Innovazione e persone al centro: il farmaceutico è al top
I nostri approfondimenti sui principali comparti economici: il farmaceutico è il settore nel quale si lavora meglio e quello in cui l’Italia è leader in Europa. Quali sono le tendenze in atto e le sfide future? Ne abbiamo parlato con Francesco Luchi, country HR Head Italy di Merck
Il settore farmaceutico italiano non sente crisi o rallentamenti produttivi: nel 2018 ha registrato una crescita dell’1,3%. Il nostro Paese è ora il primo produttore farmaceutico dell’UE, per un valore 31,2 miliardi di euro, contro i 30 della Germania.
Segno più anche sul fronte occupazionale. Gli addetti nel 2017 hanno raggiunto quota 65.400, crescendo più di tutti gli altri e con ottime performance per quanto riguarda l’occupazione giovanile. L’industria farmaceutica è stata inserita dall’analisi Top Employers al primo posto tra i settori dove si lavora meglio in Italia. Al comparto farmaceutico, alle tendenze in atto nel mercato del lavoro, alle best practice e alle opportunità per i giovani, dedichiamo l’Osservatorio di marzo. Ne abbiamo parlato con Francesco Luchi, Country HR Head Italy di Merck, azienda leader nei settori Healthcare, Life Science e Performance Materials, entrata nella classifica delle 14 aziende Top Employers a livello globale.
Luchi, quali sono le professioni emergenti nel settore farmaceutico?
Direi che molti dei nuovi profili che si stanno facendo largo nel campo del digitale sono da tenere in considerazione, sicuramente l’area del Multichannel è pronta per entrare stabilmente all’interno del settore.
Il farmaceutico è il settore dove si lavora meglio.
Quali sono – a suo avviso – le scelte che hanno portato a questo risultato?
Credo dipenda da diversi fattori. Si tratta sicuramente di un settore in cui il fattore umano è centrale, sia dal punto di riferimento esterno, il paziente, sia dal punto di vista interno, data la grande attenzione che mettiamo nella crescita professionale di chi lavora per noi, riservando un’attenzione particolare all’aggiornamento continuo delle competenze. Inoltre parliamo di un campo industriale costantemente teso all’innovazione, abituato all’implementazione di nuove tecnologie e con una percentuale altissima di laureati tra i dipendenti.
Sono strategie replicabili anche in altri contesti lavorativi?
Dipende da qual è il nostro sistema di riferimento. È chiaro che nel nostro caso incidono le caratteristiche di settore. Il modello è riproponibile se puntiamo a un’idea innovativa di azienda e partiamo da schemi che possano rispondere alle esigenze del lavoratore di oggi.
Direbbe a un giovane di costruirsi una carriera nel farmaceutico?
Che consiglio gli darebbe?
Sicuramente è un settore con buone prospettive di crescita, ma è comunque necessaria, come per tutti i lavori, una certa passione. Non si può neanche pensare che basti un interesse per un’area interna troppo specifica, quello che veramente impatta è l’immedesimazione con la mission e le idee fondative dell’azienda. Per quanto riguarda i consigli, poi, questi tendono a ripetersi: vitale un’ottima conoscenza dell’inglese, necessarie ottime capacità di analisi, di lavoro in team e tanta, tanta voglia di imparare. Ovviamente, i profili più attrattivi per il settore sono quelli scientifici, con alta specializzazione, da inserire nei settori di ricerca e aree tecniche.
Merck è Top Employer globale, Europa e Italia, quali sono i punti cardine della vostra strategia Hr?
La nostra strategia HR ruota attorno a due punti focali: garantire un equilibrio tra vita professionale e vita privata e lavorare sullo sviluppo delle competenze del singolo lavoratore, con programmi e percorsi personalizzati. In Merck sono anni che proponiamo modelli lavorativi in grado di garantire questo equilibrio, cercando di innovare anche in questo campo, per quanto possibile. È un approccio, oltretutto, che consente di evitare scorie di una cultura del lavoro che continua a confondere il numero di ore passate in ufficio con le capacità e i meriti professionali della persona. Fare questo primo passo verso le esigenze del lavoratore contribuisce a creare un rapporto di fiducia, che si rivela vitale quando si vuole andare a incidere sull’ampliamento delle competenze del singolo.
Quali caratteristiche cercate nelle persone che vogliono lavorare con voi?
Oltre alle caratteristiche di base richieste (competenza, capacità di lavorare in team, orientamento al risultato, ecc.), una qualità che amo trovare in chi lavora da noi è sicuramente la curiosità. Essere capaci di reagire in maniera proattiva alle novità è una delle caratteristiche che più tende a fare la differenza in una realtà che, per forza di cose, è in continuo cambiamento.
Quali pratiche innovative avete adottato per l’organizzazione del lavoro?
Che progetti avete per il futuro?
Come dicevamo, flessibilità e work-life balance sono ormai concetti chiave per l’azienda. Orario di lavoro flessibile e possibilità di lavorare da casa sono entrati nella quotidianità dei lavoratori delle nostre sedi e, devo dire, hanno immediatamente restituito il risultato sperato, contribuendo a un’ottima evoluzione della curva di engagement aziendale. Le sfide per il futuro sono tante, da una parte è evidente che la priorità è quella di diffondere la cultura del digitale, ma c’è necessità anche di lavorare sulla formazione di team con competenze cross-funzionali e favorire lo sviluppo di modelli organizzativi che trascendano le classiche strutture gerarchiche.