Il potere trasformativo delle persone: dall’analisi dei dati alla co-creazione del cambiamento
Ne sopravviverà solo uno, diceva anni fa Christopher Lambert nei panni dell’ultimo immortale, sopravviverà solo il più adatto correggerebbe Darwin
In questi anni di grandi stravolgimenti la teoria Darwinana, contro quella dell’higlander, è stata confermata anche dal mondo organizzativo.
Sono tanti i grandi nomi dell’industria e delle aziende che sino a pochi anni fa detenevano praticamente il monopolio dei loro settore, erano cioè gli higlander che vantavano fortune decennali, e questi hanno dovuto cedere il passo ad altre entità del tutto sconosciute e ora divenute le grandi firme di capitali immensi; ma anche loro già a rischio estinzione.
Hr-Link ha partecipato al convegno “The people side of trasformation. Think, Experiment, Act. Fast”. sull’interessante tema del cambiamento e della trasformazione, tenutosi presso la sede del Sole 24 ore di Milano, organizzato da Awair insieme a Next 24.
La teoria del tacchino di Russel, utilizzata da Taleb Nassim nel suo libro “Il cigno nero” ci aiuta, dice Rosti, Direttore di Next 24 a comprendere il rischio a cui sono soggette tutte le imprese umane, per cui se l’imprevedibile per sua stessa natura ci coglie di sorpresa, almeno dovremmo maturare la consapevolezza della nostra fragilità e mantenere la guardia alta.. Ma come?
Oggi abbiamo il grande vantaggio di avere molti dati a disposizione, i famosi Big Data, mentre sembra ancora mancarci la capacità di analizzarli. E’ infatti proprio questa incapacità di analisi, di porci delle domande prima ancora che darci delle risposte, a fare la differenza nella lotta per la sopravvivenza.
La mappa non è il territorio, affermava Alfred Korzybski già nella prima metà del secolo scorso e saper interrogarsi raccogliere informazioni, i famosi dati, ed analizzarli è l’unico modo che gli esseri umani hanno per abbattere il più possibile l’elemento incognito che si annida nei segnali che non consideriamo, i famosi segnali deboli.
Aziende come Block Buster o Kodak, i famosi Highlander cui si alludeva prima, avrebbero potuto evitare la disastrosa fine cui sono andate incontro? Difficile dirlo ma forse avrebbero potuto cambiare pelle, appunto trasformarsi come hanno saputo fare altri dopo di loro. Netflix ne è un esempio: arrivato al limite del fallimento, si è riorganizzata trasformandosi da servizio di video-noleggio con consegna a domicilio, a sito di streaming a pagamento, sino a diventare casa di produzione.
Una ricerca del politecnico di Milano del 2013 aveva già messo in evidenza come in Italia manchino governance e competenze per un utilizzo efficace dei dati.
E non è solamente mancanza di tecnologia, ma soprattutto di cultura e spesso ostinata affezione verso le proprie zone di confort. Un buon indizio per capire se l’azienda è affetta da questo bisogno di conferma è lo stile di gestione delle persone. Infatti anche queste sono portatrici di elementi destabilizzanti, di interferenze, di informazioni che possono essere cassate con un pervicace sistema di controllo o possono essere valorizzate, sfruttando il loro potenziale trasformativo.
Un management adulto, nel senso berniano del termine, capace di stimolare consapevolezza e responsabilità nei propri collaboratori, non dipendenti, può aprire il vaso di Pandora che è il potenziale di ciascuno verso percorsi di co-creazione in linea con i tempi di evoluzione del mercato. Capacità di pensiero, di sperimentazione, di azione, veloci appunto.
Ma come ben si sa le aziende falliscono nel tentativo di replicare i propri modelli di successo. In fin dei conti si rischia di fare la fine di Hiroo Onoda, il soldato giapponese che continuò a combattere per decenni sull’isola filippina di Lubang nonostante il Giappone si fosse arreso e la Seconda guerra mondiale finita. Quello da cui viene il modo di dire “l’ultimo giapponese” per descrivere chi resiste inutilmente a cambiamenti già avvenuti.