La ricerca di talenti passa per i big data
I big data stanno rivoluzionando il reclutamento aziendale. È quanto emerge dal report 2018 di LinkedIn che mostra come le aziende stiano portando avanti i processi di data-driven recruiting
Non è una novità che selezionatori e head hunters nel proprio mestiere raccolgano dati sui potenziali candidati. Ciò che è nuovo è la mole di dati a disposizione, la velocità con cui possono essere analizzati e le interconnessioni che possono stabilirsi tra di essi, portando a straordinarie capacità predittive. Insomma i big data stanno rivoluzionando, e sempre più rivoluzioneranno in futuro, il recruiting aziendale. È quanto emerge dal Global Recruiting Trends 2018 di LinkedIn, un report di ricerca che fotografa lo stato dell’arte delle Human Resources e indaga cosa dobbiamo aspettarci da qui al 2020 nell’ambito del recruiting aziendale. Secondo quanto emerge dalla ricerca il potere dei dati sta conquistando sempre più i “ricercatori” di talento: se oggi il 64% dei recruiter e dei responsabili delle assunzioni ha dichiarato di usare almeno “qualche volta” i big data, ben il 79% di loro prevede di usarli nei prossimi due anni.
Il successo delle imprese è determinato, in gran parte, dalla capacità di assumere e trattenere i migliori talenti. Ecco perché è forte la pressione a trovare sempre più persone, con più competenze di nicchia e sempre più velocemente. I big data sono lo strumento per arrivarci. Non a caso il 69% dei professionisti dell’Human Resource pensa che siano fondamentali per elevare le proprie carriere. Attraverso l’analisi e la comparazione dei dati, le aziende possono anche comprendere meglio il livello di logoramento, gli skills gap e le insoddisfazioni di carriera dei dipendenti, insomma aumentare la retention dei propri talenti. E questo è stato uno degli usi più comuni dei big data emerso dall’indagine di LinkedIn.
È a questo scopo che li ha utilizzati anche il People Analytics Team di Nielsen. La società ha cercato di capire per quale ragione stesse perdendo i propri talenti: sono stati così analizzati cinque anni di dati, in modo da indentificare i fattori maggiormente correlati con il logoramento del personale. Ne è emerso che era meno probabile che se ne andassero i lavoratori che negli ultimi due anni avevano avuto un cambiamento di responsabilità lavorativa, dovuto a una promozione o semplicemente a uno spostamento, anche senza avanzamento di carriera. Questa intuizione ha spinto la leadership di Nielsen a facilitare la mobilità interna dei propri dipendenti e, una volta identificati gli high performer “a rischio”, a offrire a questi ultimi nuove opportunità lavorative. Una politica che ha fatto aumentare del 5-10% il livello di retention dei dipendenti.
Altro case study riportato da LinkedIn è quello di Atalassian, azienda di software di Sydney. Per affrontare una carenza di competenze tecniche, la società si è trovata nella necessità di portare avanti un reclutamento a livello internazionale. Il team di acquisizione talenti ha utilizzato quindi i dati interni e i report di LinkedIn per individuare i principali mercati europei in cui l’offerta di competenze tecnologiche superava la domanda, e in cui la società aveva avuto successo in passato. Sono stati usati anche i dati di LinkedIn per scoprire ciò che i talenti target cercavano professionalmente. In questo modo il team ha realizzato campagne online mirate, che hanno permesso di trovare in tempi rapidi le risorse giuste e, in definitiva, di soddisfare gli obiettivi di assunzione.