Leadership 4.0, il punto di vista degli HRD
In attesa dell’appuntamento con Officine Risorse Umane, in calendario a Venezia dal 23 al 24 ottobre 2021, abbiamo chiesto ad alcuni degli HRD ospiti un punto di vista su smart working e modelli di leadership nel post pandemia. Ecco cosa ci hanno raccontato Peter Durante, CHRO Italgas, Andrea Arrighi, Human Resources & Organization Vice President di Lagardere, Matteo Butturi, Country HR Supply Chain & Industrial Relations Manager di Coca Cola, Matilde Marandola, presidente AIDP, Irene Vecchione, amministratore delegato di Tack TMI Italy, e Anna Gionfriddo, Manpower Brand Italy Director.
Ridurre le complessità, saper ascoltare e saper cambiare rapidamente. È indubbio che la pandemia abbia messo in discussione anche i modelli di leadership, ma le nuove competenze richieste alla classe manageriale non sono solo frutto dell’emergenza sanitaria. Il cambiamento era già in corso: saper accompagnare la propria organizzazione nella rivoluzione digitale e nel processo di smaterializzazione di risorse e competenze sembra un’attitudine sempre più irrinunciabile per un manager delle risorse umane.
«Sarebbe semplicistico – ci spiega Peter Durante, CHRO di Italgas – abbinare il cambio degli stili di leadership al Covid. Era un processo ampiamente in corso da anni, i veri driver erano già digitalizzazione e nuove forme di comunicazione. I canali di comunicazione diretta hanno de-filtrato e avvicinato il pensiero dei leader, si pensi a politici, artisti e sportivi a quello di noi tutti. Lo stesso è avvenuto per i capi-azienda, scrutati in ogni comunicazione e comportamento dai colleghi, i follower del mondo del lavoro». Le aziende si sono aperte e le organizzazioni hanno sempre meno perimetri chiusi, sempre meno gerarchie e pensieri unici. «I perimetri aperti – prosegue Durante – non sono controllabili, gli spazi perdono la loro fisicità e soprattutto la loro temporalità. Le squadre vanno indirizzate e non più guidate passo passo. L’uomo solo al comando è un concetto da archiviare, non conosco più capi azienda in grado di garantire che un loro input sia portato a compimento esattamente come pensato. Per fortuna la nostra cultura occidentale fa la sua parte e il dubbio, la reinterpretazione del pensiero, la volontà delle nuove generazioni di incidere nel processo, nei contenuti e nella execution, fa il resto. A un leader oggi è richiesto di indirizzare, in questa complessità: la visione, il purpose come di moda oggi, tiene assieme, ed è finalmente più forte di qualsiasi controllo, e soprattutto ne prescinde».
L’abbandono di una logica del controllo è al centro della nuova leadership anche secondo Matilde Marandola, presidente AIDP. «I modelli di potere del manager, le competenze basate sull’autorità, il tempo come variabile fondamentale della performance, lo spazio e i simboli del proprio ruolo di fantozziana memoria sono ormai da archiviare. In un momento sempre più caratterizzato da volatilità, incertezza, complessità e ambiguità si sta materializzando un nuovo modello di competenze. Un manager coach, un vero leader che ascolta, che sviluppa energia con gentilezza ed empatia, un manager facilitatore che riesce a tirare fuori potenzialità finora sopite. Lo spazio e il tempo non sono più cruciali. Quello su cui è importante focalizzarsi è invece il risultato, l’obiettivo ma anche la modalità con cui lo raggiungiamo».
«Una parte dei cambiamenti accelerati dalla pandemia è destinata a restare, con un forte impatto sui modelli organizzativi – aggiunge Anna Gionfriddo, Manpower Brand Italy Director – Uno dei più rilevanti è lo smart working, o meglio nuove forme miste di lavoro che integrano presenza e lavoro da remoto, come il lavoro ibrido. In ManpowerGroup crediamo che questo porti maggiore efficacia e generazione di innovazione, in un rinnovato concetto di integrazione fra lavoro e vita sociale in cui occorre essere sempre più elastici, flessibili e veloci nell’adattarsi, a tutti i livelli. Il punto centrale è l’assunzione di responsabilità manageriali più forti da parte del singolo individuo e maggiori capacità di delega e fiducia ai leader. Questo nuovo modello inoltre vede il luogo di lavoro come luogo di condivisione di valori, consapevoli che l’elemento sociale favorisce la conoscenza e l’abbattimento dei pregiudizi, agevolando la diversity e l’inclusion».
