In autunno retromarcia sullo smart working? A Milano l’80% del lavoro è di nuovo in ufficio
Nel giro di un anno la percentuale di lavoro in presenza è ulteriormente salita del 10% e gli accordi aziendali prevedono una media di sette giorni al mese di lavoro agile. Al netto dello smart working emergenziale a causa del caldo torrido e dei nubifragi, a Milano il ritorno alla scrivania cresce molto più che in altre metropoli come New York o Londra: l’altra faccia della medaglia, però, è una ritrovata socialità, soprattutto tra i giovani.
Si torna a lavorare in ufficio a Milano, secondo un’analisi di Jll, società di consulenza immobiliare che, testando il mercato del settore, percepisce un ritorno nelle sedi delle aziende, in aumento rispetto al 2022, quando era rientrato il 60-70% dei lavoratori: oggi si raggiunge l’80-85.
A dare conto di questa inversione è Repubblica Milano che riporta anche una dichiarazione di Stefania Campagna, head of markets Italia di Jll: «Le cifre sono più alte rispetto ad altre metropoli molto più grandi come New York o Londra, anche perché i tempi di percorrenza casa-lavoro sono più stretti, intorno ai 30-40 minuti di media, e questo incentiva anche i giovani, soprattutto quelli che lavorano in team, a recarsi in azienda», riferisce la manager, che aggiunge: «Chiaramente, al netto degli accordi sullo smart working siglati in ciascuna realtà, più l’ufficio è in centro o comunque in una zona facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici e ricca di servizi, più si è incentivati a lavorare fuori casa».
Non si prevede che le percentuali si alzino ulteriormente, mentre è certo che questa trasformazione ha cambiato in parte anche i consumi in città, confermata da Lino Stoppani, presidente dell’Epam, l’associazione dei pubblici esercizi milanesi, di cui si legge su Repubblica: «Stiamo assistendo da una parte ad un ritorno importante della pausa pranzo fuori, ma al tempo stesso anche a una redistribuzione della domanda di ristorazione che non è più solo concentrata vicino alle sedi aziendali, ma anche in quartieri più residenziali: lo capiamo dalle spese con i buoni pasto, che ora si vedono anche in quartieri prima esclusi dal pranzo lavorativo al bar o in trattoria».
C’è quindi da chiedersi se quello a cui stiamo assistendo sia un vero e proprio dietrofront sul remote working. L’osservatorio smart working del Politecnico di Milano fa sapere che, ad oggi, sono circa 3,6 milioni le persone che lavorano da casa. Quasi 500mila in meno rispetto al 2021. Si tratta solamente del circa 14,9% del totale dei lavoratori, stando a quanto rivelano anche i dati dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche.
Nonostante queste tendenze il recente decreto lavoro ha, invece, prorogato la possibilità di ricorrere allo smart working (Decreto lavoro 2023. Articoli 28 bis e 42, comma 3-bis) fino al 30 settembre 2023 per i lavoratori dipendenti pubblici e privati rientranti nelle condizioni individuate dal DM 4 febbraio 2022, mentre rimane per i lavoratori del privato fino al 31 dicembre per fragili e genitori con figli under 14.