Il percorso professionale dell’HR Manager: CEO è possibile?
L’argomento di dibattito è particolarmente caldo: perché così pochi Head of HR diventano CEO? Per inserirci in una discussione che sta diventando sempre più appassionata e critica, abbiamo fatto un’analisi e avviato una riflessione: le aziende sono pronte al cambiamento con un direzione HR totalmente integrata al business oppure rimangono ancorate a vecchie abitudini aziendali?
Può un profilo HR diventare CEO? La risposta, che fino a qualche tempo fa poteva far storcere il naso ai più ortodossi “esperti” di organizzazione aziendale, oggi diventa un importante spunto di discussione e riflessione in molte strutture lavorative pubbliche e private.
Fino a qualche anno fa, il peso specifico della direzione HR in azienda era molto limitato all’interno delle decisioni strategiche aziendali. Molto spesso ciò era dovuto ad una “definizione di sé” eccessivamente specialistica, che non permetteva di potersi inserire all’interno delle dinamiche operative più legate al business. Da non sottovalutare poi, quel sistema di silos non comunicanti, che per molto tempo ha impedito, specialmente nel mercato Italia, lo sviluppo di movimenti laterali che potessero permettere l’approdo in altre aree di business. Questa esclusione della “voce HR” nei processi decisionali e strategici ha, inoltre, portato a non prendere adeguatamente in considerazione una serie di aspetti, primi fra tutti quelli legati allo sviluppo delle proprie persone, con conseguente raffreddamento del rapporto con l’organizzazione (che è poi il vero valore aggiunto da perseguire per un HR).
A ridefinire il ruolo della funzione HR, reinterpretandone il suo significato all’interno delle aziende degli anni 2020, sono stati 2 diversi vettori che, essendo ancora oggi in fase ascendente, hanno dei margini di ulteriore sviluppo. In primis la trasformazione digitale ha accorciato le distanze dei singoli ruoli e, con un accesso alle informazioni più immediato e completo, ha permesso al dipendente di costruirsi un profilo multi-skills, abbandonando per sempre quel “fordismo” impiegatizio anni ’80 che ha visto carriere svilupparsi in modo estremamente verticale. La seconda forte spinta di rinnovamento è di natura endogena, con il dipendente che viene sempre più “spinto” verso il centro dell’azienda, con una maggiore attenzione al suo sviluppo e alla sua crescita professionale e con un nuovo focus al benessere e ai bisogni.
Il risultato finale è che adesso la funzione HR, in passato definita come il “presidio del personale”, come nella mia attuale azienda, concepita come un semplice servizio aziendale e interpretata spesso superficialmente come un mero ufficio informazioni, vive oggi una evoluzione qualitativa passando da “presidio” a “centralità” delle risorse umane.
La “people strategy”, con la direzione HR totalmente integrata al business, con i direttori delle Risorse Umane che diventano partner delle figure centrali delle aziende influenzandone le scelte e le loro strategie, implica necessariamente una profonda conoscenza del business per poter agire con massima efficacia sulle competenze e i comportamenti delle risorse.
Non stupisce quindi che diventa sempre più frequente ritrovare esperienze da HR Director nel passato professionale di molti CEO, a cominciare da Leena Nair che dopo 15 anni in Unilever contraddistinti da un forte focus sul mettere al centro del business la persona e sulla diversità e sull’inclusione, è adesso CEO di Chanel.
Oppure, rimanendo in Italia, il caso di Alessandro Preda attuale CEO di QSRP Group che, da Head of HR in Autogrill, è arrivato al ruolo di CEO in Autogrill e di Burger King, o di Luca Vignaga che dopo ben 18 anni nella funzione HR di Marzotto Lab ne è diventato CEO.
Se torniamo quindi alla domanda iniziale “da HR a CEO è possibile?”, la risposta è senz’altro affermativa ma dipende esclusivamente dalla vision dominante nelle singole aziende: sono pronte a partecipare attivamente a questa rivoluzione oppure preferiscono rimanere ancorate ai vecchi standard aziendali?