Il contratto di espansione: le novità per il 2021
Con l’entrata in vigore del decreto Sostegni-bis (D.L. n. 73/2021) è stata ampliata ulteriormente la platea delle imprese beneficiarie del contratto di espansione. Di seguito, un’analisi dell’istituto alla luce delle recenti novità introdotte per l’anno 2021.
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Il contratto di espansione, introdotto in origine dall’art. 41 del D.lgs. n. 148/2015, è un ammortizzatore sociale rivolto alle imprese con un organico, esclusivamente per l’anno 2021, non inferiore alle 100 unità (in precedenza, il requisito occupazionale era pari ad almeno 1000 unità per gli anni 2019-2020). Tale contratto si inserisce nell’ambito dei processi di reindustrializzazione e riorganizzazione delle imprese che comportano una strutturale modifica dei processi aziendali ed è finalizzato all’assunzione di nuove professionalità, alla riqualificazione delle competenze del personale in forza nonché all’uscita anticipata dei lavoratori prossimi alla pensione.
Quali le imprese interessate
Come anticipato, il contratto di espansione è rivolto, esclusivamente per l’anno 2021, alle imprese con organico non inferiore a 100 unità.
Ai fini della sussistenza del requisito occupazionale, occorre fare riferimento ai lavoratori occupati mediamente nel semestre precedente la data di presentazione della domanda (con esclusione di lavoratori somministrati e tirocinanti). Il numero di lavoratori in organico è riferito alla singola impresa, anche se articolata in più unità aziendali dislocate sul territorio nazionale, non quindi ai gruppi di imprese o a reti temporanee di impresa. Inoltre, le unità sono calcolate complessivamente nelle ipotesi di aggregazione di imprese stabili con un’unica finalità produttiva o di servizi.
La procedura
Ai fini della stipula del contratto di espansione, l’impresa interessata in possesso dei requisiti è tenuta ad avviare una procedura di consultazione sindacale. La stipula del contratto avviene in sede governativa presso il Ministero del Lavoro con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le loro Rsa/Rsu. Occorre precisare che il contratto di espansione può essere stipulato anche qualora l’impresa – articolata in più unità produttive o in strutture con missioni produttive diverse – stia utilizzando altri ammortizzatori sociali in sedi diverse da quella interessata dal contratto di espansione.
Il contenuto del contratto di espansione
Il contratto di espansione deve contenere alcuni elementi quali:
- il numero di lavoratori da assumere (con contratto a tempo indeterminato o apprendistato professionalizzante) e l’indicazione dei relativi profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione;
- la programmazione temporale delle assunzioni;
- la riduzione complessiva media dell’orario di lavoro e il numero di lavoratori interessati;
- il numero di lavoratori in organico che possono accedere al trattamento di accompagnamento alla pensione;
- il progetto di formazione e di riqualificazione.
Quest’ultimo deve contenere a sua volta le misure idonee a garantire la formazione dei lavoratori, i contenuti formativi e le modalità attuative, il numero di ore di formazione, il numero complessivo dei lavoratori interessati, le competenze tecniche professionali iniziali e finali, le sospensioni e le riduzioni orarie programmate, le previsioni del recupero occupazionale dei lavoratori coinvolti dalle riduzioni orarie o dalle sospensioni (le quali devono essere nella misura minima del 70%; si precisa che il recupero è inteso non solo come rientro in azienda dei lavoratori interessati dalle sospensioni o dalle riduzioni di orario ma anche come riassorbimento presso unità diverse della stessa impresa o di imprese terze). Il progetto di formazione, inoltre, deve essere certificato da organismi terzi contestualmente alla sottoscrizione del contratto di espansione in sede ministeriale. Tra l’altro, i lavoratori interessati dal progetto di formazione possono usufruire dell’assegno di ricollocazione.
