HR data driven in Italia?
L’Italia è ancora indietro rispetto all’utilizzo di un approccio data-driven in ambito risorse umane, che invece può essere molto utile nel reperire competenze e non solo. Eppure, ci sono già casi in cui l’intelligenza artificiale è d’aiuto all’HR per eccellere
Una recente ricerca di Workday ha esaminato come l’Intelligenza Artificiale (AI) e il Machine Learning (ML) influenzeranno il futuro del lavoro. Il report, Preparing to Power Up: EMEA Leads the Way to an AI-Driven Future, evidenzia l’ottimismo degli imprenditori sui benefici di AI e ML, nonostante il tema rimanga ancora controverso.
Come ci si sta adattando all’AI
Nel contesto EMEA, il 48% dei dirigenti italiani accoglie con favore AI e ML, con l’Austria (62%) e il Regno Unito (60%) in testa. Tuttavia, solo il 44% delle aziende EMEA ha reso le proprie attività agili per adattarsi rapidamente. L’introduzione del Regolamento generale sulla protezione dei dati e l’EU AI Act stanno rafforzando la fiducia nella tecnologia, promuovendo un clima positivo per gli investimenti.
A che punto sono gli HR rispetto alle altre funzioni
Nonostante l’entusiasmo generale, l’adozione di AI varia: i team finanziari EMEA sono più avanzati, con il 19% dei CFO in fase avanzata di implementazione, contro il 7% delle Americhe. Invece, il settore HR è in ritardo: solo il 44% dei leader HR è entusiasta del potenziale di AI, mentre il 49% non ha ancora iniziato ad adottare queste tecnologie.
Innovazione e talenti
Fabrizio Rotondi, Country manager di Workday per l’Italia sottolinea come gli HR che riescono a lavorare con un approccio data driven siano in grado di reperire con maggior efficacia le competenze necessarie per il business anche in una dimensione prospettica e non solo contingente e cita a proposito i casi anticipatori di illimity e Neflix e l’efficacia della gestione progettuale di Pwc.
Workday, nata nel 2005 nella Silicon Valley, ha creato la propria strategia basata sull’innovazione senza avere un’eredità tecnologica da onorare, utilizzando tra i primi il cloud, cosa che detta così è più materia IT che HR, ma è una soluzione che da un certo punto di vista permette di fatto di essere veloci nell’introduzione dell’innovazione.
L’HR data driven è meno isolato
Per Fabrizio Rotondi, che rappresenta uno sguardo esterno sulla funzione risorse umane, un HR che si apre a un approccio data driven riesce a essere meno isolato, più semplice ed efficace e capace di parlare la lingua del business.
Dai suoi commenti si capisce che, nell’ormai imprescindibile contesto dal lavoro agile e in molti casi anche remotizzato, la conferma da parte delle aziende delle giuste competenze necessiti informazioni rapide strutturate condivisibili, che in modo personalizzato rappresentino le caratteristiche e disponibilità delle persone a prender parte a progetti.
Il valore delle competenze
Oltre a gestire la ricchezza delle competenze presenti in azienda in modo efficace e inserendole nei vari progetti in modo agile e preciso, e’ rilevante anche che le competenze che si sviluppano prendendo parte alle varie attività rimangano un patrimonio sia per la persona che per l’azienda, e non solo nella memoria dei colleghi.
“Alla fine del progetto o dell’attività, le persone ne ereditano le competenze sviluppate a beneficio della propria employability interna o esterna” commenta Rotondi, riferendosi all’approccio di knowledge management di una grande società di consulenza.
AI come facilitatore del dialogo
Oggi però efficacia e processi devono essere necessariamente accompagnati da un dialogo e ascolto che metta al centro la persona costruendo percorsi individuali e condivisi. Si tratta di un approccio di consapevolezza sia dell’azienda che della persona. L’AI secondo Fabrizio Rotondi, può già ora aiutare i capi a strutturare un dialogo efficace con i collaboratori e coglierne i feedback, diretti o indiretti.