l’esempio di un progetto che stiamo gestendo: azienda di circa 3.000 dipendenti, 2.000 di loro seguono un percorso di upskilling o reskilling per circa 100 ore pro capite, il contributo richiesto all’Anpal è stato di 6 milioni di euro (il 70% viene erogato non appena approvato il progetto, con un ovvio beneficio anche finanziario), la spesa per la formazione a carico dell’azienda è stata di 350 mila euro. Ma non è tutto: l’azienda può ottenere anche il finanziamento della formazione tramite l’accesso ai fondi interprofessionali. Insomma: a fronte della necessità di avere nuove competenze nell’organizzazione, c’è l’opportunità di creare un’operazione che porta grandi vantaggi a costo zero o con una spesa minima.
C’è questa consapevolezza nelle aziende?
Sul tema della formazione c’è grande sensibilità, è un tema nelle agende di tutti gli Hr. La formazione è una priorità ed è sempre più considerata strategica per il business, non se ne può fare a meno. L’unico modo che hanno le imprese per restare competitive nello scenario VUCA è lavorare sulle competenze delle persone, sull’agilità e sulla loro capacità di adattarsi a un contesto ancora in grande trasformazione. Sul Fondo Nuove Competenze c’è conoscenza, ma notiamo un certo scoramento di fronte alle maggiori complessità di accesso allo strumento, che è diverso da tutti gli altri.
Secondo lei, stando al merito della formazione, su cosa dovrebbero puntare le imprese?
Molte aziende stanno mettendo a terra il concetto di No-Regrets Skill Plan: cioè puntare su tutte quelle competenze, in gran parte soft, che saranno necessarie qualunque cosa succeda. Più in generale: tutto dipende dalla specificità della singola azienda, ma abbiamo registrato alcuni denominatori comuni tra i vari piani che abbiamo gestito. Ad esempio lo sviluppo di competenze digitali, dalle più complesse a quelle basiche, e il grande tema dell’agile project management, con la strutturazione di processi agili che consentono ai team, soprattutto a quelli che operano da remoto, di lavorare con la stessa o maggiore efficienza.