«Poiché sappiamo che il contesto è in continuo mutamento – prosegue Irene Vecchione, ad di Tack TMI Italy – i leader devono essere flessibili e adattabili. Ciò richiede un mindset disposto a cambiare rapidamente. Il leader deve prendersi cura di se stesso e dei suoi collaboratori: il futuro del lavoro richiede grande impegno e non possiamo essere efficaci se non stiamo al meglio mentalmente, fisicamente ed emotivamente. In azienda bisognerà dare priorità alle relazioni: la capacità di mantenere e sviluppare solide relazioni di lavoro ha un peso di gran lunga maggiore rispetto al passato e alle competenze tecniche».
«Il benessere della persona in ogni forma, la fiducia intesa come momento positivo per far sentire agli altri che possono raggiungere i propri obiettivi e vincere le loro sfide è quello che veramente ci aspetta – auspica Marandola – I manager fino a poco fa, e in alcune aziende ancora oggi, erano abituati a dare risposte, a fornire indicazioni, a volte comandi, a lavorare sulle procedure, pure importanti in alcune situazioni e in alcuni contesti, ma la vera sfida sarà invece porre domande, cercare di mettersi in discussione, essere empatici, aumentare il livello di consapevolezza sia dell’intera organizzazione che delle singole persone. Questo approccio consentirà all’azienda di essere sempre più luogo di cura e di attenzione. Il fatto che molte aziende siano diventate centri vaccinali rappresenta una metafora dell’azienda come luogo di supporto, l’azienda sta cambiando pelle. È tempo di abbandonare il linguaggio oppositivo, la voglia di affermare se stessi e le proprie opinioni e la rigidità di alcune affermazioni. Gli HR Manager dovranno aprire la strada verso una managerialità empatica, sorridente, positiva, in modo da far sentire la fiducia ai team che facilitano in modo virtuale e non».
Di relazioni basate sulla fiducia parla anche Andrea Arrighi, Human Resources & Organization Vice President di Lagardere: «É indubbio che la pandemia abbia avuto un impatto significativo su alcuni modelli organizzativi. Dico “alcuni” perché sono stati, certamente, fortemente impattate le organizzazioni dei servizi ma molto meno quelle dell’industria. Premesso ciò e delimitato il contesto – perché non è vero che oggi tutto è smart working – il cambiamento è indubbio, forzato dagli eventi ma ormai entrato nelle organizzazioni in maniera stabile. Non si tornerà più indietro. Lo chiederanno le persone, lo pretenderanno i giovani (anzi lo stanno chiedendo nelle fasi di selezione attuali) e i manager seguiranno». Eppure, ammette Arrighi, «i manager sono stati per la maggior parte forzati a questa scelta e domani, quando il modello si sarà stabilizzato, dovranno guidarla». Perciò saranno necessari sempre più «collaboratori autonomi, imprenditoriali, abili con le tecnologie, capaci di conseguire in periodi lavorativi più limitati i propri obiettivi. Nel contempo, le persone avranno bisogno di fiducia reciproca, perché sarà questo l’unico e solido architrave di una organizzazione non più basata sul modello del controllo fisico ma sul perseguimento degli obiettivi aziendali e personali con un approccio più imprenditoriale».
Ma non è solo la leadership a essere cambiata e a dover cambiare. «La trasformazione avviata, gioco forza, dalla situazione pandemica ha accelerato lo studio di un modello organizzativo più snello e reattivo – riflette Matteo Butturi, Country HR Supply Chain & Industrial Relations Manager di Coca Cola – Nella “new ways of working era” è chiaro come il processo di digitalizzazione abbia bisogno di completarsi con l’evoluzione della classe lavorativa, un nuovo modello organizzativo in cui la relazione partecipativa possa incontrare le abitudini delle nuove generazioni e dove i livelli organizzativi attuali dovranno ridursi a tutto vantaggio della ripartizione delle responsabilità, dell’incremento dell’autonomia individuale e dell’assunzione d’iniziativa. Una struttura più agile ma ugualmente ricca di idee, più reattiva e flessibile. Ma, al contempo, non si dovranno abbandonare del tutto gli spazi lavorativi che, invece, andranno ripensati in modo da adeguarli alle nuove esigenze relazionali quali nuovi incubatori di idee e di confronto». Ad un altro livello, quello dei policy makers, «è evidente sia necessario un forte impegno nella predisposizione di una normativa adeguata, che miri alla piena garanzia del work-life balance e aiuti il sistema con tutele rinforzate come il diritto alla disconnessione, l’adozione di orari di lavoro più flessibili e l’attuazione di politiche di leadership digitali».
Del resto, conclude Irene Vecchione, ad di Tack TMI Italy, «La leadership è cruciale durante questa fase di transizione e oggi più che mai bisogna sapersi mettere in discussione e sfidarsi su nuovi e inesplorati terreni».