Lavoro e impresa, è il momento della ragionevolezza

L’analisi del professor Riccardo Del Punta sui provvedimenti del governo per la gestione dell’emergenza coronavirus: dal lavoro agile alla cassa integrazione. “Non è il momento del rigore applicativo, serve buonsenso. Mi piacerebbe che nel futuro ci portassimo dietro lo spirito di collaborazione di questi giorni, sarebbe un capitale importante per l’Italia”.

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Riccardo Del Punta è professore ordinario di Diritto del Lavoro all’Università di Firenze e avvocato giuslavorista. Il suo è un osservatorio privilegiato sui cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, che hanno avuto una forte accelerata con i provvedimenti del Governo per limitare la diffusione del coronavirus.

Il  fenomeno più evidente è quello che va sotto il titolo di smart working, cosa sta succedendo nel mondo del lavoro?

Con molta fiducia nel futuro e volendo vedere il bicchiere mezzo pieno di questa situazione difficile, possiamo dire che si sta provando a fare di necessità virtù. Sta crescendo l’abitudine allo smart working, un’esperienza che credo rimarrà come patrimonio acquisito e che faciliterà il ricorso a questa modalità di lavoro anche quando sarà finita l’emergenza. In molti casi non è un vero e proprio smart working ma ci sono invece anche situazioni molto strutturate, che del resto sono la prosecuzione di esperienze precedenti. In ogni caso, potrebbe venirne fuori del buono…

Una frustata dovuta all’emergenza e all’allargamento anche a realtà che non avevano particolare necessità di lavoro agile…

Si. Ad esempio nel mio studio professionale abbiamo fatto ricorso allo smart working, assicurando la prosecuzione dell’attività e la continuità del lavoro. Ma gli esempi possibili sarebbero ovviamente tantissimi, sino alle amministrazioni pubbliche dove lo smart working è stato introdotto in modo generalizzato. Tra l’altro, la legge prevede che si possa lavorare anche con il proprio computer, se non c’è in dotazione quello aziendale: mi è capitato un caso di un lavoratore d’accordo a fare smart working ma che si rifiutava di voler usare il proprio pc… non mi pare proprio il momento giusto per giustificare questo rifiuto.

Come impatterà questa situazione sul futuro del lavoro?

Al momento è francamente difficile dire quando la situazione tornerà alla normalità… Sì, a voler essere ottimisti, può darsi che ci porteremo dietro alcuni miglioramenti. Penso soprattutto allo spirito di collaborazione reciproca, dimostrata ad esempio da quegli imprenditori che stanno facendo di tutto per proseguire l’attività – ove consentito – e garantire il trattamento retributivo ai loro dipendenti, al massimo richiedendo parziali sacrifici sulle ferie arretrate. Ecco, questo senso di collaborazione e civico sarebbe un capitale importantissimo per un Paese come l’Italia.

La nuova normativa è stata varata in emergenza, in pochi giorni o ore. Vede dei problemi particolari?

È sempre facile criticare… Sì, ci siamo trovati di fronte a diverse incertezze, penso al tema delle chiusure delle attività, ma oggettivamente è stata varata, in poco tempo, una mole imponente di provvedimenti che sarebbe stato impossibile confezionare in modo perfetto. A me sembra che le parti sociali, insieme al governo, abbiano fatto la propria parte con il protocollo del 14 marzo, che prevede misure adeguate per la sicurezza di chi ha dovuto continuare a lavorare; anche se certo non mi dimentico delle criticità che ci sono state a tale riguardo (per non parlare della condizione difficilissima, e per molti versi eroica, del personale sanitario). Sul lavoro agile abbiamo detto; è stata presa la decisione di considerare malattia il periodo di quarantena, escludendolo dal comporto e facendolo coprire dall’Inps; è stata decisa, doverosamente, la sospensione per 60 giorni dei licenziamenti per ragioni economiche. Infine le norme sugli ammortizzatori sociali: forse sono quelle scritte nel modo più imperfetto, sì che stanno tuttora suscitando interrogativi applicativi, che la ridda di precisazioni, note e circolari non basta a fugare. La sostanza comunque c’è, visto il grosso finanziamento disponibile che ci fa avvicinare a una copertura totale, comprese le micro aziende e gli studi professionali. Per autonomi e partite Iva sono stati adottati altri interventi, ma sono figure che rischiano sempre di essere gli anelli deboli di tutta la catena. Complessivamente, e vista la situazione in cui ci troviamo, ho però un giudizio positivo sui provvedimenti sinora presi, cui peraltro ne seguiranno, con ogni probabilità, degli altri.

Come comportarsi in questa fase? Cosa consiglia ai suoi interlocutori che devono gestire l’emergenza?

Direi, senz’altro, di agire con buonsenso. È un periodo difficile per tutti, la ragionevolezza operativa, e non burocratica, deve prevalere sul rigore applicativo

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