La busta paga non soddisfa gli italiani, meglio col salario variabile
L’indice di soddisfazione dei lavoratori italiani rispetto alla loro retribuzione resta negativo per il quarto anno consecutivo: 4,1 su una scala da 1 a 10. L’indagine condotta da Job pricing evidenzia una maggiore soddisfazione quando la retribuzione è ibrida, fisso più variabile, e c’è meritocrazia. Secondo gli intervistati, per un salario giusto servirebbe un aumento del 25%
Il salario non è tutto, ma resta comunque un elemento importante di valutazione del proprio lavoro e anche di scelta – quando possibile – tra un posto e l’altro. Non è l’unico criterio perché negli anni è emersa l’importanza del welfare aziendale, del lavoro flessibile o del work life balance. I benefit, che sono anche il portato dei cambiamenti nella società e negli stili di vita, hanno probabilmente limitato la focalizzazione esclusivamente sul paradigma soldi in cambio di lavoro ma alla fine la busta paga conta ancora. Ed essere soddisfatti del proprio stipendio significa stare bene al proprio posto di lavoro, con tutte le ricadute che questo comporta. I lavoratori italiani non sono particolarmente soddisfatti della propria busta paga.
La ricerca
In base i dati che emergono dall’edizione 2019 del Salary Satisfaction Report condotta da Job pricing (interviste a 2.032 lavoratori dipendenti), l’indice di soddisfazione dei lavoratori italiani rispetto alla loro retribuzione resta negativo per il quarto anno consecutivo: il 38,3% si dichiara leggermente insoddisfatto, il 20,6% fortemente insoddisfatto. Solo il 3,4% dichiara di essere pienamente soddisfatto. L’indice di soddisfazione, in una scala da 1 a 10, misura 4.1. I dirigenti non si lamentano particolarmente della situazione: il punteggio di 5,4 su 10 dimostra che gli stipendi dei quadri più alti è ancora per la maggioranza soddisfacente. I loro impiegati invece contestano poco velatamente: per questa categoria il voto è di 3,7. Al sud e nelle isole il grado di soddisfazione scende ancora, collocandosi al 3,3. Secondo Alessandro Fiorelli, CEO di JobPricing, il motivo per il quale c’è così tanta insoddisfazione è la mancanza di meritocrazia. Un termine che non indica solo la capacità di mettere al posto giusto le persone più brave, ma anche di pagarle bene.
Merito
Alla voce ‘meritocrazia’ si registra infatti il giudizio peggiore dato dai lavoratori italiani, con 3,6 punti su 10. Va meglio invece quando si tratta di uniformità di trattamento rispetto ai colleghi di aziende concorrenti, e di trasparenza aziendale per ottenere benefit, bonus e promozioni. Secondo il report, lo stipendio fisso non basta a generare soddisfazione. Gli indici migliorano (superando il 5 a fronte del 2,9 della sola retribuzione fissa) in presenza di una retribuzione ibrida, basata sui bonus e sulle ricompense anche una tantum per i risultati conseguiti.
Stipendio giusto
La ricerca mette in evidenza diversi fattori collegati alla retribuzione, ai motivi per i quali si sceglie un lavoro o quelli per il quale lo si lascia, evidenziando la crescente importanza dei cosiddetti elementi intangibili. Il maggior grado di soddisfazione si registra quando il lavoratore trova giusta la correlazione tra stipendio e prestazione. L’altro dato da evidenziare, comune a quadri-dirigenti e impiegati, è quello relativo alla percezione dello stipendio giusto. Per tutti, per avere un compenso ritenuto giusto, dovrebbe aumentare del 25% rispetto a quanto attualmente percepito. Lo stipendio giusto, rispettivamente, dovrebbe essere di 9.926 euro/mese per i dirigenti, 5.410 euro/mese per i quadri, 3.168 euro/mese per gli impiegati.