Prepensionamento quinquennale
Nell’ambito del contratto di espansione è possibile prevedere l’uscita anticipata di lavoratori prossimi alla pensione e, in particolare:
- che si trovino a non più di 5 anni dalla prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia e che abbiano maturato il requisito minimo contributivo;
- che si trovino a non più di 5 anni dalla prima decorrenza utile della pensione anticipata.
I lavoratori interessati sono tenuti a fornire il loro esplicito consenso in forma scritta nell’ambito di accordi di non opposizione al licenziamento.
In queste ipotesi, il datore di lavoro, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, riconosce, sino al raggiungimento della prima decorrenza utile del trattamento pensionistico, un’indennità mensile, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall’Inps. Tale indennità è posta a carico del datore di lavoro ma è ridotta, per l’intero periodo di spettanza teorica della Naspi (al massimo 24 mesi), di un importo pari all’indennità mensile di disoccupazione.
Inoltre, il datore di lavoro interessato è tenuto a presentare apposita domanda all’Inps, accompagnata da una fideiussione bancaria, a garanzia della solvibilità in relazione ai suoi obblighi. A ciò si aggiunga come lo stesso sia tenuto a versare mensilmente all’Inps la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. Tra l’altro, in assenza di detto versamento mensile, l’Inps non è tenuto a erogare le prestazioni.
Integrazione salariale
I lavoratori che, al contrario, non siano in possesso dei requisiti per aderire al prepensionamento e non abbiano le competenze necessarie all’implementazione delle modifiche dei processi aziendali possono essere coinvolti nel contratto di espansione nella parte che prevede piani di formazione e riqualificazione. A questi lavoratori si applica una riduzione dell’orario di lavoro, integrata da un intervento straordinario di integrazione salariale (Cigs) e da un accredito della contribuzione figurativa. In altre parole, la formazione potrà essere svolta attraverso la riduzione dell’orario di lavoro del personale dipendente, integrato dal trattamento straordinario di integrazione salariale. La riduzione media oraria non può essere superiore al 30% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di espansione. Inoltre, per ciascun lavoratore la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro può essere concordata, ove necessario, fino al 100% nell’arco per il quale il contratto di espansione è stipulato. In ogni caso, l’intervento di integrazione salariale può essere richiesto per un periodo – non conteggiabile nel quinquennio di riferimento – non superiore a 18 mesi, anche non continuativi. É escluso il pagamento del contributo addizionale.
Alcune esperienze concrete
Le novità introdotte per l’anno 2021 in materia di contratto di espansione sono già state accolte con successo da alcune imprese operanti nel mondo delle telecomunicazioni quali Tim, che, a maggio scorso, ha fatto da apripista, e anche da Vodafone, la quale ha ottenuto il via libera dal Ministero del Lavoro lo scorso 26 luglio.
Il contratto di espansione sottoscritto da quest’ultima presenta alcuni profili di originalità che meritano una particolare menzione. Nello specifico, in tale sede, l’esigenza di una profonda reingegnerizzazione aziendale è stata giustificata dall’acquisizione delle frequenze 5G, la quale aveva richiesto una riorganizzazione incentrata sulla riqualificazione strutturale del personale. Inoltre, lo scoppio dell’emergenza sanitaria da Covid-19 avrebbe dato adito a nuove e più rilevanti criticità, rendendo ancora più urgenti e necessarie le azioni di riqualificazione del personale al fine di evitare il ricorso agli ammortizzatori sociali. Nello specifico il contratto prevede:
- un piano di assunzioni diretto all’acquisizione, nel biennio 2022-2023, di almeno 150 risorse a tempo indeterminato con funzioni tecnologiche, commerciali o di supporto;
- un progetto di formazione e riqualificazione, rivolto soprattutto agli operatori di call center per aggiornarne le competenze nonché per abilitarli a un cambio ruolo;
- una riduzione dell’orario di lavoro per gli operatori dei call center, per una percentuale massima del 25% (5 giorni al mese) e per una durata complessiva di 18 mesi, dal 4 ottobre 2021 ad aprile 2023.