Imprese a caccia di leader per vincere la sfida del cambiamento
La necessità di innovare è avvertita da 4 aziende su 5, ma quasi nessuna pensa di essere nelle condizioni per farlo. Tra i fattori che ostacolano l’innovazione, gli HR manager indicano la resistenza al cambiamento dei colleghi (39%), ma anche la mancanza di leader capaci di motivare (solo uno su tre sa farlo). L’HR trends and salary survey 2019 di Randstad fotografa la situazione.
Cambiare per restare competitivi: è il nuovo mantra delle organizzazioni, dalle aziende più grandi alle Pmi, che avvertono in maniera sempre più pressante la necessità di attivare processi di innovazione per mantenere la propria posizione sul mercato: nelle modalità di lavoro e organizzative, nei processi interni, nella generazione di nuove idee, nella direzione strategica.
Se la necessità di un cambiamento è quasi plebiscitaria (il 78% delle imprese lo ritiene fondamentale), meno di un’azienda su quattro (24%) pensa di avere al proprio interno leader in grado di guidare questo processo, fattore cui spesso si aggiunge una cultura organizzativa orientata all’immobilismo. Sono i dati che emergono dalla HR trends and salary survey 2019, realizzata da Randstad in collaborazione con l’Alta scuola di psicologia Agostino Gemelli dell’Università Cattolica. Ai tradizionali temi di indagine – strategie per il capitale umano, candidati e retribuzioni, analizzati attraverso interviste a un campione di CEO, CFO, CHRO, HRD – si è aggiunto quest’anno un focus sul tema del changement power.
A rendere impellente l’esigenza di cambiamento non sono solo l’innovazione tecnologica e il conseguente skill gap (il bisogno di nuove competenze è indicato dalla metà del campione), ma anche fattori strutturali e di contesto, come l’ondata di pensionamenti (si pensi a quota 100), il turn over naturale, le nuove assunzioni, i processi di ristrutturazione e internazionalizzazione.
Leader in crisi di identità
Mai come oggi le aziende avvertono l’esigenza che il proprio leader sia un primus inter pares: a differenza che in passato, la caratteristica più richiesta è la capacità di motivare e ispirare gli altri (indicata dal 69% degli hr manager), che deve accompagnarsi a una buona dose di altre competenze relazionali, quali la capacità di costruire rapporti di fiducia (chiesta dal 38% del campione) e di innovare e favorire la creatività (36%). Ma il mismatch tra le doti richieste e quelle effettivamente presenti è profondo più che mai. La mancanza principale è proprio la capacità di ispirare, dote posseduta solo dal 28% dei manager (-41% il gap tra competenza richiesta e competenza presente nella leadership). Un dato ricorrente negli ultimi anni, che denota la difficoltà del management italiano a ricoprire il ruolo di guida. A conferma di ciò troviamo anche il mismatch sui temi dell’innovazione e della creatività (-14%) nonché la scarsa capacità di delega, fattori che non incoraggiano lo sviluppo professionale e creativo del singolo.
Come somma di queste variabili, meno di un manager su 3 (24%) viene ritenuto in grado di guidare il cambiamento.
Le resistenze al cambiamento
Portare cambiamenti all’interno delle aziende sembra essere uno dei compiti più ardui per le realtà del nostro paese. Dei principali strumenti attuativi necessari, nessuno è ritenuto presente in misura sufficiente dagli intervistati, delineando uno scenario di preoccupante immobilità potenziale. Non solo mancano leader capaci di promuovere un cambiamento effettivo, ma scarseggiano anche gli strumenti a disposizione dei manager per favorire i processi di innovazione: il clima di fiducia organizzativa (-19%), la comunicazione interna (-18%), i profili giusti a disposizione (-11%).
Tra i fattori che ostacolano l’innovazione, gli HR manager indicano in primo luogo la resistenza dei colleghi (39%), ma anche la cultura aziendale (36%) e la mancanza di tempo per attuare il processo di cambiamento (27%).