L’ignoranza è la vera questione morale del nostro tempo

‘Sotto il segno dell’ignoranza’ è il nuovo libro di Paolo Iacci. Una spietata analisi della nostra società, dominata da slogan, urla e tifoserie. Uno scenario che non mette al riparo le imprese e chi si occupa di gestione delle risorse umane. Ne abbiamo parlato con l’autore, presidente di AIDP Promotion e componente del Comitato Scientifico di HR Link.

Quando un uomo con un ragionamento incontra un uomo con uno slogan, l’uomo con il ragionamento è morto. Inizia con questa citazione ‘Sotto il segno dell’ignoranza, ultimo libro di Paolo Iacci, edito da Egea, con un’intervista a Umberto Galimberti. Iacci analizza in maniera spietata e profonda la fase che stiamo vivendo, dove vince chi urla, dove latita lo spirito critico, dove la competenza sembra aver un valore relativo. È un libro che dovrebbe aver l’effetto di scuotere l’opinione pubblica che sembra sempre più preferire il ring e gli spalti delle tifoserie al ragionamento pacato e di merito. Un lavoro in continuità con L’Età del paradosso e che lascia aperto uno spiraglio, perché ci fa notare alcuni segnali importanti da cui ripartire per far prevalere il ragionamento allo slogan. Paolo Iacci è presidente di Eca Italia, consulente di direzione e docente di Gestione delle risorse umane all’Università Statale di Milano. È inoltre presidente di AIDP Promotion e direttore scientifico del Master HR Executive del Sole 24 Ore. Lo abbiamo intervistato sul suo ultimo libro.

L’ignoranza oggi è una questione che riguarda la scuola o la società?

Oggi assistiamo a uno strapotere dell’ignoranza in tutti gli strati e i settori della nostra società. Si tratta della nuova questione morale del nostro Paese. Il “partito” degli ignoranti è trasversale, è a destra come a sinistra. Ma non è solo un problema del ceto politico. L’astio verso i tecnici e gli esperti è ormai culturalmente maggioritario nel Paese e impedisce la libera espressione del pensiero meritocratico. Una volta l’ignoranza era fonte di vergogna, oggi viene ostentata come se fosse un motivo di vanto.  Chi difende il merito e crede che la competenza sia un elemento fondamentale per coprire posizioni di vertice è costantemente sotto attacco. L’ignoranza è esibita e diventa sinonimo di schiettezza, onestà e vicinanza con i problemi delle persone.

Quali sono le cause di un fenomeno così preoccupante?

La prima causa è sicuramente un sistema scolastico palesemente inadeguato (pur con tutte le debite eccezioni), dimenticato negli ultimi decenni, gestito per lo più da insegnanti demotivati e genitori improvvidi. Un secondo motivo alla base del nuovo oscurantismo riguarda l’altro momento educativo per eccellenza, la famiglia. Il modello di famiglia tradizionale, di stampo paterno – normativo, ha fatto un passo indietro a favore di un modello materno – relazionale. Tradizionalmente il motto che vigeva era: “Prima il dovere, poi il piacere”. Ora “dimmi cosa preferisci, l’importante è che tu sia felice”. Teoricamente bellissimo, ma l’asticella si è abbassata, le aspettative sono state ridimensionate. Un terzo motivo riguarda l’avvento del digitale: da un lato la rete è un’opportunità di aggiornamento, comunicazione e crescita culturale come mai avevamo visto nella storia dell’umanità. D’altro lato, però, ha fornito un meraviglioso megafono a una moltitudine di imbecilli che interviene con toni sempre molto aggressivi.

Ignoranza e web, una miscela esplosiva

In rete quando un uomo con un ragionamento incontra un uomo con uno slogan, l’uomo con il ragionamento è morto. Il risultato è molto preoccupante. Basti pensare all’incredibile incidenza degli “analfabeti funzionali” nel nostro Paese. Secondo i dati Ocse si tratta di quasi un italiano su tre. Chi sono gli analfabeti funzionali? Mentre una persona completamente analfabeta non è in grado di leggere o scrivere, una persona funzionalmente analfabeta riesce a comprendere il significato delle singole parole, ma ha significative difficoltà nel comprendere la concatenazione di queste e il ragionamento sotteso. In genere, infatti, la persona sa leggere, ma non sa ripetere con parole sue quello che ha letto. Il concetto complessivo gli sfugge, soprattutto se di carattere astratto.

Magari proprio loro pensano però di sapere tutto…

Si tratta del cosiddetto “effetto Dunning-Kruger”, una distorsione cognitiva a causa della quale individui poco esperti in un campo tendono a sopravvalutare le proprie abilità, mentre persone davvero competenti hanno la tendenza a sottostimare la propria reale competenza. Spesso i più incompetenti sono anche i più supponenti e intolleranti. A questo si accompagna anche un altro fenomeno, il cosiddetto “effetto Flynn capovolto”. Per “effetto Flynn” s’intende l’aumento del quoziente intellettivo medio della popolazione nel corso degli anni. Dagli anni ’30 in poi si è notato che il QI della popolazione mondiale tendeva a migliorare progressivamente ovunque. A partire dagli anni ’90, il QI si sta ovunque abbassando. Questa inversione di tendenza è stata nominata “effetto Flynn capovolto”: rispetto al passato, stiamo diventando più stupidi.

In questo scenario, come si deve comportare chi si occupa di risorse umane? Quali errori evitare?

Nelle imprese, più che in qualsiasi altro ambito della vita collettiva, il merito è riuscito a mantenere una sua centralità. Gli effetti dei fenomeni che abbiamo appena descritto si sono comunque riverberati anche all’interno delle aziende. Dobbiamo quindi tenerne conto, ad esempio incrementando i budget e le ore di formazione. Nella logica del lifelong training, credo si dovrebbe ricominciare a investire nella formazione, in modo diffuso e con l’utilizzo di tecnologie su misura anche per chi ormai non è più abituato a leggere e al ragionamento astratto. La diffusione dell’effetto Dunning-Kruger, poi, ci deve indurre a ripensare alle modalità correnti di assessment, introducendo anche prove tecniche pratiche per l’attestazione delle reali competenze professionali possedute. Occorre, in una parola, reagire alla dittatura dell’ignoranza anche sui posti di lavoro.

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