Le generazioni a confronto sul posto di lavoro

Le aziende oggi si trovano a gestire contemporaneamente fino a cinque generazioni di lavoratori, ognuna con esigenze e aspettative diverse. Vediamo quali sono le principali differenze e, soprattutto, qual è il miglior approccio per mantenere un ambiente di lavoro armonioso e produttivo. Per farlo, ci siamo fatti aiutare da Teresa Ferro, People Director di Heineken Italia

generazioni a confronto sul lavoro

Negli ultimi anni, il panorama lavorativo è cambiato radicalmente, presentando diverse sfide impegnative per le aziende, tra le quali anche la coesistenza di cinque generazioni diverse nello stesso ambiente di lavoro.

Dalla Generazione Z alla cosiddetta Silent Generation, ogni gruppo porta con sé valori, aspettative e stili di lavoro molto differenti: per un HR Director, comprendere e gestire efficacemente questa varietà diventa quindi cruciale per garantire il successo e l’armonia aziendale.

Cinque generazioni a confronto

Vediamo una brevissima panoramica sulle cinque generazioni presenti in azienda.

  • Silent generation (1922-1945): affidabili, rispettosi dell’autorità e con una forte etica del lavoro tradizionale. Questa generazione è cresciuta in un contesto di forti gerarchie e ha un grande rispetto per l’autorità e le regole. Sono lavoratori abituati a carriere stabili e strutturate e rappresentano ormai una minoranza molto ridotta nelle aziende, dove occupano soprattutto ruoli apicali o di rappresentanza.
  • Baby Boomer (1946-1964): dediti al lavoro, spesso caratterizzati da una mentalità orientata alla carriera e alla stabilità, ma meno adattabili rispetto alle generazioni successive. Hanno vissuto in un’epoca di crescita economica e sociale e tendono a identificarsi profondamente con il loro lavoro. Sono spesso percepiti come competitivi e dediti alla carriera, ma meno flessibili per quanto concerne le nuove tecnologie e i cambiamenti organizzativi.
  • Generazione X (1965-1980): più individualista e pragmatica, vede il lavoro come un mezzo per migliorare la propria qualità di vita, ponendo grande attenzione all’equilibrio tra lavoro e vita privata. Valorizza l’indipendenza e l’autonomia e spesso svolge ruoli chiave di leadership. Tuttavia, le persone appartenenti a questa categoria possono essere più riservate e meno entusiaste delle nuove tecnologie rispetto ai Millennial.
  • Millennial (1981-1996): molto apprezzati per le loro competenze digitali, ma spesso inclini a cambiare lavoro più frequentemente. Cresciuti in un’epoca di rapido sviluppo tecnologico, i Millennial sono flessibili e orientati alla collaborazione. Sono fortemente motivati da valori come la sostenibilità e l’impatto sociale dell’azienda, e tendono a cercare un equilibrio tra lavoro e vita personale. 
  • Generazione Z (dal 1997 al 2012): la generazione più giovane nel mondo del lavoro, estremamente connessa digitalmente e preoccupata per l’incertezza economica e il futuro del pianeta, spesso in cerca di flessibilità e opportunità di crescita rapida. Si aspettano trasparenza, inclusività e uno scopo ben definito da parte delle aziende per cui lavorano.

Stampante o cloud? Le differenze tra le generazioni

La coesistenza di più generazioni in azienda può creare tensioni, soprattutto in termini di comunicazione e valori lavorativi. Le differenze principali riguardano tre aree chiave: valori, aspettative lavorative e tecnologia. I Silent e i Baby Boomer tendono a preferire la stabilità e la struttura gerarchica, mentre Millennial e Gen Z richiedono flessibilità e opportunità di crescita rapida, preferendo un approccio collaborativo, con la Generazione X che spesso funge da ponte tra i due estremi, promuovendo l’equilibrio e l’autonomia. 

Questa dicotomia può portare a incomprensioni e difficoltà nel mantenere un ambiente di lavoro coeso, anche se è ormai dimostrato che i team “misti” dal punto di vista generazionale siano spesso quelli più innovativi e performanti.
In termini di valori, Millennial e Gen Z danno grande importanza alla responsabilità sociale e ambientale delle aziende: secondo una ricerca di Deloitte, più del 50% dei Millennial e della Gen Z afferma di sentirsi ansioso riguardo al cambiamento climatico e fa pressioni sulle aziende per adottare politiche sostenibili; Baby Boomer e Silent tendono invece a concentrarsi maggiormente su questioni legate alla sicurezza finanziaria e alla stabilità aziendale.

