Ironia, il segreto che trasforma il lavoro?
Con uno stile brillante, il nuovo libro di Paolo Iacci edito da Franco Angeli, invita le organizzazioni e in particolare i capi a riscoprire l’ironia – che dà anche il titolo del volume – e a utilizzarla come risorsa per instaurare relazioni di fiducia e migliorare il clima lavorativo, dimostrando che persino le contraddizioni più complesse possono essere navigate con umorismo e intelligenza
Ironia è sinonimo di libertà, nella vita e soprattutto nel lavoro. Parte da qui il nuovo libro di Paolo Iacci, edito da Franco Angeli per la collana Voci del lavoro nuovo dal titolo (appunto) “Ironia”.
Tra le sue pagine si prende confidenza con un binomio inusuale, quello tra ironia e lavoro, spesso considerato al contrario un ossimoro. È proprio attraverso l’ironia invece, ci suggerisce Iacci, che si può approdare a una nuova visione della gestione delle risorse umane, più efficace e personale, ma soprattutto con un potere straordinario, quello di destreggiarsi tra le contraddizioni, alleggerire le tensioni, mediare tra interessi conflittuali e svelare ciò che spesso rimane sotto silenzio. Soprattutto se a utilizzarla sono i capi.
Dalle definizioni di ironia – che Iacci – presidente di Eca Italia e consulente di direzione, docente all’Università Statale di Milano e vice presidente nazionale di AIDP – definisce “un animale a più teste” – accompagnati da riferimenti filosofici – Socrate, Nietzsche e Hobbes, Kierkegaard, Schopenhauer tra i tanti – e da acute analisi manageriali, il salto è naturale nel mondo del lavoro di oggi a cui servirebbe in primis distaccarsi dalla definizione tradizionale di “qualcosa lontano da ogni leggerezza”.
“La concezione del lavoro come fatica nasce da due distinti approcci culturali” spiega Iacci. “Da un lato, quella cristiana, che lo vede sì come un’opportunità di espressione personale e un mezzo per avvicinarsi al divino, ma anche come uno stento derivante dal peccato originale. Dall’altro, la visione marxista, che interpreta il lavoro come un simbolo del dominio di una classe sull’altra. Sebbene queste due concezioni siano molto diverse e talvolta addirittura opposte, entrambe si concentrano sull’idea del lavoro come una difficoltà intrinseca all’essere umano, un ostacolo alla piena realizzazione di sé. Di conseguenza, la felicità è spesso vista come qualcosa che si trova al di là del lavoro, contribuendo a associare quest’ultimo a un’esperienza triste e gravosa”.
Per cambiare paradigma, questa “guida” alla comprensione dell’ironia applicata alle dinamiche lavorative offre anche il piacere di esempi divertenti e aneddoti brillanti, a volte al limite della spietatezza, per mostrare che si può ridere nelle difficoltà – o persino nella tragedia. E allora vale l’esempio di due prigionieri ebrei che stanno per essere fucilati, ma all’improvviso arriva l’ordine di impiccarli. Uno sorride all’altro: “Hai visto? Che cosa ti avevo detto? Stanno finendo le munizioni”.
Forse che l’ironia non sia per tutti? “L’ironia ci consente di affrontare argomenti difficili in modo leggero e facilmente accettabile. Nulla di tutto questo è innato; si tratta di una competenza che va sviluppata, coltivata come abilità relazionale, che implica l’accettazione della persona per quello che è e la capacità di capire quale sia il miglior approccio per interagire con essa” spiega Iacci.
Ma come si allena una capacità del genere? “Va sviluppata prima di tutto attraverso la cultura, nella sua accezione più ampia, ovvero la capacità di comprendere la realtà, mentre spesso tendiamo a confonderla con la mera competenza tecnica” sottolinea Iacci.
Un approccio quanto mai utile nelle aziende in un’epoca dominata – a detta di Iacci – dai paradossi. “Viviamo in una realtà che appare sempre più paradossale, e questa situazione ha radici sia oggettive che soggettive. Dal punto di vista oggettivo, la globalizzazione dei mercati e della conoscenza porta le aziende a dover gestire situazioni contraddittorie, come lo sviluppo della produzione in concomitanza con la diminuzione della domanda. Tuttavia, molte di queste contraddizioni sono legate al mindset delle persone, che spesso desiderano una cosa e, allo stesso tempo, ne desiderano il contrario, perché siamo costantemente sottoposti a pressioni molto diverse tra loro. L’ironia, quindi, rappresenta innanzitutto un mindset che accetta la coesistenza di elementi che, a volte, sono in conflitto tra loro. Siamo abituati a un approccio alla realtà di tipo aristotelico, in cui qualcosa è o non è, e il terzo non datur. L’ironia, invece, si fonda proprio sulla possibilità di navigare tra queste opposizioni, accogliendo le sfumature e le contraddizioni della vita” conclude Iacci.