In Italia mancano i lavoratori specializzati: l’indagine Confindustria sul lavoro

Nella sua analisi annuale, Confindustria analizza le competenze difficili da reperire e le misure adottate dalle imprese per affrontare questa sfida, oltre ai premi variabili collettivi erogati insieme alle iniziative di welfare aziendale, continuando a monitorare anche il lavoro agile

indagine Confindustria sul lavoro

Tra le aziende impegnate nella ricerca di personale, il 69,8% segnala di incontrare significative difficoltà nel trovare le figure professionali richieste. È quanto emerge dall’annuale indagine Confindustria sul lavoro che svolta nei primi mesi dell’anno, nel periodo estivo fornisce informazioni per il 2023 e inizio 2024 su struttura dell’occupazione e politiche aziendali di gestione del lavoro nelle aziende associate, quest’anno con un particolare focus sulle competenze di difficile reperimento. 

Mancano competenze tecniche e specializzazioni

Dallo studio di Confindustria è risultato in particolare che le difficoltà delle aziende a trovare professionisti riguardano soprattutto le competenze tecniche (69,2%) e le mansioni manuali (nel 47,9% dei casi a livello nazionale e nel 58,9% nel settore industriale). 

Le aziende segnalano difficoltà nel reperire competenze specifiche, soprattutto in ambiti cruciali per la loro evoluzione. In due terzi dei casi, le difficoltà riguardano le competenze necessarie per la transizione digitale, mentre quasi un terzo delle aziende incontra ostacoli nella ricerca di competenze per l’internazionalizzazione. Circa il 15% delle imprese trova problematico reperire competenze legate alla transizione green. Per affrontare queste sfide, il 59,7% delle aziende punta sulla formazione interna del personale, quasi la metà (49%) si affida a consulenze esterne e il 28,5% partecipa a programmi educativi locali, come ITS Academy, PCTO e tirocini curriculari.

Contratti, lavoro agile, premi e welfare

L’indagine continua a monitorare l’uso dei contratti collettivi aziendali e le tematiche da essi regolate. All’inizio del 2024, più di un quarto delle imprese associate (25,2%) adotta un contratto aziendale, stipulato con RSU/RSA o rappresentanze territoriali. Questi contratti sono più diffusi nell’industria (33,4% delle imprese) rispetto ai servizi (18,1%) e nelle aziende di maggiori dimensioni (76,9% tra quelle con 100 o più dipendenti) rispetto a quelle più piccole (11,6% tra le imprese con fino a 15 dipendenti).

Per quanto riguarda il lavoro agile, i dati dell’indagine mostrano che nel 2023 il 32,6% delle imprese ha adottato questa modalità di lavoro, un aumento quasi quadruplicato rispetto al periodo pre-Covid. Tra le aziende che lo hanno implementato, in media il 34% dei dipendenti non dirigenti ha lavorato in modalità agile, prevalentemente per 2 o 3 giorni a settimana, corrispondenti a un utilizzo tra i 4 e i 12 giorni al mese.

L’indagine di quest’anno ha dedicato un focus specifico sui premi variabili collettivi e la loro conversione in welfare. I contratti aziendali, quando presenti, regolano principalmente i premi di risultato collettivi (60,4% dei contratti), la possibilità di convertire questi premi in servizi di welfare (47,7%), l’orario di lavoro (46,7%), l’offerta di ulteriori servizi di welfare (39%) e la conciliazione tra vita privata e lavoro (36,7%).

È emerso che nel 2023, oltre il 60% delle aziende ha effettivamente erogato i premi variabili previsti dai contratti aziendali. Inoltre, nel 40,2% delle aziende, circa un terzo dei lavoratori ha scelto di convertire due terzi del premio in servizi di welfare

Complessivamente, il 51,3% delle imprese ha dichiarato di offrire welfare ai propri dipendenti, una quota che include sia coloro che lo erogano in base alla contrattazione aziendale (14,4% del totale) sia coloro che lo offrono per altre ragioni, come contratti collettivi nazionali o decisioni unilaterali del datore di lavoro.

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