Diverso è l’approccio anche nei confronti delle opportunità formative: una ricerca condotta da Harvard Business Review ha messo in luce come le generazioni più giovani – Millennial e Generazione Z –, pongano una grande enfasi sullo sviluppo delle soft skill e sulla formazione continua; a livello globale, si evidenzia che il 54% dei Millennial ritiene che la crescita personale sia un fattore determinante per la propria carriera, mentre per la Generazione Z la flessibilità sul lavoro è un aspetto cruciale.

Anche il modo di affrontare i momenti di crisi e di stress lavorativo è differente: un rapporto di Deloitte ha evidenziato il fenomeno crescente di burnout tra Millennial e Gen Z, con oltre il 40% dei Millennial e il 46% della Generazione Z che si sente stressato per la maggior parte del tempo

Interessante è, inoltre, quanto è emerso da un recente studio dell’Adp Research Institute, People at work, condotto su oltre 32mila lavoratori (circa 2mila in Italia) in 17 Paesi, dal quale emerge che i lavoratori italiani più giovani cercano uno scopo piuttosto che il puro stipendio; la generazione Z, per esempio, desidera lavorare in un ambiente inclusivo e per un datore di lavoro con il quale condivide vision e valori. I più giovani sono anche più interessati alla flessibilità dell’orario di lavoro (33%) e meno alla sicurezza del lavoro (27%). 

Valori quasi opposti per i Baby Boomer, che non guardano l’orologio mentre lavorano e preferiscono “tenere la testa bassa”, ambendo tuttavia a uno stipendio competitivo (55%), ma anche godendosi il proprio lavoro (60%). In mezzo tra le due posizione estreme, i Millennial e la Generazione X, che desiderano uno stipendio competitivo (il 55% della Gen X e il 53% dei Millennial), e poco meno della metà (42%) della Gen X e il 39% dei Millennial considera decisamente rilevante anche la sicurezza del lavoro

Infine, il vero gap tra le generazioni è rappresentato dallo smart working: imprescindibile per Millennial e Gen Z – oltre un rappresentante su tre della Generazione Z, il 39%, è insoddisfatto della flessibilità oraria offerta dal proprio datore di lavoro attuale e il 37% della flessibilità del luogo di lavoro – tanto che molti tra i più giovani hanno dichiarato pubblicamente che prenderebbero in considerazione la possibilità di cercare un nuovo lavoro se il loro datore di lavoro ordinasse loro di lavorare in ufficio a tempo pieno, è invece poco significativo per i baby boomer, il 44% dei quali è soddisfatto della flessibilità di orari e luogo offerti. 

La ricerca di Heineken Italia

“Oggi tante generazioni diverse condividono il medesimo ecosistema lavorativo – commenta la situazione Teresa Ferro, People Director di Heineken Italia –, portando con sé ideali, aspettative e obiettivi professionali molto diversi tra loro e creando opportunità di valore. Le differenze e l’ascolto tra generazioni diverse sono alcuni dei punti di forza di un’azienda. A luglio, con AstraRicerche, abbiamo condotto l’indagine dal titolo Rapporto tra generazioni nel mondo del lavoro che indaga proprio questo tema: da una parte, è emerso che, se GenZ (20%) e Millennial (21%) danno più importanza al tempo libero, per la GenX lo sviluppo delle competenze ha la priorità (22%). Un argomento importante anche per i Millennial (18%) che lo prediligono rispetto alla flessibilità (16%)”.

“ Secondo lo studio – continua Ferro – quando si verifica un rapporto intenso e positivo tra persone appartenenti a diverse generazioni in azienda questo viene considerato un grande vantaggio (68%) perché si creano opportunità di crescita, miglior clima aziendale, networking e attività di squadra ed eterogeneità di visione. Compito dell’azienda è garantire un ambiente inclusivo, dove vengano valorizzate le diversità attraverso team eterogenei (42,8%) e gruppi di lavoro intergenerazionali (42,7%). 

