Il contratto dei riders non c’è, il governo pensa a una legge
Non ha dato risultato il tavolo aperto per regolamentare l’attività di chi opera nel food delivery. Da Bologna riparte la battaglia dei ciclofattorini contro il ritorno al cottimo e a Milano è polemica per la pubblicazione dell’elenco dei vip che non danno la mancia. Il ministro Di Maio annuncia un intervento legislativo, ma c’è chi preferirebbe la via contrattuale
I riders continuano a far notizia per la cronaca ma sul fronte tutele, quelle annunciate mesi fa dal ministro Luigi Di Maio, non ci sono novità. Dal fronte riders, viceversa, si denuncia un peggioramento: il coordinamento dei ciclofattorini bolognesi ha promosso uno sciopero perché Glovo, uno dei big del food delivery, ha introdotto un meccanismo di pagamento che ricalca, nella sostanza, il vecchio cottimo (approfondisci). La protesta dei rider bolognesi ha trovato l’appoggio dell’amministrazione comunale, la prima in Italia ad aver promosso una carta dei diritti dei lavoratori della gig economy.
La mancia
I riders sono tornati alla ribalta della cronaca per la pubblicazione della lista degli artisti che non danno la mancia. L’iniziativa, molto criticata, è stata presa da un gruppo milanese di riders: hanno pubblicato una lettera aperta, con allegato elenco di nomi di clienti vip, denunciando le condizioni di lavoro e il ruolo delle piattaforme nella gestione delle attività. Poi quello che è parso uno scivolone o qualcosa di più, vista la personalizzazione all’interno di una iniziativa di mobilitazione di carattere sindacale: il dichiarare di possedere i dati dei vip, la conoscenza dei loro indirizzi e delle loro abitudini, il non lasciare la mancia…
Il contratto
Uno dei primi atti del ministro Di Maio fu di incontrare i riders. Il tavolo avviato, che avrebbe dovuto portare alla definizione di un contratto nazionale di lavoro, non ha dato frutti. Il vicepremier ha annunciato una iniziativa legislativa. “La norma sui rider è pronta – ha scritto il ministro sul proprio profilo Facebook -– non è stata varata subito, perché prima di approvarla abbiamo voluto provare in tutti i modi la strada della concertazione: siamo riusciti a far sedere attorno a un tavolo le aziende di food delivery, le associazioni dei rider e le parti sociali, ma alcune divergenze incolmabili non ci hanno permesso di approdare alla sottoscrizione di un accordo. La norma che stiamo per approvare ha l’obiettivo di tutelare lavoratori il cui stipendio dipende da un algoritmo e che non hanno tutele minime. La strada che rivoluziona il mondo della gig economy è ormai tracciata. I lavoratori del terzo millennio avranno finalmente più diritti e tutele tra cui: copertura Inail per gli infortuni, migliore contribuzione Inps che supera la gestione separata, divieto di retribuzione a cottimo”.
Anche il Pd ha presentato una propria proposta di legge in materia.
Le reazioni
Il tema dei rider e della gig economy è molto delicato ed è l’evidenza di una normativa che non sta al passo dell’innovazione tecnologica. La via tra algoritmo e tutele dei lavoratori è molto stretta, in tutto il mondo ci si sta interrogando sulla regolamentazione dei cosiddetti lavoretti (qui un nostro approfondimento in materia). Secondo Roberto Pessi, giuslavorista della Luiss e esperto di contrattazione, la via da seguire è quella contrattuale, con il coinvolgimento delle sole principali organizzazioni di rappresentanza per superare quella frammentazione che finora ha impedito la stipula di un contratto nazionale di lavoro con al centro i temi dell’equo compenso e delle tutele previdenziali e infortunistiche. Il docente, intervistato dal Sole 24 Ore, ha anche messo in guardia dal procedere per via legislativa con una normativa protettiva: l’ampliamento della nozione di subordinazione, che porterebbe a un inquadramento come lavoratori subordinati di tutti i rider, potrebbe avere come conseguenza la scomparsa di questi nuovi lavori, che stanno al confine tra il subordinato e l’autonomia.