Lgbt: istituzioni e imprese sempre più inclusivi, ma c’è ancora da fare
Intervista a Igor Suran, direttore esecutivo di Parks – Liberi e uguali, in occasione della presentazione dell’Lgbt diversity Index 2018: policy antidiscriminatorie sempre più diffuse. Riconoscimenti alle imprese e alle persone impegnate per la creazione di contesti inclusivi. La gestione della diversity ha effetti positivi sui risultati d’impresa
Cresce l’attenzione delle imprese italiane alle tematiche Lgbt: sono sempre più quelle impegnate nella creazione di contesti inclusivi e rispettosi della diversità. Lo testimoniano i dati della quinta edizione di Lgbt diversity index, promosso dall’associazione Parks – Liberi e Uguali: al questionario hanno risposto non solo privati, ma anche istituzioni universitarie e la Banca d’Italia. Dal questionario è emerso che il 64% delle imprese e istituzioni rispondenti ha una politica aziendale di non discriminazione formalizzata, che comprende sia l’orientamento sessuale che l’identità di genere. Otto aziende su 10 si sono adeguate alla legge Cirinnà, ma ancora solo il 54% riconosce la genitorialità sociale. (Qui la video infografica con tutti i dati dell’edizione 2018).
In occasione della presentazione dell’Index, sono stati anche assegnati i riconoscimenti di Parks e in questa edizione ad essere premiate non sono state solo le imprese (Accenture premiata per le grandi e Vector per le pmi): Parks ha scelto di premiare anche le figure di miglior alleato (Serena Chiama di Sky), miglior network Lgbt (ex aequo Pfizer e Ge&bhge) e miglior Lgbt role model (Arianna Forzani di Ibm).
Con Igor Suran, direttore esecutivo di Parks – Liberi e Uguali, abbiamo fatto il punto sull’inclusione lavorativa delle persone Lgbt.
Dal 2013 ad oggi, che evoluzione ha visto relativamente all’approccio delle imprese alle tematiche Lgbt?
Vedo un’evoluzione molto positiva evidenziata dalle rilevazioni che effettuiamo, non solo relativa alla quantità ma alla qualità delle azioni che le aziende mettono in campo per l’inclusione. Ci sono più risorse destinate alla pianificazione delle azioni inclusive.
Nell’edizione 2018 avete deciso di allargare la platea dei premiati: non solo azienda piccola e azienda grande ma anche altre figure. Perché questa scelta?
Abbiamo allargato il riconoscimento al “miglior alleato”, cioè una persona eterosessuale impegnata per l’inclusione, al “miglior role model”, una persona che ci ha messo la faccia e ha supportato altre persone Lgbt e infine abbiamo premiato il miglior network aziendale Lgbt. La decisione di allargare il riconoscimento è dovuta alla constatazione che tutte queste figure e reti –che nelle imprese sono in crescita – contribuiscono alla riuscita dei processi di piena inclusione. Semplicemente abbiamo voluto dare un riconoscimento alla loro importanza.
In generale, a che punto siamo in Italia? C’è ancora dibattito su questioni di cui non si dovrebbe nemmeno più parlare per la loro normalità?
Siamo sulla buona strada ma non siamo ancora in fondo alla parabola: prima di arrivare al momento in cui non se ne parlerà più, per la piena valorizzazione delle diversità, occorre che se ne parli ancora molto. La discriminazione c’è ancora, ed è un fatto di cui si occupano legali e associazioni preposte. Noi stiamo operando per il passaggio all’inclusione, valorizzando le realtà che creano situazioni e ambiente favorevoli.
Oltre che per l’aspetto etico/morale, perché un’azienda dovrebbe occuparsi dell’inclusione?
Intanto non sottovalutiamo l’aspetto etico-morale, che è il punto di partenza e che diventa sempre più importante per l’impresa e anche per i consumatori, attenti ai valori e non solo ai prodotti. Detto questo potrei citare l’enorme letteratura sui vantaggi strettamente aziendali di una positiva gestione della diversity: attrazione e retention di talenti, migliore gestione dei rapporti con la clientela, senza dimenticare che la diversità è alla radice dell’innovazione. Sul tema specifico Lgbt ci sono studi di Mckinsey e Accenture che confermano gli effetti positivi del diversity management.
Dal punto di vista legislativo, invece, cosa manca?
Basterebbe che la legislazione si adeguasse a quello che le aziende già fanno. I temi prioritari, semplificando all’osso la questione, sono questi: la genitorialità sociale e affettiva, l’attualizzazione della legge sulla transizione di genere (l’Italia è stata tra i primi ad averla ma non l’ha mai realmente adeguata) e l’approvazione di una legge contro l’omofobia e la transfobia. E certamente, il riconoscimento del matrimonio egualitario con il quale il nostro Paese si metterebbe alla pari di tanti altri Paesi con i quali l’Italia si confronta. Qualcun’altro potrebbe indicare altre priorità, ma già raggiungere questi obiettivi sarebbe un grande risultato per l’inclusione Lgbt nelle nostre aziende e nel nostro Paese.