La ricerca ha quindi confermato quello di cui sono sempre stata convinta: solo dal confronto si genera la crescita di ognuno di noi come individuo e quindi come team. Compito dell’azienda è promuovere la cultura del feedback e del confronto, garantendo un ambiente di lavoro dove tutti si sentano liberi di esprimersi e stimolati dall’arricchimento reciproco”.

“Heineken continuerà a lavorare in questa direzione, con l’obiettivo di valorizzare sempre di più le differenze generazionali attraverso la formazione e lo sviluppo della leadership, così come la promozione del lavoro di squadra e del confronto. In Heineken Italia abbiamo un bellissimo mix tra potenziale ed esperienza, e lavoriamo per favorire costantemente il dialogo. Alcuni esempi: con il programma Ri-Generazioni le quattro diverse generazioni in azienda dialogano su valori, modalità di apprendimento e approccio ai cambiamenti e condividono esperienze e competenze; attraverso un programma di mentoring l’esperienza viene messa a servizio del potenziale favorendo altresì la crescita di giovani manager” conclude Ferro.. 

Le strategie per favorire la convivenza generazionale

Benché stereotipare i lavoratori solo in base all’età possa essere controproducente e limitante – è infatti importante considerare anche fattori come lo stile di vita e il contesto culturale per capire meglio i diversi approcci al lavoro – tuttavia, per creare armonia tra le diverse generazioni, le aziende possono adottare alcune strategie chiave.

Primo fra tutti il mentoring intergenerazionale – incluso il reverse mentoring –, promuovendo momenti di incontro tra i lavoratori senior e le nuove generazioni e di scambio bidirezionale di competenze ed esperienze.

Fondamentale è anche la flessibilità, adattando le politiche aziendali per rispondere alle diverse esigenze di ciascuna generazione, come gli orari flessibili per i Millennial e la Gen Z o i programmi di lavoro part-time per i Baby Boomer che si avvicinano alla pensione.

Per quanto concerne l’ambiente di lavoro, dovrà essere all’insegna dell’inclusività, in modo da valorizzare la diversity, sfruttando la pluralità di idee e competenze come un vantaggio competitivo.

Di pari passo con l’inclusività è la valorizzazione delle soft skill, le competenze trasversali come comunicazione e gestione emotiva, per creare team capaci di affrontare le sfide comuni gestendo i possibili conflitti generazionali nel migliore dei modi.

Infine, la personalizzazione da parte dell’HR del rapporto lavorativo sarà sicuramente un elemento vincente e fidelizzante: cercare di comprendere aspirazioni ed esigenze personali di ognuno adattando di conseguenza programmi e attività sarà fondamentale per creare l’engagement giusto. Adottando un approccio personalizzato ed empatico, infatti, le aziende possono creare una forza lavoro più inclusiva e coinvolta, favorendo la collaborazione e la produttività tra i dipendenti di diverse generazioni. Con il giusto approccio, gli strumenti, la formazione e l’apprendimento continuo, gli individui di ogni generazione potranno trovare la propria dimensione lavorativa e trarre il massimo della soddisfazione dal lavoro, in uno scambio continuo di energie e saperi. 

L’opinione dell’HR

Abbiamo chiesto a Ferro anche un consiglio per i colleghi HR che si ritrovano a dover gestire una fascia così larga di dipendenti:

“La cultura del rispetto, dell’ascolto e dell’inclusione assieme alla gioia della condivisione sono parte integrante di ogni nostra azione – afferma Ferro –. Come People Director, per gestire efficacemente un team multi-generazionale, posso dire che è fondamentale riconoscere e valorizzare le diverse aspettative, bisogni e competenze di ciascuna generazione, considerando le differenze come un punto di partenza e non di arrivo. 

Come evidenziato dall’indagine con AstraRicerche, la formazione riveste sicuramente un ruolo chiave: in questo modo, ognuno potrà sviluppare al meglio il proprio percorso di crescita personale, oltre che quello in team. Credo, infine, che la capacità di ascolto sia alla base per garantire la corretta interpretazione dei bisogni di tutti e, di conseguenza, per migliorare il benessere delle persone, tanto quanto tutte le misure volte a promuovere flessibilità e work-life balance. Le aziende devono lavorare su questi aspetti, garantendo un ambiente equo e inclusivo e promuovendo il dialogo e la crescita collettiva”.

error

Condividi Hr Link