Il lavoro secondo i Millennials: valori, flessibilità, formazione
Secondo il “Millennial Survey Report” di Deloitte, il posto di lavoro è sempre meno fisso: il 43% dei Millennials e il 61% degli appartenenti alla Generazione Z prevede di cambiare impiego entro 2 anni. I giovani sono sempre più attenti all’impatto sociale dell’impresa
Il “Millennial Survey Report 2018” di Deloitte (che raccoglie le opinioni di oltre diecimila Millennial di 36 paesi, di cui 306 italiani e 1.844 giovani della Generazione Z, di cui nessun italiano) è uno strumento per comprendere come sarà il lavoro del futuro, in che direzione orientare le scelte d’impresa, quali gli elementi chiave per attrarre talenti e fidelizzare i propri collaboratori.
Per i Millennials (in questa ricerca i nati da gennaio ‘83 a dicembre ‘94, con formazione universitaria, impiegati prevalentemente a tempo pieno in grandi imprese private) e gli appartenenti alla Generazione Z (gennaio ‘95 – dicembre ‘99), il “posto a vita” ha una importanza relativa, è un mito del passato: solo il 28% dei Millennial prevede di restare al proprio posto di lavoro per più di 5 anni (nel 2017 erano il 31%). La “fedeltà lavorativa” è ancora più bassa tra i giovanissimi: il 61% di loro ha in programma di cambiare nel giro di due anni. I giovani italiani hanno un tasso di fedeltà lavorativa leggermente più alto della media globale, ma le tendenze generali sono le stesse registrate negli altri paesi.
C’è una differenza tra i fattori chiave che rafforzano la fedeltà aziendale: per i Millennials del nostro Paese è la formazione continua (per il 59% dei giovani italiani contro il 48% della media mondiale), mentre a livello globale l’elemento principale è la paga (per il 63%, contro il 54% in Italia). Per tutti è importante l’atteggiamento responsabile dell’impresa verso la comunità, l’impegno a dare un contributo al miglioramento della società.
«I giovani in media ritengono che i dirigenti d’azienda non abbiano attribuito sufficiente importanza al contributo che potrebbero dare alla società nel suo complesso – dichiara Enrico Ciai, CEO di Deloitte Italia – Per conquistare la loro fiducia, le aziende devono identificare le corrette modalità per avere un impatto positivo sulla comunità in cui lavorano e concentrarsi su temi quali diversità, inclusione e flessibilità sul lavoro». Questi ultimi sono i fattori che determinano la fedeltà aziendale dei giovani.
La richiesta di impegno sociale rivolta alle imprese, e non alle “tradizionali” istituzioni pubbliche, è determinata dal fatto che i giovani hanno sempre meno fiducia nella politica e maggiore fiducia nei leader d’azienda: solo il 10% ritiene positiva l’influenza sociale dei politici a fronte di un 36% se riferito agli uomini di impresa.
Il report di Deloitte, smonta anche il cliché del giovane italiano fannullone: se nel mondo molti considerano la gig economy come una vera e propria alternativa al lavoro, l’80% dei giovani italiani dichiara di considerare il “lavoretto” come un’opportunità per integrare il proprio stipendio, in aggiunta all’orario di lavoro.