Immigrati, il loro lavoro contribuisce al 9% del Pil. Più penalizzati dalla pandemia, sono ancora fondamentali in molti settori.
Fortemente penalizzati durante l’emergenza Covid in quanto spesso precari e meno tutelati dal blocco dei licenziamenti, i lavoratori stranieri sono il 10% degli occupati totali e contribuiscono al Pil del Paese con 144 miliardi di euro, pari al 9% del totale. A registrare il maggior apporto sono le regioni del Centro-Nord.
Cresce la presenza straniera in Italia, anche se a ritmi inferiori rispetto a dieci anni fa. Oltre cinque milioni (5,2) quelli censiti a gennaio del 2022, pari all’8,8% della popolazione. La concentrazione maggiore si riscontra nelle regioni del Centro Nord, in cui si fa più rilevante anche il contributo dell’immigrazione all’economia del territorio. Questi sono alcuni dei numeri diffusi dai ricercatori della Fondazione Leone Moressa.
Riprende anche l’occupazione post-Covid. Con la crescita del PIL, nel 2021, è cresciuta anche l’occupazione straniera, che aveva subito una flessione a causa della pandemia, proprio perché i lavoratori immigrati erano più precari e quindi non tutelati dal “blocco dei licenziamenti”. Nel 2020, infatti, il tasso di occupazione degli stranieri è diminuito di oltre quattro punti, scendendo per la prima volta al di sotto di quello degli italiani. Oggi è al 57,8%, ancora leggermente inferiore rispetto a quello degli italiani (58,3%).
Gli occupati stranieri alla fine del 2021 risultavano essere 2,26 milioni, pari al 10% degli occupati totali. L’andamento negli ultimi quattro anni conferma il calo avvenuto nel 2020 e la ripresa del 2021. L’incidenza rispetto agli occupati totali, pari al 10,3% nel 2019, è scesa sotto il 10% a causa della pandemia (9,8% nel 2020), per poi risalire al 10,0% nel 2021.
Interessante il dato proveniente dal mondo agricolo, dove un lavoratore su sei è straniero (il 18%). Il 45,8% degli occupati stranieri, tuttavia, si concentra nel settore dei servizi, specialmente quelli alla persona, come le professioni di cura e assistenza. Si tratta di oltre un milione di lavoratori, pari al 9,1% di quel settore. L’edilizia vede occupati il 15,5% e la ristorazione il 15,3%.
A livello regionale, quasi un quarto si concentra in Lombardia (529 mila lavoratori). L’incidenza maggiore si registra al Centro-Nord, con tre regioni sopra il 12% (Emilia Romagna 13,0%, Lazio 12,6%, Lombardia 12,2%) e altre tre sopra l’11% (Toscana 11,9%, Veneto 11,6%, Umbria 11,0%).
La stima del valore aggiunto prodotto dagli occupati stranieri offre inoltre la percezione del contributo dell’immigrazione al PIL, che nel 2021 ammonta a quasi 144 miliardi, pari al 9,0% del totale nazionale.
La maggior parte di questa “ricchezza” si concentra nel settore dei servizi, ovvero il comparto che registra il maggior numero di occupati stranieri. Se, invece, osserviamo l’incidenza per settore, i valori più alti si registrano in agricoltura (17,9%), ristorazione (16,9%) ed edilizia (16,3%).
A livello regionale, sono le regioni del Centro-Nord a registrare il maggior apporto economico da parte dell’occupazione straniera. In particolare, in tre regioni del Nord si rileva un’incidenza del PIL dell’immigrazione superiore al 10% del PIL regionale: Lombardia (12,7%), Veneto (11,7%) ed Emilia Romagna (11,5%).
Secondo i ricercatori della Fondazione Leone Moressa, «nonostante l’emergenza Covid abbia colpito fortemente i lavoratori immigrati, in quanto più precari rispetto agli italiani, il contributo dell’immigrazione in Italia continua ad essere fondamentale in molti settori. In questo senso, dovrebbe essere prioritario favorire gli ingressi legali e contrastare l’irregolarità».