Il regime delle causali nei contratti di lavoro a termine: il quadro attuale
Con l’avvento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, il regime delle causali nei contratti di lavoro a termine è stato oggetto di alcuni importanti interventi riformatori. Di seguito, un’analisi del quadro attuale.
A cura di:
La disciplina delle causali nei contratti di lavoro a termine attualmente in vigore è stata introdotta dal c.d. decreto Dignità (D.L. n. 87/2018), il quale ha modificato sostanzialmente la normativa di riferimento di cui al D.lgs. n. 81/2015. Di recente, la disciplina di cui al decreto Dignità è stata in parte derogata da alcune disposizioni emergenziali dettate a sostegno dell’occupazione, anche aventi carattere definitivo.
Quando sorge l’obbligo di apposizione della causale
Di norma, è possibile stipulare contratti a termine per qualsiasi esigenza e per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, senza alcuna specifica causale, solo per contratti di durata fino a 12 mesi. Il termine apposto al contratto può superare i 12 mesi, ma non eccedere i 24 mesi, laddove sussista almeno una delle seguenti causali legate a esigenze:
- temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività dell’azienda;
- di sostituzione di altri lavoratori;
- connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
Detto complesso di regole è stato temporaneamente derogato dall’art. 93 del D.L. n. 34/2020 (c.d. decreto Rilancio) il quale ha introdotto la possibilità, sino al 31 dicembre 2021, di rinnovare o prorogare per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche in assenza della causale, ferma restando la durata massima complessiva del contratto pari a 24 mesi.
Ad esempio, qualora un contratto a tempo determinato abbia decorrenza dal 1° settembre 2020 al 31 agosto 2021, è possibile prorogarlo per ulteriori 12 mesi, senza apposizione di alcuna causale in deroga al regime generale.
Giova sottolineare come tale possibilità sia percorribile sino al 31 dicembre 2021. Pertanto, in assenza di ulteriori interventi normativi, a partire dal 1° gennaio 2022, in caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a 12 mesi senza una delle causali, il contratto si trasforma a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di 12 mesi.
Quali sono le causali apponibili al contratto di lavoro a termine
La disciplina delle causali nel contratto di lavoro a termine è stata modificata altresì dal c.d. decreto Sostegni-bis, il quale ha introdotto la possibilità per la contrattazione collettiva di prevedere ulteriori causali rispetto a quelle definite dalla disciplina normativa (ed elencate al precedente paragrafo). Pertanto, i contratti collettivi possono individuare nuove casistiche in presenza delle quali è possibile stipulare un contratto a termine di durata superiore a 12 mesi, nonché in caso di rinnovo (ma per tale fattispecie la causale è sempre necessaria). In particolare, occorre che detti contratti individuino esigenze specifiche, ovvero ipotesi concrete, evitando di utilizzare formulazioni generiche che necessitino di ulteriori declinazioni in seno al contratto individuale.
Il c.d. decreto Sostegni-bis ha introdotto altresì un’ulteriore novità, laddove prevede la possibilità di stipulare contratti a termine di durata iniziale superiore a 12 mesi (ma comunque non eccedente i 24 mesi) secondo le esigenze individuate dalla contrattazione collettiva. A differenza della prima novità, quest’ultima è percorribile unicamente sino al 30 settembre 2022. Ad ogni modo, tale termine va riferito alla formalizzazione del contratto, il quale ben potrà prevedere una durata che superi tale data, fermo restando il limite complessivo dei 24 mesi. Pertanto, a seguito della data del 30 settembre 2022, sarà possibile stipulare un primo contratto a termine di durata superiore a 12 mesi solo in presenza di una delle causali definite dalla legge.