I giovani made in Italy eccellono in Europa

Una buona e piacevole notizia che ci viene dall’Europa dell’Erasmus + e che smentisce le teorie dei choosy e bamboccioni, che nel recente passato hanno bollato i nostri studenti. Promossi tra i migliori per flessibilità mentale, energia, fiducia e curiosità; doti indispensabili per entrare nel mondo del lavoro di oggi

erasmus

I ragazzi italiani sono i migliori! A dirlo non sono le mamme che, come si sa, sono sempre troppo indulgenti, bensì il rapporto annuale della Commissione europea sull’impatto di «Erasmus+». Erede dello storico Erasmus (nato per agevolare esperienze di studio all’estero durante gli anni dell’università), consente scambi ed esperienze di lavoro, generalmente della durata di sei mesi, a giovani lavoratori, volontari, insegnanti. Ben il 51% dei giovani che fanno un’esperienza presso un’azienda europea vengono infatti assunti dopo il tirocinio, contro il 30 % della media europea. I motivi di questo successo sono, sorprendentemente, rispetto all’italica abitudine di autosqualificarsi, da ricercarsi nella qualità della loro preparazione, che li rende molto più smart nell’affrontare i problemi, grazie non solo alla loro preparazione tecnico scientifica, ma anche perché possiedono tratti di personalità quali fiducia in se stessi, energia, curiosità, determinazione e serenità, che sono molto apprezzati dai datori di lavoro. Ivano Dionigi, presidente di Almalaurea afferma : “sono più bravi. Abbiamo i licei migliori del mondo e i nostri studenti sono più flessibili” ed ancora “combiniamo meglio le due culture, le humanities e le scienze”. Una boccata di ossigeno per il futuro delle risorse umane. Da questa analisi scaturisce quindi un ritratto decisamente diverso da quello con cui

solitamente sono stati descritti in passato: come dimenticare il famoso choosy o bamboccioni con cui sono stati, evidentemente a torto, definiti. I numeri dei potenziali partecipanti sono impressionanti, ben 59000 studenti italiani beneficiano di questo programma, che oltre a implementare quel processo socio culturale prezioso che Umberto Eco già a suo tempo aveva definito “Generazione Erasmus” , crea nell’immediato un vantaggio straordinario in termini di employability: chi ha partecipato a questi programmi vede infatti dimezzato il tempo di attesa prima di essere inserito nel mondo del lavoro e ben il 93% degli imprenditori europei ritiene che queste esperienza sia indispensabile per l’acquisizione delle competenze trasversali che va cercando. A fronte di un così lusinghiero risultato non può mancare una riflessione rispetto alla tendenza dei

nostri giovani a rimanere all’estero, contrariamente a quanto succede per i colleghi stranieri che tendono più spesso a ritornare nel proprio paese. Nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera il professor Dionigi indica una possibile soluzione a questo problema cui se ne affianca all’altro altrettanto grave: una media di laureati tra i 25 e 34 del 19% nel nostro paese contro il 30% europeo, e ben lontano dall’obiettivo auspicato dalla comunità Europea del 40% : “Garantiamo il primo triennio di studi universitari gratuito per tutti; con l’obbligo di frequentare e di
sostenere gli esami nei tempi previsti. Ovviamente serve un mercato del lavoro più equo, dove tutti abbiano le giuste tutele, e serve debellare nepotismo e baronie. A quel punto andare all’estero potrà rappresentare un modo giusto per completare gli studi e perfezionarsi, trovare un primo o magari un secondo lavoro ma, alla fine, tornare in patria, per mettere a frutto le esperienze accumulate e occupare posizioni di maggiore vantaggio e responsabilità“.

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