Inclusione e diversity sul posto di lavoro, ecco i trend nel mondo post Covid

In un mondo del lavoro che ancora stenta a tornare alla vecchia “normalità” – dopo quasi due anni di remote working a singhiozzo – ci si chiede quali siano le nuove priorità all’interno delle aziende e come queste siano state influenzate dalla pandemia. Refinitiv, fornitore di dati e infrastrutture sui mercati finanziari a livello globale, offre una panoramica dei principali trend a livello globale, con insight che accendono i riflettori sul posizionamento di Paesi e interi settori industriali in materia di diversità e inclusione.

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Molte aziende e interi settori economici sono stati, e continuano a essere, colpiti dalla pandemia di Covid-19. Contemporaneamente, il tema dell’equità razziale ha assunto un posto di primo piano nelle vite individuali e negli affari. Il mondo delle imprese si sta rendendo conto che le politiche di diversità e inclusione sono più importanti che mai, come componente di una maggiore consapevolezza sulle questioni ambientali, sociali e di governance (ESG) da parte di dipendenti, clienti, investitori e stakeholder in genere. Le pratiche di D&I assicurano che un’azienda eviti il “pensiero dominante di gruppo” e tragga vantaggio da idee, opinioni e talenti molteplici. I consigli di amministrazione sono passati al microscopio come mai prima d’ora, misurati sulla diversità razziale, culturale e di genere.

Refinitiv, fornitore di dati e infrastrutture sui mercati finanziari a livello globale, ha elaborato un indice D&I per misurare le politiche di diversità e inclusione in aziende, settori e Paesi. Il punteggio medio globale in D&I è di 53,98 e Africa ed Europa sono i continenti che garantiscono maggiore diversità e inclusione, così come sulla parità di genere, dove però il punteggio medio globale è praticamente dimezzato rispetto al dato generale sulle diversità: 28,82. Se invece consideriamo l’inclusione separatamente dalla diversity, l’Europa cede il posto al Sud Est asiatico.

L’Italia si colloca al primo posto della classifica dei Paesi in base al tasso D&I, con un punteggio di 56,65, seguita da Francia e Spagna. L’Europa è dunque all’avanguardia rispetto agli altri continenti con i primi tre Paesi europei che guidano la classifica. Guardando invece ai settori, i servizi di pubblica utilità, i beni di consumo e il settore industriale in genere ottengono buoni risultati in termini di diversità e pratiche di inclusione, con il settore immobiliare in forte ritardo.

Nelle politiche per la parità di genere, la maggior parte delle società della top ten ha sede in Europa, mentre nella classifica dei primi dieci Paesi troviamo l’Italia solo all’ottavo posto. Danimarca, Finlandia, Francia e Paesi Bassi guidano la classifica. Nei settori le Utilities fanno meglio degli altri, staccando i beni di consumo non ciclici di tre punti. Per le politiche di inclusione, invece, troviamo una top ten diversamente composta rispetto al punteggio per le politiche per la diversità e di genere. Qui fanno meglio di tutti Sud Adfrica, Giappone e Italia, mentre per i settore troviamo sempre le Utilities in cima con immobiliare e cura della salute in fondo alla classifica.

Negli ultimi anni, anche pre-pandemia, è ormai acclarato che le aziende che danno priorità a un ambiente diversificato e inclusivo e alla soddisfazione dei lavoratori ottengono performance migliori sia finanziariamente che sui mercati azionari. Queste tendenze continuano, ma vengono plasmate in modi nuovi. «Le misurazioni di Refinitiv – si legge nel rapporto – confermano che le aziende con consigli di amministrazione culturalmente diversi garantiscono sovra performance agli investitori azionari, con un margine considerevole». La pandemia ha rimodellato le aspettative dei lavoratori, sia dei potenziali dipendenti che del personale attuale. L’analisi di Refinitiv mostra che la soddisfazione del lavoratore è essenziale per il successo aziendale e le aziende stanno ora cercando di capire come sostenere questo valore nel nuovo mondo influenzato dal Covid.

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